Testamento biologico: 250 giuristi e le loro farneticazioni

Carlo Troilo



250 giuristi  del Centro Studi Livatino hanno pubblicato una dichiarazione relativa alla legge sul testamento biologico in discussione alla Camera contestandola ferocemente. 250 è un numero che può fare impressione solo a chi non  sa  che in Italia ci sono – oltre  ai magistrati e ai notai – circa 250mila avvocati.

Il Centro Studi è intestato a Rosario Livatino, il giudice ucciso dalla mafia nel settembre del 1990 a soli 38 anni (da qui il titolo del bel film del 1994 di Alessandro Di Robilant “Il giudice ragazzino”).

Livatino era un cattolico militante, e anche per questo è stato avviato per lui un processo di beatificazione.
Ma era anche un giudice ed un uomo di cultura, per cui penso che  inorridirebbe se potesse  leggere la dichiarazione del Centro che ha preso il suo nome.

Fino ad oggi sapevo poco di questo centro, ma ho visto sul web che fra i loro personaggi principali ci sono Massimo Gandolfini (presidente del Family Day e per anni dirigente di “Scienza e Vita”) e Alfredo Mantovano (magistrato, esponente di spicco di “Alleanza Cattolica”). “E ho detto tutto”, per citare  De Filippo in “Totò, Peppino e la malafemmina”.
 
La tesi di fondo del documento è che la legge in questione si intitola alle DAT (o testamento biologico) ma in realtà è una legge sulla eutanasia. Il fatto che l’Associazione Coscioni e gli altri promotori della pdl di iniziativa popolare depositata nel settembre del 2013 abbiano rinunciato – a malincuore ma per realismo – a  discutere di eutanasia e che il Parlamento (accantonando questo tema) si stia dedicando solo alla legge sulle DAT per loro non è evidentemente rilevante. Non è neanche un fatto. Combattono lo stesso contro un tema, l’eutanasia, di cui purtroppo non si discuterà, ammesso che ci si arrivi, prima della prossima Legislatura. 

Fra le accuse principali:

–    Con la legge scompaiono: 1)  il diritto alla vita (un richiamo  del tutto superfluo, di cui non si capirebbe la ragione e che, posto  in apertura di una legge sulle DAT, tenderebbe a negarne in partenza l’efficacia); 2) il divieto di ogni forma di eutanasia (vedi quanto sopra); 3) il divieto di omicidio del consenziente e dell’aiuto  al suicidio. Come se la legge in discussione abrogasse o mettesse in qualche modo in discussione gli articoli 579 e 580 del codice penale che – essendo stato varato nel 1930, all’inizio degli “anni del consenso”per Mussolini e solo un anno dopo la firma del Concordato – si può ben definire clerico/fascista visto che per questi reati prevede pene degne dei mafiosi che uccisero Livatino e tanti suoi colleghi. Ne sanno qualcosa Mario Riccio, che aiutò Welby a morire senza sofferenze, e Marco Cappato, che con i suoi viaggi della pietà in Svizzera rischia le stesse, pesantissime pene.

–    Definire “terapie” la nutrizione e l’idratazione artificiali (e quindi consentire ai malati di rifiutarle in forza dell’articolo 32 della Costituzione) vuol dire far divenire causa “di una condanna a morte” quella che è “una forma – anche temporanea – di disabilità”. Parlare di “disabilità” nei casi estremi in cui la legge prevede la validità delle DAT sembra uno scherzo. Quanto alla formula “anche temporanea” – suggerisco ai 250 giuristi di ricordare i 17 anni di inutile agonia di Eluana Englaro.

–    E’ assurdo che i medici siano vincolati da DAT scritte magari molti anni prima e “in contesti diversi”.  Qui i 250 giuristi ci chiedono la “probatio diabolica”: dimostrare che il malato non più in grado di esprimere la sua volontà – se potesse – “forse” cambierebbe le indicazioni delle sue DAT. Con questa logica, il figlio  insoddisfatto della parte di eredità toccatagli potrebbe dire: “Forse se papà fosse ancora in grado di farlo, cambierebbe il suo testamento”. Mi auguro che almeno 250 notai  prendano posizione su questo arzigogolo paragiuridico.

Per una coincidenza sfortunata (per i 250 giuristi) proprio nel giorno in cui la loro dichiarazione tenta di frenare l’introduzione in Italia di un nuovo diritto – che esiste da decenni negli USA e da molti anni in tutti i paesi europei, eccetto Italia e Irlanda – esce con evidenza sui giornali l’ennesima condanna del Comitato diritti umani dell’ONU al nostro paese per la difficoltà di abortire a causa dei troppi ginecologi obiettori. Inoltre, l’ONU riprende l’Italia per i comportamenti verso gli immigrati irregolari (detenzione e mancato rimpatrio) e per il fatto di non concedere l’adozione alle coppie gay. E fortuna che all’ONU non hanno letto il dotto parere dell’Istituto Livatino.

Ed esce anche una notizia curiosa e tenera: in Giappone le coppie di omosessuali avranno il diritto, quando verrà il momento, di essere seppellite nella stessa tomba. Attendo il commento dei 250 giuristi.

(29 marzo 2017)



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