Solo debiti e nessuna solidarietà: all’Eurogruppo hanno vinto ancora i Falchi

Guido Salerno Aletta

, da Teleborsa
Ci siamo fatti prendere in giro: ci sono solo debiti, impegni, e nessuna solidarietà.

Solo noi ci siamo accontentati: di "chiacchiere e tabacchiere di legno", tutta roba inutile.

E’ sempre la stessa l’Europa: è quella dei Banchieri, quella dei Mercati e dei Soldi. Gli aiuti arriveranno da parte dell’ESM, della BEI e della stessa Ue: ma, per gli Stati e per le aziende che li riceveranno, si tratta solo di altri debiti. Ed è come ai tempi del vecchio Banco di Napoli, che pure era una istituzione attenta ai bisogni della povera gente.

Non si muoveva a compassione, il Banco, perché i soldi sono soldi: chiedeva sempre impegni precisi e solide garanzie. Non si fidava: "Chiacchiere e tabacchiere di legno, il Banco di Napoli non prende in pegno". Le tabacchiere, se del caso, dovevano essere d’argento. E neppure accettava cianfrusaglie: braccialetti, collanine ed anelli, ma solo se fatti d’oro.

Ed i debiti si pagano tutti, senza eccezioni.

Agli Stati che hanno chiesto solidarietà, che hanno già elevati debiti pubblici e che per questo motivo temono di esporsi con nuovi colossali deficit alle ire dei Mercati, arrivano solo pacche sulle spalle: "Passerà, così come è arrivata, questa Epidemia!"

Questo è il messaggio: non fatevi illusioni. Non crediate di poter usare questa crisi economica e sociale per smantellare la gabbia europea che è stata costruita con tanta cura.

Vediamoli, uno per uno, questi presunti "aiuti", che sono descritti nel Report on the comprehensive economic policy response to the COVID-19 pandemic, approvato dal Consiglio Europeo dei Ministri delle Finanze.

Ci sono solo nuovi debiti, da ripagare:

1. la "flessibilità di bilancio", che viene concessa con una sospensione generalizzata dei vincoli posti dal Fiscal Compact, non è altro che la facoltà di aumentare il deficit pubblico;

2. il "temporary State-aid Framework", che consente di fornire aiuti alle imprese in difficoltà, anche con garanzie sui finanziamenti bancari, comporta impegni finanziari nuovi da parte degli Stati. Arrivano denari freschi a qualche settore, e le Banche vengono parzialmente messe al coperto dai rischi di mancata restituzione dei prestiti;

3. la "riduzione dei vincoli nell’uso dei Fondi Europei", eliminando soprattutto l’obbligo del cofinanziamento con ulteriori risorse nazionali, lascia agli Stati la possibilità di spendere più facilmente queste risorse. Ma sono soldi nostri! Per l’Italia, infatti, che è contributore netto al bilancio comunitario, questi fondi europei non sono altro che una parte di quanto versa all’Unione europea. L’Italia potrà usare con maggiore libertà solo una parte delle risorse fiscali che versa alla Unione e che questa ci attribuisce come "Fondi europei";

4. l’"Emergency Support" da parte della Unione, finalizzato ad aiutare gli Stati per le spese mediche indispensabili al fine di contrastare l’epidemia di coronavirus, vale nel complesso 2,7 miliardi di euro. E’ questo frutto della rimodulazione delle spese a carico del bilancio dell’Unione europea, che nel 2020 vale circa 150 miliardi. Sono soldi nostri che tornano indietro: nessun regalo;

5. il rafforzamento della Banca Europea degli Investimenti (BEI), che eroga prestiti a favore delle imprese raccogliendo capitali sul mercato finanziario, prevede interventi ulteriori per 200 miliardi di euro, con la focalizzazione dei nuovi finanziamenti a favore delle PMI. Il fatto è che per raccogliere questa somma, attraverso obbligazioni emesse a leva dalla Be, si deve preliminarmente costituire un "Pan European guarantee Fund". In pratica, visto che l’attuale capitale della BEI, versato dai singoli Stati europei, non è sufficiente a garantire i mercati per nuove emissioni, con la stravagante denominazione di Fondo di Garanzia si sottende un impegno degli Stati membri a farsi carico di queste risorse iniziali. Non con versamenti, ma con la garanzia di onorare questo impegno. In pratica, sono altri debiti;

6. la cintura di sicurezza del MES consiste nel diritto, stabilito senza condizioni per tutti gli Stati dell’Eurozona, ad accedere ad aiuti finalizzati esclusivamente alla copertura delle spese sanitarie per il contrasto dell’epidemia.

L’aiuto altro non è che un nuovo debito dello Stato aderente al MES, che va restituito. Questo finanziamento, che si ottiene attivando lo strumento denominato ECCL (Enhanced Conditions Credit Line), è pari al 2% del Pil che ciascun Paese aveva alla fine del 2019: per l’Italia, si dovrebbe aggirare attorno ai 33 miliardi di euro.

Il fatto è che l’Italia ha già versato oltre 13 miliardi al capitale del MES, ed ha contribuito con oltre 45 miliardi di euro ai diversi meccanismi di salvataggio. Naturalmente, per versare queste somme, l’Italia si è già dovuta indebitare sul mercato, emettendo titoli di Stato su cui paga interessi.

Si arriva così all’assurdo: chiedendo l’aiuto al MES, pagheremmo due volte gli interessi sulle medesime somme. Una prima volta li paghiamo perché le abbiamo prese a prestito sul mercato per finanziare le Istituzioni di Stabilizzazione Europea: una seconda volta le pagheremmo al MES se chiedessimo di attivare l’ECCL.

Beffa tra le beffe, il MES non è altro che è il cavallo di Troia per far arrivare la TROIKA.

Non solo il MES ci ridarebbe i nostri solidi facendoci pagare doppi interessi, ma si prevede che, al termine dell’emergenza, gli Stati membri che hanno chiesto i finanziamenti rimarrebbero impegnati (nel testo del documento si legge "would remain committed") a rafforzare i loro fondamentali economici e finanziari rendendoli coerenti con quanto previsto dalla regolamentazione europea ed alla connessa sorveglianza. Più Troika di così?

7. il Programma SURE, che servirebbe a finanziare una sorta di Cassa integrazione guadagni europea, è un’altra tagliola. E’ scritto chiaramente che non solo sono aiuti sotto forma di debiti, da restituire ("financial assistance during the time of the crisis, in the form of loans granted on favourable terms from Ue to Member States"), ma che sono basati su garanzie che gli Stati membri dovranno garantire al bilancio europeo ("on guarantees provided by Member States to the EU budget");

8. nessun aiuto neppure con il Recovery Fund: non solo la sua istituzione viene rimandata a data da destinarsi, ma comunque non servirebbe per fronteggiare le spese enormi che derivano dall’emergenza, quelle che dovevano essere finanziate con i "coronabond", ma per la futura ripresa.


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Eccole qui, le "chiacchiere e tabacchiere di legno" di cui ci siamo accontentati.

Il Fondo, se mai vedrà la luce, sarà temporaneo, finalizzato e commisurato ai costi straordinari della crisi in corso.

Dovrà innanzitutto stabilire le corrette priorità, al fine di consentire agli Stati di affrontare in modo efficace le conseguenze della crisi, per supportare la ripresa economica e per assicurare che la coesione all’interno della Unione venga mantenuta attraverso la solidarietà, la correttezza e la responsabilità.

Se ne dovranno analizzare gli aspetti legali e pratici, le relazioni con il bilancio della Unione, le fonti di finanziamento anche sulla base di strumenti finanziari innovativi.

Va ricordato, infine, che il Testo Unico sul Funzionamento della Unione Europea, all’art. 310, stabilisce inderogabilmente che: "Nel bilancio, entrate e spese devono risultare in pareggio".

Chi si illude che la Unione si indebiterà per aiutare gli Stati, si illude.
 

(11 aprile 2020)





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