Scola e il costantinismo
comunicato delle Comunità cristiane di Base, da cdbitalia.it
Il discorso pronunciato dall’arcivescovo di Milano Angelo Scola in occasione della solennità religiosa di sant’Ambrogio si presta, a giudizio delle comunità cristiane di base, a diverse considerazioni.
La prima concerne l’associazione, storicamente assai discutibile, fra la promulgazione dell’editto costantiniano del 313 con l’inizio della libertà religiosa: infatti la “fine progressiva” delle persecuzioni contro i cristiani non coincide storicamente con l’affermarsi del principio della libertà per tutte le fedi. Come si spiegano, altrimenti, le persecuzioni cristiane, a cominciare da quelle inferte alle religioni tradizionale dell’Impero romano così dette pagane, per proseguire poi contro le fedi indigene dei mondi nuovi dall’America all’Africa e, perfino a Roma e fino all’ottocento, in tempi di papa re, le conversioni coatte dei bambini ebrei sottratti alle famiglie d’origine? E se il Concilio Vaticano II ha costituito una vera novità, dov’è l’autocritica del magistero ecclesiastico sui comportamenti del passato? L’arcivescovo di Milano pur fra citazioni dotte, non ne fa parola.
La seconda considerazione riguarda il nesso fra “libertà religiosa e pace sociale”. E’ vero che più lo Stato impone dei vincoli, più aumentano i contrasti a base religiosa ma tali vincoli non sono forse proprio il frutto di un intreccio di poteri, di connivenze, di complicità che riguardano ancora oggi non solo le chiese cristiane (vedi la chiesa anglicana o quella ortodossa oltre quella cattolica) ma anche le variegate realtà dell’Islam? O del mondo che si rifà all’ebraismo?
La terza questione, forse quella politicamente più rilevante, riguarda un’interpretazione assai capziosa della laicità dello Stato identificata dal cardinale Scola in una “cultura dominante” che diffonderebbe una “visione secolarizzata dell’uomo e del mondo”. E quindi ontologicamente ostile verso ogni fenomeno religioso.
Eppure, in tutti gli stati moderni siamo ancora ben lontani da una prassi di laicità degli stati e dei governi; dette per di più nel contesto italiano le parole dell’arcivescovo ambrosiano suonano a protezione delle opere e della loro “Compagnia”, soprattutto quando si evoca “il cattolicesimo popolare ambrosiano” e le sue reti.
In questo contesto le comunità cristiane di base denunciano la riproposizione trionfalistica del costantinismo che conoscerà nel prossimo anno eventi celebrativi che avranno la conseguenza di occultare ogni valutazione storico critica in nome di una libertà religiosa che si è sempre affermata intrecciando privilegi ecclesiastici e mondani, dimenticando il diritto di ogni uomo alla sua cittadinanza fra uguali. Anche nella ricerca del divino.
(11 dicembre 2012)
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