Siate fecondi e moltiplicatevi. L’astratta dottrina di Benedetto XVI

Raffaele Garofalo

, prete

Alla Chiesa cattolica e al papa devono andare la solidarietà e l’impegno per il rispetto della vita umana e della libertà religiosa mortificata nei paesi dove prevale il fondamentalismo religioso. Ognuno deve essere libero di professare la propria religione e nessuna professione religiosa deve esercitare pressioni su governi per imporre principi non condivisibili da tutti i cittadini col pretesto di dover salvaguardare una “eredità culturale”. “Non possiamo non dirci cristiani”, non è una norma evangelica, è la semplice rilevazione di un fatto di “costume”. La Fede cristiana, per chi conosce il Vangelo, è una scelta cosciente e responsabile della “persona”, non si eredita come il patrimonio e il conto in banca. Andando oltre la legittima richiesta di solidarietà per le violenze contro i cristiani, ancora una volta, Benedetto XVI si è cacciato nel vespaio.

È una assurdità condannare una informazione che rende le persone più mature, maggiormente responsabili delle proprie azioni ed è incomprensibile come il papa possa affermare che l’educazione sessuale possa ritenersi contraria alla Fede. Probabilmente la sessualità continuerà ad evocare fantasie sessuofobiche negli uomini di Chiesa e la morale disincarnata con cui si affronta il problema sembra rimanere arroccata sulla mentalità dei “cattivi pensieri” del vecchio Catechismo. Il Vangelo raccomanda il rispetto e l’amore per il prossimo, uomo o donna, non si addentra nei particolari del rapporto di coppia, facendone una casistica di trasgressioni, alla maniera delle prescrizioni farisaiche. La raccomandazione di Cristo di non guardare una donna “per” desiderarla, non vieta di apprezzare la bellezza femminile (nella Bellezza è la verità), non è la condanna dell’attrazione sessuale, ma l’invito a non considerare la persona umana come “oggetto”. Dal Vangelo impariamo che i pensieri veramente peccaminosi sono quelli che giustificano l’indifferenza, la rassegnazione ai mali che ci circondano, il disprezzo degli altri. L’Ingiustizia che governa il mondo espone le persone alle guerre, alla fame, all’emigrazione forzata. Tanta gente perde il lavoro e il futuro dei giovani sembra scomparire sempre più dall’orizzonte. Su questi temi il papa dovrebbe esercitare la sua vocazione alla “condanna” dei colpevoli: siano essi governi e singole persone. Le blande esortazioni lanciate dalla finestra di S. Pietro, davanti ai turisti in estatica venerazione, lasciano il tempo che trovano. La Chiesa non sarà credibile fino a quando continuerà a coltivare propri interessi scendendo a patti con coloro che di quei mali sono i maggiori responsabili.

Una Chiesa cristianamente premurosa del bene dell’umanità deve fare i conti col problema del controllo delle nascite, con la diffusione di malattie infettive sempre più devastanti. L’invito biblico ad essere “fecondi e riempire la terra”, raccomandato ai primordi dell’umanità, oggi è causa di seri problemi di sopravvivenza per molti. I vertici della Chiesa dovrebbero avvertire più di tutti la necessità dell’educazione sessuale, impartita nei luoghi di formazione, da personale esperto, come raccomandano molti educatori.

Riducendo progressivamente le aperture del Concilio, più che farsi testimone di un annuncio profetico, Benedetto rivela sempre più la sua concezione teocratica della Chiesa, irrispettosa della libertà garantita all’uomo da Cristo stesso. La morale sessuale predicata dal papa risente ancora del pensiero distorto di Tertulliano, di Girolamo e di Agostino i quali, nei loro scritti, hanno pronunciato assurdità nei confronti della sessualità e della donna, considerata strumento di peccato, “porta dell’inferno”, anziché come persona umana. Nelle Confessioni Agostino parla di una “concubina”… che prese in attesa del matrimonio con la ragazza a lui destinata. Girolamo, in tarda età, era ossessionato dai ricordi dei lupanari frequentati in Dalmazia e a Roma. Incapaci di una serena sintesi, essi classificano la donna nelle due sole categorie della peccatrice o della suora: “Ange ou démon”. Grazie a loro la Chiesa cattolica vive da secoli la paranoia del sesso diventato sinonimo di peccato per eccellenza, se non l’unico peccato.

Educare alla sessualità è un dovere per una società “civile”, Ratzinger invece rafforza il tabù di una Chiesa che ama guardare indietro, condizionata dalle eresie manichee, anziché farsi ispirare dalla verità evangelica. Educare alla sessualità significa formare alla responsabilità, evitare gravidanze indesiderate, dolorose esperienze abortive, vere tragedie per le donne costrette a ricorrervi. Tali problemi, con i quali devono quotidianamente fare i conti milioni di fedeli, sembrano esulare dalla astratta dottrina di Benedetto XVI.

Sul giornale abruzzese Il Centro, del 20/12/2010, è stato annunciato che il Vaticano vuole beatificare una coppia che ha avuto 21 figli. Dio non può aver messo a carico di due sole brave persone l’onere di riempire la terra! Chiamare dei fedeli agli onori degli altari vuol dire farne degli “esempi” da imitare. Per un mondo che già lotta faticosamente per salvare tante persone dalla fame, proporre un tale “modello di fecondità coniugale” significherebbe mettere al mondo esseri umani destinati a non sopravvivere. Una imperdonabile mancanza di senno. Andranno lodate in una coppia le virtù di attaccamento alla famiglia, di altruismo, di solidarietà, doti in estinzione in una società sempre più schiava dell’egoismo, dell’arroganza e della volgarità, ma sarebbe opportuno tacere di una pur encomiabile ma eccedente vivacità sessuale. Anche la moderazione è una virtù cristiana da apprezzare!

Nel suo discorso agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede Benedetto ha affrontato di nuovo la discussa questione della presenza del crocifisso nei luoghi pubblici. Il papa giustamente raccomanda ai cattolici la salvaguardia delle proprie radici, rispettando ricorrenze e mantenendo i propri simboli religiosi. Tutto ciò varrà per le sedi private dei cattolici, per i propri luoghi di culto, ma non può assolutamente essere imposto negli ambienti pubblici frequentati da credenti di varie confessioni e da non credenti. In una scuola laica, dedita alla educazione di tutti i cittadini, non dovrebbe esserci il simbolo di una unica religione, ma di molte, per una formazione culturale completa e in vista di una scelta più consapevole di quella cui eventualmente aderire. Era un principio rispettato da don Milani nella sua scuola di Barbiana ove non figurava il crocifisso. La scuola statale non è un luogo di professione di fede ma di “cultura” religiosa. In alcune sedi scolastiche viene addirittura celebrato il “rito” cattolico della Messa. Per quanto avvenga al di fuori dell’orario scolastico, rimane un affronto alla laicità della scuola e alla sacralità del rito stesso, che potrebbe prestarsi ad apparire piuttosto tra le attività “funzionali” alla “promozione” dell’istituto scolastico.

Un simbolo religioso appeso alle pareti non fa di per sé dei buoni cristiani. Sotto lo sguardo di quella immagine, a volte, si commettono gravi ingiustizie. Nella maggior parte dei casi quell’uomo, dichiarato colpevole per essere stato ribelle al Potere, viene condannato una second
a volta a far da sostegno a nuovi Poteri. Più che destinato ad “attirare a sé” tanti uomini, nelle sedi pubbliche attirerà, di certo, tanta polvere! Un cristianesimo da arredamento.

(18 gennaio 2011)

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