Saramago è vivo e continua a far paura
Enzo Mazzi
, il manifesto, 24 giugno 2010
Un requiescat in pace non si nega a nessun defunto. Se viene negato a José Saramago significa che non è considerato morto. Claudio Toscani sull’Osservatore Romano di sabato scorso ha titolato il suo articolo demolitore L’onnipotenza (presunta) del narratore. Perché tanto accanimento su una persona scomparsa? La sensazione è che il giornale del papa parli non tanto della persona che non c’è più, quanto del Saramago che continua a vivere in una corrente di pensiero ed esperienze che dilaga nella teologia e nella prassi ecclesiale cristiana e cattolica. E i cui connotati sono gli stessi che caratterizzano la personalità dello scrittore scomparso.
Prima di tutto la laicità intesa come anima profonda di tutto l’agire umano, religione compresa. Toscani imputa a Saramago «di saltare per altro aborrito piano metafisico e incolpare, fin troppo comodamente e a parte ogni altra considerazione, un Dio in cui non aveva mai creduto, per via della Sua onnipotenza, della Sua onniscienza, della Sua onniveggenza». Ma di questo Saramago è piena la Chiesa cattolica nelle sue articolazioni anche di alto livello culturale e pastorale: credenti che negano l’onnipotenza di Dio e che vivono «come se Dio non ci fosse». Inaccettabile per il potere ecclesiastico che sull’onnipotenza divina fonda il proprio dominio.
Il secondo connotato è l’umanizzazione di Gesù. Per Toscani il Vangelo secondo Gesù è una «sfida alla memorie del cristianesimo di cui non si sa cosa salvare». Ma è proprio questa la sfida, positiva, di tante esperienze innovative. Al di là degli artifizi letterari, dal romanzo di Saramago è il «Figlio dell’uomo» dei Vangeli che riemerge con forza dalla tomba storica della divinizzazione e sacralizzazione di Gesù.
È vero che questa desacralizzazione di Gesù è una sfida alle memorie del cristianesimo, come afferma Toscani usando opportunamente il plurale, perché ci sono almeno due memorie e non una sola: c’è la memoria dominante del Gesù figlio unico di Dio e Dio egli stesso della stessa sostanza del Padre e c’è la memoria del Gesù uomo fra gli uomini e le donne del suo tempo testimone insieme a loro della incarnazione continua di Dio nella realtà umana e cosmica fin dalle origini del tutto.
Questa memoria del Gesù uomo è originaria mentre quella del Gesù divinizzato è posteriore e spuria. Il cristianesimo è nato infatti originariamente come eresia ebraica di desacralizazione della religione: la distruzione del tempio e l’esaltazione dell’amore fraterno al posto del sacrificio. E si è poi affermato e ha vinto attraverso un ritorno radicale al sacro, attraverso cioè una risacralizazione del Dio fatto uomo secondo le esigenze della cultura greca e per il bisogno di unificazione dell’impero sotto un unico Dio. Questo ormai si insegna nelle Università teologiche di tutto il mondo (…).
Il terzo connotato è una nuova visione dell’esperienza evangelica come momento esemplare della storia umana di liberazione. «Saramago – scrive l’Osservatore – è stato fino all’ultimo inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materialismo storico, alias marxismo. Lucidamente autocollocatosi dalla parte della zizzania». Il problema del Vaticano è che di «Saramago» è piena la Chiesa. La Teologia della Liberazione che non ha cessato di crescere e penetrare, è stata condannata proprio per aver ceduto alla visione marxista della storia.
Si può esumare verbalmente il corpo di Saramago per darlo alle fiamme, come al tempo del’Inquisizione con gli eretici, ma lui resta vivo e continua a fare paura.
(24 giugno 2010)
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