“Questo straordinario Gesù di Nazaret” di don Pierluigi Di Piazza
"Questo straordinario Gesù di Nazaret" è il libro in cui don Pierluigi Di Piazza, responsabile del Centro di accoglienza e promozione culturale E. Balducci di Zugliano, ha raccolto i commenti ai Vangeli della domenica ospitati da “Il Messaggero Veneto” per due anni, dalla fine del 2007 al 2009. Ne pubblichiamo di seguito due.
Gesù e la donna samaritana: relazione profonda
Vangelo di Giovanni, 4, 1-42
di don Pierluigi Di Piazza
La nostra esperienza continua a confermarci la decisiva importanza per la nostra vita delle relazioni; le rispondenze interiori positive e gli arricchimenti dell’anima, come le tribolazioni più dolorose e le tristezze conseguenti derivano soprattutto dalla profondità e dalla qualità delle relazioni. La rivelazione profonda a tu per tu arricchisce sempre, proprio perchè comunica e riceve in amore e in dolore, in luce e in sofferenza, in scoperta dell’altro e di se stessi. I Vangeli sono una straordinaria narrazione di incontri tra Gesù di Nazaret e le persone nelle diverse situazioni della vita e degli esiti conseguenti. Il racconto del Vangelo di questa domenica ci coinvolge a partecipare all’incontro tra Gesù e una donna samaritana. Il gruppo si ferma per una sosta, accanto a un pozzo d’acqua conosciuto per tradizione storica e religiosa e perchè vi si può attingere l’acqua, elemento indispensabile per la vita in quella zona assolata e
arida. L’acqua è indispensabile sempre in tutto il Pianeta. Pensiamo agli aspetti drammatici che oggi si vivono, con i profitti che gruppi multinazionali vogliono ricavare, con l’esigenza vitale che riguarda la gran parte dell’umanità, con le resistenze e le lotte che si vivono per preservare questo bene indispensabile e appartenente ugualmente a tutti.
Gesù resta solo perchè i discepoli sono andati in città a comprare qualcosa da mangiare; è affaticato e assetato; una donna samaritana viene con la brocca al pozzo per attingere l’acqua.
La richiesta che le rivolge Gesù di dargli un po’ d’acqua da bere la sorprende: è un uomo solo, è un giudeo; e poi tra i Samaritani e i Giudei c’è ostilità: chi è dunque per osare tanto? In realtà è disdicevole per un uomo e tanto più per un maestro fermarsi a parlare in pubblico con una donna sola, senza la presenza del marito, data la condizione di subordinazione della donna. Difatti i discepoli al loro ritorno si meravigliano di quel colloquio isolato con una donna sconosciuta. Gesù con il suo atteggiamento apre ad un futuro di novità, supera quei muri di separazione formati dall’intreccio tra chiusure culturali, preclusioni sociali e religiose, perchè è attento e incontra la persona che gli sta davanti con tutta la sua storia. Inizia un dialogo rivelatore, proprio a partire dall’acqua: Gesù parla alla donna di un acqua che lui può darle, che diventa energia vitale per soddisfare la sete profonda di amore, di verità, di giustizia, di dedizione, di senso profondo della vita. La comprensione esige approfondimento; l’interlocutrice per ora riesce a pensare solo all’acqua del pozzo; l’altra di cui le parla Gesù la intende solo come un sollievo perchè la dispenserebbe dalla fatica di venire più volte al pozzo: “Signore, dammela quest’acqua così non dovrò più venire qui a prendere acqua”. La profondità con cui l’Uomo di Nazaret le parla non può non toccare il nucleo affettivo profondo: resta sorpresa che lui le sappia leggerle nell’intimo le difficoltà e le tribolazioni delle sue storie affettive: “E’ vero che non hai marito. ne hai avuti cinque di mariti e l’uomo che ora hai non è tuo marito”. Sente la diversità di quell’uomo che le sta di fronte, lo avverte come un profeta e allora non può mancare il riferimento alla questione della fede: “I nostri padri Samaritani adoravano Dio su questo monte; voi in Giudea dite che il posto per adorare Dio è Gerusalemme”. E Gesù le dice: “Credimi: viene il momento in cui l’adorazione di Dio non sarà più legata a questo monte o a Gerusalemme; viene un’ora anzi è già venuta, in cui gli uomini adoreranno il Padre guidati dallo Spirito e dalla verità di Dio”.
Lo Spirito soffia dove e come vuole: è spirito di libertà, di profezia , di pluralità, di diversità e sempre e solo di vita per
tutti; la verità è quella del rapporto fra uomo e Dio che Gesù
rivela: è la verità che costruisce umanità, che accoglie, ascolta, perdona, guarisce; è la verità della giustizia e della pace, della condivisione e della fraternità. è finita l’importanza della religione del tempio, relegata nella separazione di un luogo; è iniziata la fede della vita e della storia, da vivere e testimoniare in ogni luogo e situazione, da parte delle persone di tutte le culture, di tutte le fedi religiose. Gesù rivela alla sua interlocutrice, di essere quell’Uomo speciale, quel Messia, atteso anche da lei e dal suo popolo. La donna coinvolta e commossa, riferisce alla gente dell’incontro con quell’Uomo; tanti si dirigono verso Gesù, gli chiedono di fermarsi almeno due giorni tra loro: ascoltano le sue parole e ne restano stupiti, coinvolti, interpellati. L’incontro ha arricchito entrambi: certo la donna di Samarìa ha intravisto un nuovo orizzonte, proprio per l’attenzione, l’ascolto, la delicatezza, la profondità, la fiducia che quell’Uomo speciale le ha fatto esperire; Gesù ha conosciuto più profondamente l’umanità ed è stato arricchito dalla storia umana della donna di Samarìa. Anche a noi in tutti gli incontri ci è richiesta attenzione, profondità, serietà, quella reciprocità che arricchisce.
Domenica 24 febbraio 2008
Esigenze etiche per un mondo di giustizia e di pace
Vangelo di Giovanni 6, 60-69
di don Pierluigi Di Piazza
Perché dalla folla esultante dopo il segno inatteso e incredibile dei pani e dei pesci condivisi, poco a poco moltissimi se ne vanno di fronte alla riflessione profonda a cui conduce Gesù che chiede libertà, responsabilità, impegno, coerenza? Perché alla fine resta solo il gruppo dei discepoli anch’essi titubanti e perplessi tanto che Gesù chiede loro in modo esplicito: “Forse volete andarvene anche voi?” Perché sembrano davvero così difficili l’impegno, la coerenza, la perseveranza? Perché sono più facili il conformismo, l’adattamento alla superficialità, alla
banalità, al male, alla menzogna, alla corruzione? La gente allontanandosi così commenta: “Adesso esagera! Chi può ascoltare cose simili?”. Ma quali erano quelle cose scandalose? Il suo corpo e il suo sangue, cioè la sua vita donati totalmente, una donazione a cui nutrire la fede, la speranza, l’anelito e l’impegno della giustizia, dell’accoglienza, della pace, del perdono. Sono dimensioni fondamentali da nutrire nella profondità dell’essere, nella spiritualità, nella cultura perché possano illuminare, stimolare, sostenere le decisioni e le azioni. Le difficoltà, i
contrasti e le smentite diventano verifiche della loro profondit&agr
ave; ed essenzialità delle fino al rischio della vita stessa come avviene anche in tante situazioni della storia attuale. Ad esempio, perché tante persone hanno seguito l’ideologia fascista e nazista e un minor numero vi si è opposto? Perché ci si adagia e si accetta tutto, anche l’ipocrisia, la falsità la illegalità, la corruzione? Perché una folla delirante osannava il duce in Piazza Venezia mentre annunciava con retorica l’entrata dell’Italia in una guerra tragica che ha causato solo morte, disperazione e distruzione? Perché oggi si accettano comportamenti di politici corrotti, perché tanta gente condivide le misure irrazionali della legge sulla sicurezza, il reato d’immigrazione clandestina, l’inutilità e la goffaggine delle ronde? Perché un atteggiamento che sia consapevole, critico, libero e responsabile costa attenzione, informazione, riflessione, elaborazione, a cominciare da quella personale.
Costa poco o nulla, invece, ascoltare o ripetere frasi fatte, luoghi comuni, e certamente in questo si evidenzia la gran responsabilità di chi riveste particolari compiti educativi. La sto ria ci insegna che si può cambiare nell’una e nell’altra direzione. Per riferirsi a esempi nella Chiesa, due vescovi profetici, il brasiliano dom Helder Camara e il salvadoregno mons. Oscar Romero, ucciso sull’altare, sono partiti da posizioni conservatrici il primo e di neutralità, di moderazione, anche di chiusura il secondo. Qual è stata la motivazione del loro cambiamento, della loro conversione? L’accettazione fino in fondo, progressivamente, della provocazione della realtà dei poveri, dei colpiti, degli sfruttati, delle vittime; la scelta di vivere con loro un cammino di liberazione e di vita; la disponibilità a cogliere
l’inscindibile unità fra questa provocazione e quella della parola profetica del Vangelo. Tante persone invece nella società, nella cultura, nella politica, nella Chiesa, partite con grandi ideali, con volontà di contribuire al cambiamento, si sono poco a poco ritirate nell’apparente quieto vivere dell’adattamento adducendo la fatica, le incomprensioni, la mancanza dei risultati attesi e dichiarando di voler vivere in modo tranquillo difendendosi dal continuo coinvolgimento nelle storie degli altri e, abbastanza spesso, come nel caso dei politici, garantiti da guadagni eticamente non accettabili.
Il discorso di Gesù è duro perché i pani e i pesci condivisi non sono isolati: il loro sapore infatti è quello dell’umiltà, del coraggio, della non violenza attiva e della costruzione della pace, della giustizia, dell’accoglienza e della misericordia, della speranza, della verità, della coerenza, nonostante prove, difficoltà, minacce, pericoli. La durezza è tale perché la proposta è radicale, esigente, continua. Ma così coinvolge e apre alla vita. Questo è il senso della di risposta di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole che danno la vita eterna!”, che esprimono cioè dimensioni ed esperienze che hanno il sapore dell’essenzialità e della perennità.
Domenica 23 agosto 2009
(18 marzo 2010)
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