SPECIALE VENEZIA 68 – Freud, Jung e Cronenberg
Barbara Sorrentini
VENEZIA 68 – La disputa tra Sigmund Freud e Carl Gustav Jung alla vigilia della prima Guerra Mondiale. La scienza, il cervello, l’inconscio, le pulsioni sessuali e quelle di morte. E una donna isterica che suggerisce una linea di demarcazione tra le diverse teorie. A Dangerous Method di David Cronenberg racconta una pagina importante degli studi di Freud sulla psicoanalisi, ripresi in parte da Jung prima di abbandonarli per intraprendere una strada più mistica e meno razionale. Responsabile l’amore e la forte attrazione per una donna, malata d’isteria e paziente scomoda di Jung. Sabina Spielrein, ebrea come Freud, umiliata dal padre durante l’infanzia e con una patologia da curare attraverso la “terapia delle parole”.
Jung è affascinato da questo caso e la Spielrein, anche lei medico con un futuro da psichiatra, seduce e si lascia sedurre dal suo medico, in un transfert a doppio senso.
Un film algido e animale, cervellotico e primordiale che contrappone, anche visivamente, la razionalità scientifica e la passione più dissennata. Acqua, giardini, porcellane, stoffe bianche in quantità e pennini, inchiostro, carta da lettera vergata di continuo, libri, sigari, carrozze e strumenti medici. Per inquadrare la particolarità del contesto in cui è ambientata la vicenda, David Cronenberg ricorda il momento storico in cui sono affiorate le prime teorie psicoanalitiche: “Freud viveva a Vienna sotto l’impero austroungarico e c’era già un atteggiamento di forte antisemitismo. La società era basata sull’ordine e si riteneva che il progresso stesse correndo avanti, che gli esseri umani si stessero trasformando da animali in angeli e che la chiave per risolvere tutti i problemi fosse a portata di mano”. Freud con le sue teorie smentiva questa visione apparentemente idilliaca dimostrando che sotto a questa patina esistevano delle forze distruttive per la civiltà.
“Quella di Freud -continua Cronenberg- è stata una rivoluzione nel modo di pensare dell’Europa di quegli anni. Mentre Jung, lo vedo più come un leader religioso, anche se infedele alla moglie, e lo dimostrano anche i filmati che lo ritraggono da anziano.” Di fronte all’ammirazione nei confronti di Freud, Cronenberg contesta la psicoanalisi come terapia a lungo termine: “Freud non avrebbe mai concepito una terapia trentennale come quella di Woody Allen. La psicoanalisi serviva per curare e in poco tempo. Le sedute costano troppo e si ricorre troppo facilmente agli psicofarmaci”. Non a caso Sabina Spielrein, grazie all’aiuto di Freud, guarisce dai suoi eccessi d’isteria, ma non riesce a trovare una cura immediata per il dolore provocato dalla amore impossibile per Jung.
“Sabina introduce la teoria della distruzione come forza creativa, che associa la pulsione sessuale a quella di morte. E’ lei la scienziata che trova la svolta, analizzando se stessa e il suo vissuto. Un po’ come lo scienziato del mio film La Mosca, che sperimenta su di sé la trasformazione da uomo a insetto. La sua scoperta innovativa non può che essere sostenuta da Freud, che le affiderà alcuni pazienti da curare”. Il motore di A Dangerous Method è, come per Clooney e Polanski, una pièce teatrale: La terapia delle parole di Christopher Hampton, incentrata su questo “menage à trois intellettuale” che coinvolgeva Freud (Viggo Mortensen), Jung (Michael Fassbender) e la Spielrein (Keira Knightley). Il nucleo centrale del film è Sabina Spielrein, che crea la situazione per un’inaspettata evoluzione della psicoanalisi: sia per il passaggio da malata a psicoanalista, mettendo in crisi Jung nei suoi studi, che per l’apporto offerto a Freud con la teoria della pulsione di morte.
(2 settembre 2011)
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