Ruini in campo per salvare il Caimano

Michele Martelli



Il cardinale Camillo Ruini è di nuovo «sceso in campo». Non a caso uso la metafora calcistica inventata da Berlusconi nel 1994, quando, allora presidente e, a suo dire, mancato allenatore del Milan, inventò Forza Italia, il suo personale partito-azienda. Da Forza Milan a Forza Italia. Da presidente del Milan a presidente d’Italia. Da un lato espropriando del loro motto i tifosi italiani della Nazionale di calcio: “Tutti gli italiani tifino, votino, per me, come i milanisti per il Milan”. Dall’altro invitando gli elettori a riconoscere in lui, presunto inviato del Signore, il salvatore dell’Italia. Dopo oltre quindici anni, dopo aver portato l’Italia alla bancarotta, oggi l’inviato-presidente-salvatore si appresta il 14 dicembre al redde rationem. Il suo impero politico personale è a pezzi, la sfiducia incombe in Parlamento. «Bastonare il cane che annega», diceva Mao con un’immagine efficace, anche se brutale e antianimalista (ma funziona, se si sostituisce “cane” con “caimano”). Chi brandisce il “bastone parlamentare”? Pd e Idv da un lato, Fini-Casini-Rutelli dall’altro.

Ma ecco l’ultrapensionato «animale politico» Ruini (sua l’autodefinizione), dopo aver trasformato la Cei in una sorta di Partito episcopale italiano, ridiscendere prepotentemente in campo, per disarmare le opposizioni (si fa per dire!) e offrire a B una fune di salvataggio. Parlando a Roma al X Forum del Progetto culturale della Chiesa cattolica dedicato ai 150 anni dell’Unità d’Italia, ha esposto il suo programma politico centro-destro in tre punti finalizzato al salvataggio di B.

1) «Stabilità e maggioritario». Mai, nemmeno ai tempi dei governi De Gasperi, dopo il 1948, ha sentenziato don Camillo, «l’esecutivo ha goduto nell’Italia repubblicana di una vera e sicura stabilità»; «mi sembra importante – ha aggiunto – mantenere, in una forma o nell’altra, un sistema elettorale di tipo maggioritario». Dopo il 1948, la Dc di Pio XII per assicurare la stabilità, tentò la «legge truffa» (un maggioritario ante litteram); oggi la riafferma in altra forma don Camillo, volutamente ignorando che fu il premio di maggioranza, garantito dalla famigerata legge Acerbo (approvata nel 1925, sostituiva il sistema elettorale maggioritario a quello proporzionale, assegnando al partito con almeno il 25% dei voti i 2/3 dei seggi in Parlamento) che consentì a Mussolini la conquista “legale” del Parlamento. Lo “storico d’Italia” Ruini non sa che fu il modo per aprire definitivamente le porte alla dittatura fascista (poco dopo, Mussolini soppresse il Parlamento e i partiti), così come oggi le apre alla dittatura mediatico-affaristico-mafiosa del bunga bunga?

E poi, il maggioritario prevede il bipolarismo, dunque l’impossibilità del Terzo Polo. Fini-Rutelli-Casini la smettano di cianciare; nel Progetto ruiniano non c’è posto per loro. Magari per Casini-Rutelli, cattolici obbedienti alle gerarchie, nel centrodestra di B&B il posto si trova (per rimpiazzare i «futuristi» dissidenti e rinsaldare la maggioranza), ma per il «laicista» Fini, difensore di destra dei diritti civili (mi riferisco al suo recente discorso di Perugia), già oggetto degli attacchi di «Avvenire» e del suo direttore, no di certo. Vade retro, Satana! Che il suo bastone per colpire il Caimano che annega gli sia tolto di mano. Evviva il Caimano!

2) «Federalismo solidale e rafforzamento del governo centrale». Il federalismo, parola di Ruini, «per non nuocere all’unità della nazione, non solo deve essere solidale, ma va bilanciato con una più sicura funzionalità del governo centrale». Tradotto in politica, al di là delle mascherature verbali, è il duopolio B&B, la diarchìa Lega-Pdl, benedetto dal solidarismo cristiano (quello della Compagnia delle Opere e di Cl, come nella Lombardia di Formigoni e Moratti?). Comunque, leghismo bossiano e peronismo arcoriano, uniti nella lotta con l’aspersorio del cardinale! Il neofederalista improvvisato Ruini, convinto che il federalismo «corrisponde alla ricchezza pluriforme della realtà storica, sociale e civile italiana», fa pensare al neoguelfo Vincenzo Gioberti (voleva un’Italia federale sotto la guida di Pio IX). Non sa l’improvvisato “storico dell’unità d’Italia” che anche quel Progetto fallì? D’altronde, esso voleva unificare un’Italia allora divisa, e non dividere, come la Lega secessionista di Bossi, un’Italia unita? Ci ha pensato don Camillo?

In ogni caso, la Lega ringrazia per la «svolta» del cardinale. Berlusconi per intanto si consola. E spera per un buon e santo 14 dicembre. Chissà che non passi il Natale ad Arcore in gozzoviglie con l’emaciato Ruini per lo scampato pericolo!

3) «Una nuova generazione di cattolici in politica». Lo slogan fa parte della teologia politica della «sana laicità» di papa Ratzinger. Ruini lo riprende al X Forum per ridisegnare il suo particolare Progetto neoguelfo (ne rifiuta la parola, ma non il significato), auspicando, da parte dei cattolici, «un impegno storicamente [= politicamente] efficace e al contempo davvero orientato in senso cristiano», contro il pericolo di «secolarizzazione interna» al mondo cattolico e alla stessa Chiesa.

Ruini, per chi non lo sapesse, ha fondato il suo Progetto culturale della Chiesa cattolica nel 1997, come un’organizzazione verticale interna alla Cei di cui era allora presidente (nella Segreteria Generale della Cei fu costituito il Servizio nazionale per il progetto culturale), apparentemente per diffondere la cultura cattolica (questa era la copertura malamente dissimulata), in realtà per difendere la «missione» politica della Chiesa in Italia, soprattutto sui «temi etici e bioetici». Non cultura autonoma dalla politica, dunque, ma vera e propria politica culturale. Una sorta di MinCulPop catto-integralista, come dimostra il logo scelto da Ruini: «Una piazza aperta, dalla forma ellittica, su cui si affacciano il campanile e il palazzo pubblico, le case e i portici. Dall’agorà dei Greci alla piazza del Comune, la piazza ha sempre rappresentato il cuore della città» (lo si legge nel sito ufficiale). Il sogno della «sana laicità» ratzingeriana di don Camillo è un «palazzo pubblico» obbediente al «campanile». Ossia ai vertici clericali e ai loro interessi da Mammona. Nulla di più e nulla di meno.

Ben venga dunque un Berlusconi bis o tris, o un governo senza Berlusconi, purché berlusconizzato nel senso ruiniano, ossia al servizio di Chiesa e Vaticano.

Il resto? Bazzecole!

(6 dicembre 2010)

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