SPECIALE VENEZIA 68 – I panni sporchi della borghesia
Barbara Sorrentini
VENEZIA 68 – Si era già divertito Buñuel a far vedere i lati nascosti e volgari della borghesia. Ed è probabile che la drammaturga Yasmina Reza, qui e là, abbia pensato a lui mentre scriveva il suo testo teatrale Il Dio della carneficina, partorito nel 2006 e in pochi anni diventato un classico del palcoscenico. Rispetto alle pagine originali, ambientate a Parigi, Roman Polanski in Carnage sposta l’azione a New York. Poco cambia, perché vizi e virtù di una classe sociale benestante e illuminata, facile preda ad ondate emotive incontrollabili, si assomiglia in ogni luogo. Il cambiamento più importante è però quello del finale, che da negativo e pessimista come quello firmato dalla Reza, nelle mani del regista di Il Pianista diventa un po’ più speranzoso e rivolto alle nuove generazioni che dovranno cambiare, prima le abitudini, e poi il mondo.
Quattro adulti in una stanza, due coppie di genitori: Kate Winslet e Cristoph Waltz, Jodie Foster e John C.Reilly, gli attori. Una scrittrice di saggi legati ai popoli dell’Africa, intellettuale ed eccessivamente politically correct, con un marito che vende maniglie e sciacquoni; un avvocato impegnato nella difesa di una casa farmaceutica che ha messo in giro un farmaco dagli effetti collaterali devastanti, sposato con una broker. I loro figli undicenni si sono picchiati al parco, o meglio uno dei due ragazzini si è preso una bastonata dall’altro, conseguenza la caduta di due denti e un segno sul volto.
I quattro adulti si ritrovano nel salotto della famiglia della vittima per risolvere civilmente la questione e organizzare un incontro pacificatore con i figli. Tutto qui. E però tra le quattro pareti succede di tutto, in un pomeriggio che comincia con diffidenza, per poi lasciare spazio a una forzata cordialità con torta, caffè e scambio di confidenze, passando per frecciatine e insulti camuffati, fino ad una sbronza collettiva in cui niente resta soffocato. Il tentativo di conciliazione tra questi quattro elementi è destinato a prendere pieghe inaspettate, o forse talmente ovvie, da sortire comunque l’effetto opposto. Una commedia per modo di dire, con dialoghi che strappano la risata e che poi raggelano. Si pensa a Woody Allen e ai suoi borghesi di Manhattan e a quanto è abile Roman Polanski a creare il mondo in una stanza.
(1 settembre 2011)
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