Sabina incriminata e i rischi di fascismo
di Paolo Flores d’Arcais
Il reato di vilipendio è un residuo fossile del fascismo. Non a caso viene utilizzato a corrente alternata. Quando ero giovane e manifestavamo contro “Nixon boia!” qualche magistrato che considerava la Costituzione criterio interpretativo di ogni legge (come dovrebbe essere normale) archiviava le denunce, qualche altro, più sensibile ai desiderata del potere esecutivo, incriminava. Se chi invita a “pulirsi il culo con il tricolore” fosse qualcuno dei centri sociali in vena di pacifismo contro le nostre “missioni” in Iraq e Afganistan, finirebbe al gabbio e alla gogna, se è un dirigente leghista finisce ministro. E’ noto, infatti, che la legge in Italia è eguale per tutti (è del resto noto da due terzi di secolo, grazie al grande Orwell, che tutti gli animali sono eguali ma i maiali sono più eguali degli altri).
Con l’incriminazione di Sabina Guzzanti per il suo “vilipendio” di Papa Ratzinger l’Italia della legge diseguale per tutti compie però un passo ulteriore. Un passo nel ridicolo, che renderà l’Italia zimbello inevitabile di satira in tutto il mondo occidentale, quando il processo si svolgerà davvero, perché i giornalisti stranieri hanno la pessima abitudine, in maggioranza, di fare i giornalisti, raccontare le cose scomode, chiamarle con il loro nome, e dunque meravigliarsi e indignarsi per i residui tragico-grotteschi di medioevo ovunque si presentino.
Ma forse a Sabina toccherà anche la beffa di essere “perdonata” paternalisticamente dagli “ambienti vaticani”. Già ci sono le prime avvisaglie. E così l’aggressione contro la sua libertà sarà doppia. La sua libertà, cioè la libertà di tutti. A dire la propria senza autocensure si rischiano multe e galera, e la ciliegina del “benevolo perdono” è solo una violenza in più.
Tutto questo fa schifo. Ma chiamare schifo lo schifo, non cercare di renderselo più sopportabile, non assuefarsi, non conformarsi, è la prima irrinunciabile forma di resistenza. Individualmente e collettivamente. E combatterlo, questo schifo, individualmente e collettivamente, è il minimo democratico per chi non considera democrazia solo un flatus vocis. C’è una stagione di lotte per le libertà – libertà ormai più che a repentaglio – già annunciata e che comincia l’11 ottobre, e che è l’inderogabile impegno morale di chiunque non abbia già scelto per la servitù volontaria.
(11 settembre 2008)
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