Raniero La Valle: Da Benedetto XVI un gesto di coraggio

Angela Mauro

, da huffingtonpost.it

“Con le dimissioni, Papa Benedetto XVI ha compiuto un gesto di demitizzazione della figura del Papa. La politica ha molto da imparare…”.

E’ la riflessione di Raniero La Valle, 82 anni, ex direttore del Popolo e di Avvenire, senatore della sinistra indipendente negli anni ’70, promotore nel 2008 di un ‘Manifesto per la Sinistra cristiana’, firmato tra gli altri anche da Rita Borsellino e Adriano Ossicini, esperto di storia della Chiesa e in particolare delle tematiche del Concilio Vaticano II.

Un gesto da uomo più che da Papa?
E’ un gesto di demitizzazione della figura del Papa che non tiene conto di tutto quel sovraccarico messo sulla figura del Pontefice come di un dio in terra che non si può dimettere fino alla fine, di un papa dal carattere indelebile nel suo ministero. Benedetto XVI ha di fatto aperto alla visione del Concilio Vaticano II che ha ricollocato il Papa all’interno del collegio apostolico dei vescovi e, come i vescovi a un certo punto lasciano il loro incarico, così in via di principio, nulla deve impedire che il Papa possa non più ritenersi all’altezza del suo incarico, cosa peraltro prevista dal codice di diritto canonico anche se si tratta sempre di una scelta eccezionale, mai accaduta negli ultimi secoli.

Oltre alla malattia, c’è qualcosa di specifico nel carattere di Benedetto XVI che lo ha portato a compiere un gesto mai osato dai suoi predecessori negli ultimi secoli? Possibile che dal ‘400 in poi nessun Papa si sia ammalato gravemente nel corso del magistero?
Giovanni Paolo II era in condizioni peggiori delle sue eppure non si è dimesso. Aveva un’immagine più mitologica del papato. Io penso che quello che ha aiutato molto Benedetto XVI nella sua decisione sia il fatto che lui è ideologico, ha una capacità di discernimento anche riguardo alle cose della fede che altri non hanno. Nel suo pontificato ha sempre Lasciato trasparire la sua umanità sia nelle cose belle che in quelle sbagliate. Non è stato un Papa ma un uomo che faceva il Papa.

In quali occasioni per esempio?
Per il modo in cui si rapportava ai problemi. Ricordiamo la sua grande sofferenza personale sullo scandalo della pedofilia nella Chiesa, il modo in cui è stato travolto dalle polemiche successive al discorso di Ratisbona sull’Islam e la costernazione, l’umiltà con cui ha risposto alla protesta che si è sollevata da parte di una grossa fetta di vescovi contro la sua decisione di riammettere i vescovi scismatici di Lefevre. In quella occasione ci furono tante proteste alle quali lui ha risposto cercando di giustificare la sua decisione: un altro Papa avrebbe scelto di non entrare nella discussione.

Non è strano che sia proprio un Papa come Ratzinger, descritto come reazionario soprattutto all’inizio del Pontificato, a risvegliare temi del Concilio Vaticano II?
Certo, lui non è tra i maggiori entusiasti del Concilio, come risulta da tanti atti. Era preoccupato dal rischio che il Concilio risultasse come rottura della continuità del concetto Chiesa. Per affermare questa verità ha svalutato e sminuito molte verità del Concilio e certamente ha avuto un governo pastorale molto prudente nei confronti dei Concilio, è stato un papa di transizione nel senso che il Concilio deve ancora essere realizzato dopo questo pontificato, ma non ha mai preso posizione palesemente contraria al Concilio. Ne è stato un leale recettore.

Le sue dimissioni possono essere definite un gesto laico dal quale forse avrebbe da imparare anche la politica, un mondo ormai quasi ‘sacro’ dal quale non si dimette mai nessuno: è così?
Più che laico è un gesto di demitizzazione della figura del Papa, ma è un gesto anche religioso: lo può fare solo un uomo di fede, uno di potere non lo potrebbe fare. E’ un gesto di grande disinteresse: probabilmente nei prossimi mesi ci accorgeremo che non sarebbe stato in grado di reggere il Pontificato, ma comunque la scelta di oggi è di grande coraggio. È azzardato il paragone con la politica: non compariamo delle cose incomparabili. Però è vero che la politica avrebbe da imparare che qualsiasi mandato di servizio pubblico va fatto con responsabilità, dedizione totale e senso di misura: non importa se sia un incarico religioso o laico.

(11 febbraio 2013)



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