“Silvio Forever”: parlano gli autori

Giona A. Nazzaro

a cura

Era atteso con una comprensibile curiosità, Silvio Forever, il film di Roberto Faenza e Filippo Macelloni. L’autobiografia non autorizzata di Silvio Berlusconi, su soggetto e sceneggiatura di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, gli autori de La casta, oggetto di censura preventiva da parte della Rai che non ha messo in onda il trailer del film, segna il ritorno di Roberto Faenza al documentario che il regista, di fatto, non frequentava più dai tempi del suo esordio Forza Italia. Retto interamente dalla voce del Presidente del consiglio, il film si affida a quella dell’attore Neri Marcoré solo dove l’audio dei materiali originali era irreparabilmente danneggiato. Cosa molto interessante, Loriana Lana, l’autrice di Silvio Forever ha concesso i diritti del suo brano agli autori del film che infatti scorre sui titoli di coda con le parole del testo bene in evidenza.

Come è nata l’idea di realizzare un ritratto di Silvio Berlusconi come un’autobiografia non autorizzata?

Roberto Faenza: Il soggetto di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella mi è sembrato subito molto interessante. Silvio Berlusconi è una vera e propria star. Mentre lavoravo al film, ripensavo al racconto di Thomas Mann, Mario e il mago, scritto dopo un suo soggiorno in Versilia negli anni Venti. Berlusconi è un po’ come il Mago Cipolla del racconto. Irretisce, affascina ma poi ti rendi conto che forse è un mostro. Rappresenta una parte significativa del paese. Ma Berlusconi non è il solo. Ora che è scoppiata la guerra in Libia, si vede ovunque la foto di Silvio che bacia la mano a Gheddafi. Troppo facile dimenticarsi delle autorità accademiche che lo invitarono per tenere una lezione sulla democrazia nel Nord Africa e che stavano genuflesse ai suoi piedi.

Gian Antonio Stella: Il nostro non è un film aprioristicamente ostile. Diciamo che si tratta di una biografia molto personale del personaggio. Se c’è qualcosa che non abbiamo voluto fare è stato proprio realizzare un film a misura degli antiberlusconiani.

Sergio Rizzo: Silvio Berlusconi è una delle personalità più famose del mondo. La politica è una vicenda importante della sua vita ma non è l’unica. Ecco perché da diciassette anni c’è un accanito dibattito su questo personaggio che ha saputo come toccare delle corde intime di questo paese.

Filippo Macelloni: L’obiettivo del film era di raggiungere quanta più gente possibile e non solo coloro che sono contrari a Berlusconi per definizione. Abbiamo tentato di conservare un punto di vista staccato dalla politica, tentando di raccontare l’uomo con le sue stesse parole.

Neri Marcorè: Ho vissuto questa esperienza con una profonda tristezza. Di Berlusconi ho la stessa idea che avevo nel 1994. Fare questo film è stato come rivivere tutte le sensazioni che ci hanno accompagnato in tutti questi anni: un incubo che si spera finisca presto.

Il montaggio del film è molto tradizionale. Più simile ai cinegiornali di una volta che a blob.

R.F.: Per quanto riguarda la scelta del montaggio abbiamo optato per un tipo di lavoro aderente all’uomo. Ribadisco che si tratta di un’autobiografia. I suoi nemici sono presentati da Berlusconi stesso e anche i suoi amici. Vediamo le cose attraverso il suo punto di vista. Il film è un saggio sul linguaggio. Su come parla il potere. Berlusconi, se ci fate caso, o se vi mettete a contare, non usa più di cento vocaboli. Un livello linguistico da quarta o quinta elementare. Ma quel centinaio di vocaboli arriva dritto alla gente.

F.M.: Silvio Forever è un film che fotografa il paese. La scelta del montaggio è una scelta di rispetto dell’archivio.

Non temete che il film possa risolversi in un’occasione perduta? In definitiva non viene presentato nessun elemento nuovo.

G.A.S.: Fare un film cattivo era la scelta più facile. Ribadisco ancora una volta che la nostra intenzione è stata di realizzare un’autobiografia. Ovvio che sono possibili molteplici letture. Ma resta il fatto che il nostro desiderio era di mostrare Silvio Berlusconi che si racconta attraverso le sue parole. Montanelli nel film esprime delle posizioni molto chiare sul rapporto che Berlusconi intrattiene con la verità. In questo senso siamo convinti che il film possa aiutare le persone a comprendere meglio il personaggio Silvio Berlusconi. E poi non volevamo massaggiare le convinzioni di nessuno. Non sono un nemico di Berlusconi e mi chiamo fuori da quest’ottica divisoria.

R.F.: Dite che in questo film non c’è niente di nuovo? La cosa inedita è l’avere messo insieme per la prima volta tutti questi materiali. Se avessimo dovuto fare questo tipo di film su un politico di sinistra, non sarebbe stato possibile. Prodi magari fa una politica migliore, ma è anche una persona più noiosa. Berlusconi è un uomo di spettacolo. Palmiro Togliatti o Giulio Andreotti non si sarebbero mai comportati come Berlusconi che si mette a cantare per intrattenere i suoi colleghi.

S.R.: Il nostro è paese diviso in due dalle parole di Berlusconi. O sei con lui o sei contro di lui. Non ci sono vie di mezzo. Noi abbiamo tentato di uscire da questo schema con un lavoro puramente giornalistico. Consapevoli che probabilmente avremmo scontentato i militanti di sinistra. O addirittura generato il sospetto di fare un favore al Presidente del consiglio. E poi non dimentichiamoci mai che lui non è affatto un personaggio banale. Berlusconi è un personaggio formidabile. Un personaggio della commedia dell’arte. Nel film racconta che a dodici anni attaccava manifesti elettorali per la Democrazia Cristiana. Questo per far capire non solo che lui è anticomunista da sempre ma che ha sempre abbracciato i valori della chiesa. Il nostro film è una parabola. È la storia di uomo che si trasforma restando ciò che è. Dal 1993 il paese si è fermato e la stampa ha affrontato i problemi di questo paese attraverso la storia di un uomo. Berlusconi ha un rapporto diretto con la pancia di questo paese. Lui confonde i suoi elettori con il suo pubblico, proprio come confonde i giudici con gli avvocati.

F.M: Le cose che dice Berlusconi vanno lette alla luce del montaggio. Solo in questa relazione viene fuori l’idea del film. La sua idea di democrazia è un’idea di democrazia dell’intrattenimento.

N.M: Non penso che si possa chiedere a un film altri compiti che siano quello di far riflettere. E di conseguenza non credo che si debba chiedere al film cose che in realtà sono della politica o addirittura di sostituirsi a essa.

Come mai le amicizie pericolose di Berlusconi, come Putin, vengono appena sfiorate?

R.F.: Le cosiddette amicizie pericolose le abbiamo utilizzate in maniera quasi subliminale. Come un elemento che sta un po’ sullo sfondo ma è sempre ben presente.

Molti materiali provengono dalla rete. Che tipo di ricerche avevate fatto per reperire i documenti?

R.F.: Il nostro film è figlio del web. Abbiamo trovato, ricevuto e visionato moltissimo materiale. Senza la rete probabilmente questo film sarebbe stato completamente diverso.

Cosa ci può dire della censura operata dalla Rai che si rifiutata di trasmettere il trailer?

R.F.: Sono molto curioso di vedere la faccia della persona che ha deciso che il nostro trailer non doveva essere trasmesso. Tanto per capire il tipo di personaggio. La
censura è un terribile segno assolutamente in linea con questi tempi che viviamo. Ed è un brutto paese questo dove non c’è spazio per il mio film. Nemmeno il TG3 vuole parlare del mio film.

Andrea Occhipinti (produttore): Il film è completamente autoprodotto. Il costo si aggira intorno ai settecentomila euro. V’immaginate Mediaset che acquista il nostro film? Non credo. Certo la Rai potrebbe farlo visto che fanno il servizio pubblico, ma ho i miei dubbi. Per fortuna intorno al film c’è molto interesse anche dall’estero. I segnali sono incoraggianti. Preoccupa invece che non ci sia nessuno interessato a produrre progetti come questo. Per quanto riguarda la censura, più che a mero servilismo penso che a volte le persone siano più realiste del re. Qualcuno a volte esegue gli ordini del re prima ancora che il re li abbia impartiti temendo soprattutto per se stesso.

R.F.: Sarebbe molto bello se Berlusconi accettasse di vedere con noi il film.

Sorprende l’assenza del paese, del territorio. Nel film sembra che il paese sia stato ridotto a mero palcoscenico di Berlusconi.

R.F.: Non sono affatto d’accordo. Nel nostro film la folla appare molto. E non è forse il paese quello? Non si può cancellare il paese che adora il suo leader semplicemente perché a noi non fa piacere. Questo è tipico di una certa sinistra. Gli elettori di Berlusconi si identificano con lui. Non è il paese quello che protesta quando vengono oscurate le reti Mediaset? Non è il paese la signora che grida che "quelli del Canale Uno sono tutti ricchioni"? Questo paese da fastidio soprattutto alla gente di sinistra. D’altronde era facile prevedere che il nostro film avrebbe creato più problemi alla gente di sinistra che agli altri.

Per concludere: cosa pensa delle critiche che giungono al film da sinistra.

R.F.: Berlusconi direbbe che siete tutti comunisti!

(25 marzo 2011)

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