Risposta a ‘Il sessismo c’è e si vede. Anche se qualcuno lo nega’

Edoardo LombarVallauri

Ingrid Colanicchia, che ringrazio per lo stimolo dialettico, e cita alcune fonti importanti e molto note sulla condizione della donna nella comunicazione pubblica e in particolare in quella legata all’educazione in Italia. Per quanto riguarda invece la tesi che vuole dimostrare riguardo al mio intervento, basa la sua argomentazione su alcuni assunti, poco resistenti a una breve analisi, che possiamo così riassumere e commentare:

1. Siccome siamo in un contesto in cui molte cose in cui è rappresentata una donna come oggetto del desiderio sono sessiste, allora tutte le cose in cui è rappresentata una donna come desiderabile sono sessiste.

Si noti infatti che il sessismo dell’immagine considerata non è da Colanicchia argomentato in sé, ma è presentato come prodotto dal "contesto", cioè dall’humus culturale da cui il nostro immaginario e le nostre rappresentazioni socio simboliche traggono alimento. Questo atteggiamento però è circolare, perché se ogni immagine sessuale in sé non sessista si giudica sessista perché ce ne sono altre così, perfino un contesto di quasi tutte immagini in sé non sessiste finirebbe per essere giudicato sessista, e praticamente per definizione nessuna immagine sessuale potrebbe più non essere sessista. Figuriamoci un contesto come il nostro in cui, oltre a immagini non sessiste come questa, ce ne sono anche moltissime che sono sessiste per davvero: diventa veramente impossibile non giudicare sessiste tutte le manifestazioni del desiderio sessuale, con evidente falsità. Il mio intervento denuncia precisamente i danni molto gravi di questo atteggiamento, che la risposta di Colanicchia conferma esistere in modo lampante.

In ogni caso, io concordo con Colanicchia che viviamo in un mondo in cui ci sono moltissime rappresentazioni sessiste della donna, ma discordo dall’idea che per questo motivo siano sessiste tutte le sue rappresentazioni sessuali. E aggiungo che purtroppo questo debordare dell’accusa e condanna per sessismo su ogni manifestazione del desiderio sessuale non giova alla comune causa antisessista, perché la trasforma in qualcosa di acritico e prepotente, e gli guadagna inutilmente perplessità e perfino discredito presso molte persone abituate a usare il discernimento.

In molti teniamo alla parità fra donne e uomini da realizzarsi davvero, cioè necessariamente con il concorso convinto di entrambi, e non con assolutismi che, tenendo conto esclusivamente dell’irritazione di una parte, rendano difficile la sintonia con l’altra e quindi dei passi avanti veri. Fingere che il desiderio (e per questo la sua rappresentazione) sia intrinsecamente sessista è chiaramente un ostacolo alla collaborazione fra persone, se pensiamo che le persone siano desideranti e pensanti.

2. Questo messaggio è sessista perché compare in un certo preciso contesto (il cartellone).

Ci ricorda Colanicchia che i semiologi hanno insegnato che il contesto è il messaggio. E dice: Una stessa immagine su YouPorn, sulla copertina di un libro, in prima serata su Rai 1 o su un megacartellone pubblicitario piazzato su una strada non sono la stessa cosa e non veicolano lo stesso messaggio.

Nella sua visione, dunque, l’immagine e il testo della pubblicità in questione sono sessisti perché su un cartellone, e non lo sarebbero in un contesto diverso? Quale? YouPorn? La copertina del libro? La prima serata TV? Se in alcuni di questi casi Colanicchia è d’accordo con me che non si tratta di un messaggio sessista, allora la pensiamo praticamente nella stessa maniera: abbiamo solo divergenze sul ruolo di alcuni contesti, ma l’essenziale, cioè che questo non sia un messaggio intrinsecamente e necessariamente sessista, lo condivide anche lei.

Altrimenti, se Colanicchia pensa che il messaggio sia sessista in tutti i contesti che cita, bisogna concluderne che la sua affermazione sull’insegnamento dei semiologi e sul ruolo decisivo del contesto serve solo a distrarre dall’impossibilità di argomentare qualcosa sul supposto intrinseco sessismo del messaggio in questione. Insomma, si scoprirebbe che era una palla in tribuna.

3. La donna della pubblicità in esame è passiva.

Scrive Colanicchia che Soggetto qui è il desiderio maschile, e la donna sta lì solo come oggetto per soddisfarlo. Questa ricezione è molto interessante, perché Colanicchia sembra addirittura non accorgersi che il messaggio rappresenta la donna, non l’uomo, come attiva e propositiva. È di lei, non di un uomo, la "voce" che invita (sia pure facendo una battuta da due soldi mediante il doppio senso con il salire sul motorino) a fare qualcosa insieme. Dico che quella di Colanicchia è una ricezione interessante, perché rivela la forza dei pregiudizi che filtrano le cose. Se vediamo la donna come passiva e come oggetto anche quando è rappresentata oltre ogni ragionevole dubbio come attiva e come soggetto, è perché abbiamo il pregiudizio che in qualsiasi incontro sessuale l’uomo sia il soggetto e la donna l’oggetto. Solo con questo pregiudizio, si può non accorgersi che in un messaggio come quello in questione la donna è invece rappresentata come libera e attiva. Inutile dire che se uno vede la donna come oggetto perfino quando è rappresentata nell’atto di fare un invito, gli sembrerà anche che Queste immagini che riducono le donne a oggetto del desiderio maschile sono quasi le uniche che si rinvengono nella rappresentazione pubblica: chi chiama tutti gli insetti "scarafaggi", dirà che tutti gli insetti che vede in giro sono… scarafaggi.

Naturalmente percepire la donna sempre come oggetto e mai come soggetto ogni volta che c’è di mezzo il sesso è un pregiudizio antico e pervasivo nella nostra società, e quindi non c’è niente di colpevole ad esserne ancora permeati; ma è una visione falsata di che cosa sia l’incontro fra l’uomo e la donna, che continua a danneggiare moltissimo i rapporti fra i sessi, e quindi anche la causa femminista. Interventi come il mio a proposito della ricezione di questa pubblicità tentano proprio di metterla in discussione.

4. Perfino questo: la parola disponibile rivelerebbe un ruolo passivo della donna.

Per Colanicchia, lo dimostrerebe il fatto che sullo Zanichelli alla voce «disponibile» troviamo: Di cui si può disporre. (est.) Libero, vuoto". Possibile che Colanicchia non si sia accorta che (anche sui dizionari, ma soprattutto nella lingua che tutti parliamo) disponibile significa, quando riferito a persona (cito dal Sabatini-Coletti, ma è il senso a tutti noto della parola), «che risponde positivamente a richieste d’aiuto, a iniziative, a proposte ecc.» e «aperto, propenso, pronto a dedicarsi a qualcosa»? Se per sviluppare un ragionamento che funzioni si devono oscurare addirittura i contenuti che completano immediatamente quello che si cita, contenuti che capovolgono del tutto l’effetto della citazione "depurata", vuol dire che il ragionamento va riconsiderato.

5. La scarsa immaginazione dei pubblicitari, che fanno troppo spesso leva sul desiderio per attirare gli acquirenti, dimostrerebbe qualcosa sul sessismo di questa immagine.

No, la straordinaria scarsità di immaginazione dei pubblicitari, che vorremmo un po’ più creativi (Colanicchia non vede< /em> in che senso e per quali associazioni di idee una ragazza che formula un invito sessuale porebbe indurre all’acquisto del prodotto in questione), insomma la pochezza dei pubblicitari, non dimostra proprio niente sul sessismo di questa pubblicità. Può servire (a Colanicchia come ad altri) a denigrare questa immagine e ad attirare antipatia su di essa, procedimento che si rende necessario (a chi voglia accusare il messaggio di sessismo) proprio perché non si riesce ad argomentare direttamente che sia sessista. Se si riuscisse ad argomentare che è sessista, non ci sarebbe bisogno di reclutare argomenti denigratori pur veri ma non pertinenti, come quello della scarsa immaginazione dei pubblicitari.

Ringrazio ancora Ingrid Colanicchia per avermi fornito, con il suo testo ricco di obbiezioni, l’occasione di sviluppare meglio alcuni aspetti rilevanti del tema a cui, sia pure da posizioni diverse, evidentemente teniamo entrambi, e che nel mio primo intervento erano rimasti in ombra.

(9 marzo 2020)
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