Separazione dei beni
Furon nozze d’interesse
quelle fra i rossi diesse
e la bianca Margherita,
un’unione già finita
prima ancor di cominciare.
Presentatisi all’altare
tutti e due poveri in canna,
il Due cuori e una capanna
non ha proprio funzionato,
il messia non è bastato
e le povertà riunite
non si sono, ahimé, arricchite
né di voti alle elezioni
né di sagge decisioni
né di spirito unitario.
Sembra proprio un centenario
questo povero partito
che ha due vecchie storie unito,
dalle due prendendo il peggio:
i coltelli per un seggio,
i litigi a non finire,
il parlar per poi smentire,
le furbizie più avvilenti,
le congreghe, le correnti.
I valor dei due promessi,
i diesse e i genuflessi,
già sembravano lontani,
fra gli influssi vaticani
e la rossa ideologia,
fra l’odor di sacrestia
e le faide di partito.
E nessuno ha mosso un dito
per cercar di conciliarli,
fu un reciproco annientarli.
Il futuro del Pd?
Non esiste, tutto qui.
Dei quattrin la crisi scoppia
come capita a ogni coppia
di un’unione coniugale
destinata a finir male.
Son insiem da più d’un anno
e non tutti forse sanno
che tre sono i tesorieri
fra di loro battaglieri:
c’è Sposetti, diesse a vita,
Lusi della Margherita
e Agostini del Pd,
sembra strano, ma è così,
ciaschedun coi suoi quattrini.
Par che abbiano i diessini
ben cinquanta fondazioni
che maneggiano i milioni
al Pd non conferiti.
D’altro canto i margheriti
hanno fatto tale e quale
e dal tetto coniugale
si procurano un affitto.
Da nessuna parte è scritto
che c’è comunion dei beni
e fra dispute e veleni
ognun ha il suo conto in banca,
mentre il neo partito arranca.
Verrà il giorno del divorzio
e i due membri del consorzio
ridaranno nuova vita
a diesse e Margherita,
ciaschedun coi suoi quattrini.
E noi, poveri tapini?
Riprendendo, ahimé, a remare
torneremo in alto mare
e faticherem, mannaggia,
per trovare un’altra spiaggia.
(12 gennaio 2009)
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