Regionali. Se vince il centro-destra

Michele Martelli

Nelle 7 Regioni dove il 20 e 21 settembre si vota per il rinnovo dei Consigli regionali, il Centro-destra, stando ai sondaggi, non sempre affidabili in vero, potrebbe vincere 5 a 2. Le Regioni dove si profila quasi certa la sua sconfitta sono Campania e Toscana. Nella prima prevarrebbe però in realtà non il Centro-sinistra, ma uno strano fritto misto male odorante di 15 liste, in cui il Pd è uno degli ingredienti: la Campania rimane lo «sceriffato» dell’inamovibile De Luca, immortalato dalle sue gag sul nuovo palcoscenico del Covid. In Toscana, sulla salviniana Ceccardi sembra favorito Eugenio Giani, piddino ed ex-socialista, voluto e imposto da Renzi e Iv, una figura, a quanto pare, priva di carisma e di energici programmi innovativi.

Nelle altre Regioni o non c’è partita, come in Valle d’Aosta, Veneto e Liguria, più o meno saldamente leghiste, o i sondaggi dànno per favorito il Cd del duo Salvini-Meloni: nelle Marche e in Puglia prevarrebbero rispettivamente i due fratelli italioti Acquaroli (noto per la sua partecipazione alla cena fascista ascolana il 28 ottobre 2019 per celebrare l’anniversario della marcia su Roma e l’inizio della truce era del Duce) e Fitto (ex-ministro berlusconiano pluriinquisito, ma sempre assolto, e dal 2019 confluito nelle file del melonismo).

E i partiti della coalizione di governo, Pd Leu 5S? Tardivamente uniti solo in Liguria sulla candidatura di Ferruccio Sansa, in una sfida impari e quasi impossibile con Toti, l’ex-delfino del Caimano e ora fervente neo-leghista. Ma incapaci di trovare un accordo in tutte le altre Regioni, dove si presentano non solo disuniti, ma in competizione tra di loro. Nelle Marche il piddino Mangialardi e il pentastellato Mercorelli corrono come due Don Chisciotti l’un contro l’altro armati. Altrettanto in Puglia, dove al piddino Emiliano difficilmente basterà la bizzarra accozzaglia di 15 liste di sostegno per arginare l’attacco non solo del Fitto melonista, ma della candidata 5S Laricchia, che, novella Maria Antonietta, pur di non «piegare la testa» ad un accordo col Pd, «avrebbe preferito che gliela tagliassero». Non sarebbe stato meglio «usarla» (cit. A. Padellaro)?

Per giunta, l’assenza politico-organizzativa di 5S e Leu nei territori è palese e dichiarata: i loro pochi improbabili candidati non faranno che favorire matematicamente il Centro-destra; in quasi tutte le Regioni infatti (ad eccezione della Toscana, dove è previsto il doppio turno) le elezioni saranno a turno unico, il candidato che prende un solo voto in più degli avversari è ipso facto il Presidente, e non c’è sempre il voto disgiunto. Dunque i vari Fitto, Toti, Acquaroli ecc. possono fare sin d’ora sogni d’oro, grazie agli involontari e masochistici portatori d’acqua pentastellati. In Valle d’Aosta infine i partiti di governo «chi li ha visti»? Persino il Pd, senza un eletto già nel 2018, ora si presenta in un miscuglio di gruppi e gruppetti con la sigla di Progetto Civico Progressista, esistente solo in mente dei.

Se alle Regionali vince il Cd, e la società civile democratica non si mobilita, quanto a lungo potremo ancora esorcizzare il minaccioso incubo fascio-leghista-melonista (i «pieni poteri») dei Bolsonari d’Italia?

(26 agosto 2020)




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