Se la Chiesa diventa “religione di mercato”
fra Benito Fusco
*, da www.adistaonline.it
Liberandoci dall’oppressione immorale di Berlusconi, e con quella faccia da nonno intelligente, Monti pareva bastarci: in pochi si erano preoccupati delle conseguenze costituzionali e degli effetti collaterali causati dalla macelleria sociale inaugurata nel ventennio del biscione.
La macelleria sociale c’è ancora, ha cambiato solo stile, anzi si è malignamente perfezionata. Così ora stiamo vivendo le rappresaglie ai diritti del mondo del lavoro e quei cinici rastrellamenti fiscali che mettono a dura prova la sopravvivenza dei pensionati e la consistenza dei redditi delle famiglie; c’è un estuario di poveri alle nostre porte, e chi era già povero, o precario, si è trovato a competere dentro i bidoni della miseria con i nuovi arrivati.
Tutto questo accade con un consenso istituzionale quasi cosmico che sta conducendo la politica a una definitiva deportazione nei lager della finanza e delle forche bancarie, pur tra lampi e tuoni di una legittima ribellione, maliziosamente stoppata dai mass media. Tutti sembriamo in attesa della “soluzione finale” di quanto apparteneva alla sovranità popolare e ai fondanti valori costituzionali.
Ne è prova la sedicente “riforma del Lavoro”. Il lavoro è un diritto identitario, cioè un’espressione della personalità degli esseri umani, dice la Costituzione, e la nostra giurisprudenza afferma che il lavoratore, in quanto persona, è interessato a conservare il lavoro a prescindere dal ritorno economico: come a dire che per la Costituzione il lavoro ha un valore che non coincide puramente con il profitto che il datore ne trae.
Il governo su questo non smentisce nei fatti di essere un cavallo di Troia di banche e banchieri, e vuol stabilire che il lavoro vale anche meno di altri beni della persona: che è ridotta a una merce, e non alla sua libera espressione della dignità. L’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori tutela questa dignità, integralmente, ed è la linea del Piave attorno al quale è nata una nuova “resistenza”. Però al governo, al mondo della finanza, al capitalismo in sé, senza aggettivi, tutto questo non interessa, tutt’al più lo considerano un danno collaterale monetizzabile, che si può liquidare in moneta spicciola, cash. Il costo della dignità della persona è fuori mercato, non conta per quei signori e quelle signore.
L’art. 18 è l’ultima bandiera rossa per i lavoratori e per coloro che ritengono il Lavoro espressione fondamentale della propria dignità, libertà, persona. È una bandiera che non si può ammainare, proprio per il colore che ha: quello delle ultime tracce di sangue versato da chi ha lottato per alzarla nella storia del lavoro dell’umanità.
E quando si parla di storia degli uomini e delle donne, dei loro diritti, della loro dignità, la Chiesa non può parlare sottovoce o starsene alla larga, come sta facendo, tra false carezze e graffi d’amore dati qua e là per comprimere il prezzo di uno scambio, o vantando una verginità che non ha. Il risultato è sotto il naso di tutti: i mercanti stazionano ben nutriti nel tempio, i ricchi si sentono sicuri e se la cavano lasciando sostanziose beneficenze o eredità principesche, mentre i poveri rimangono immersi nella loro solitaria disperazione, e ogni loro ribellione è confinata nel regno del peccato o della violenza. E così, la Chiesa del mercato, con i suoi templi e i suoi funzionari, prospera e mantiene il suo corso e i suoi privilegi, depredando coscienze e commerciando libertà, in un sinedrio polifonico di complicità.
È un già vissuto nella storia della Chiesa, quando il cristianesimo divenne “religione di Stato”, ma ora, senza pudore e nel silenzio ipocrita di quei tanti che nella Chiesa “tengono famiglia”, sta mostrando un’altra letale mutazione genetica, che la vedrà deformarsi in “religione di mercato”: e il nuovo Costantino è già stato battezzato, si chiama Mercato. E non sono più i mercanti a stazionare nel tempio, ma sono gli uomini della religione a entrare nel mercato, e non per convertirlo, bensì per dimenarsi con disinvoltura tra i metodi, le valutazioni e le regole voraci delle multinazionali, delle agenzie immobiliari e del sistema economico-finanziario.
Una Chiesa così, del mercato e nel mercato, afona, senza voce per gli ultimi, è destinata ad evitare i versetti pericolosi del Vangelo, quelli che ogni potere teme o mette in quarantena. E viene da pensare: chissà se poi ci sarà ancora speranza che un’ansia di luce morda gli uomini e le donne che non sognano più.
* Frate servita bolognese
(16 aprile 2012)
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