“Testimoniare il Vangelo”. Lettera di don Franco Barbero al cardinal Martini
Caro Cardinale Martini,
ho sempre avuto grande stima di Lei, ma qualche cosa è successo da quando Lei è andato in pensione da arcivescovo di Milano.
La sua onestà e competenza sono sempre state fuori discussione come la sua interiorità. Ma da pochi anni il vento della profezia ha inondato il suo cuore ed è fiorito nelle sue parole in maniera straordinariamente libero ed efficace.
Le sue meditazioni della scorsa settimana ai preti convenuti per un corso di esercizi spirituali lasceranno una traccia in quei preti, ma gettano un fascio di luce a chi oggi nella chiesa è profondamente deluso da una dirigenza chiusa, gretta, paurosa.
Lei ha impartito una lezione durissima a preti, vescovi, cardinali e papa. Lo ha fatto con mitezza, chiarezza ed audacia. Grazie, cardinale Martini: questo si chiama profezia.
Grazie ancora.
Con occhio penetrante ha guardato i "vizi capitali" che sono ben presenti in noi preti a tutti i livelli: "Tutti questi peccati, nessuno escluso, sono stati commessi nella storia del mondo, ma non solo. Sono stati commessi anche nella storia della Chiesa. Da laici, ma anche da preti, da suore, da religiosi, da cardinali, da vescovi e anche da papi. Tutti."
E poi è passato ad esaminare "le cupidigie, le malvagità, gli adulteri". Ha ammonito: "Quante bramosie segrete sono dentro di noi. Vogliamo vedere, sapere, intuire, penetrare. Questo contamina il cuore. E poi c’è l’inganno, che per me è anche fingere una religiosità che non c’è. Fare le cose come se si fosse perfettamente osservanti, ma senza interiorità".
L’arcivescovo emerito di Milano ha parlato poi dell’invidia, "il vizio clericale per eccellenza: ci fa dire "Perchè un altro ha avuto quel che spettava a me?". Ci sono persone logorate dall’invidia che dicono "Che cosa ho fatto di male perchè il tale fosse nominato vescovo e io no?" ".
E ancora: "Devo dirvi anche della calunnia: beate quelle diocesi dove non esistono lettere anonime. Quando io ero arcivescovo davo mandato di distruggerle. Ma ci sono intere diocesi rovinate dalle lettere anonime, magari scritte a Roma … ".
"E potrei aggiungere che grande è la vanità della Chiesa. Grande! Si mostra negli abiti. Un tempo i cardinali avevano sei metri di coda di seta. Ma continuamente la Chiesa si spoglia e si riveste di ornamenti inutili. Ha questa tendenza alla vanteria".
"Anche nella Curia romana ciascuno vuole essere di più. Ne viene una certa inconscia censura nelle parole. Certe cose non si dicono perchè si sa che bloccano la carriera. Questo è un male gravissimo della Chiesa, soprattutto in quella ordinata secondo gerarchie perchè ci impedisce di dire la verità. Si cerca di dire ciò che piace ai superiori, si cerca di agire secondo quello che si immagina sia il loro desiderio, facendo così un grande disservizio al Papa stesso".
Un quadro fosco, che il grande biblista, dettaglia, come può solo chi conosce dall’interno i meccanismi di potere della Chiesa: "Purtroppo ci sono preti che si pongono punto di diventare vescovi e ci riescono. Ci sono vescovi che non parlano perchè sanno che non saranno promossi a sede maggiore. Alcuni che non parlano per non bloccare la propria candidatura al cardinalato. Dobbiamo chiedere a Dio il dono della libertà. Siamo richiamati a essere trasparenti, a dire la verità. Ci vuole grande grazia. Ma chi ne esce è libero".
Dopo la sceneggiata vaticana di Ratzinger, Berlusconi e codazzi vari queste parole indicano la direzione in cui vivere per testimoniare il vangelo con umiltà e onestà.
(10 giugno 2008)
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