“The Handmaid’s Tale”, se gli Stati Uniti diventano una teocrazia

Mario Sesti



Uno dei cartelli che si poteva leggere nella manifestazione di protesta delle donne all’insediamento di Trump era: “Fate che il libro della Atwood rimanga un’opera di finzione”. Questo può aiutare a capire per quale ragione la serie tratta dal suo libro, The Handmaid’ s Tale, su Hulu, un servizio di video on demand on line disponibile negli Usa e in Giappone, che ha messo in onda i primi tre episodi (su 10) il 27 aprile abbia avuto un sensibile successo al punto di far avvertire le sue onde gravitazionali anche da noi.

Chi scrive ha sentito domandarsi da ben tre fonti, in poche ore (mio figlio, un collega, la redazione di Micromega), il fatidico: “L’hai visto?”. Nessuno delle persone coinvolte vive negli States o a Kyoto.
Se qualcuno avesse dei dubbi quanto al fatto che le serie sono la dimostrazione più flagrante della esistenza planetaria di una globalizzazione mediatica, eccovi serviti.

L’ ho visto, e anche se da noi il libro della Atwood non ha la stessa notorietà (nel mondo anglosassone è considerato un classico che si affronta spesso a scuola), basta poco per capire che la sua visione distopica (un’utopia negativa) ha un fascino sinistro, irresistibile quanto minaccioso: al posto degli Stati Uniti, dopo un colpo di stato favorito da leggi speciali contro il terrorismo, c’ è un regime teocratico ferocemente patriarcale che riduce le donne a “uteri con le gambe”.

L’intera società è governata come una tirannide da una oligarchia religioso-militare che priva le donne di qualsiasi diritto e costringe le meno tutelate (le ancelle: le Handmaid del titolo) a schiave sottomesse a Comandanti che una volta al mese (la Cerimonia) tentano di ingravidarle mentre le loro mogli, sterili, le tengono per i polsi.

In questo futuro prossimo, da incubo, l’infertilità è rotta solo da nascite sporadiche. Le ancelle, le più sottomesse, sono anche le uniche che possono garantire ciò che qualsiasi potere deve innanzitutto assicurarsi: la sopravvivenza.

Raccontata dal punto di vista di una di loro, trapassata da una vita libera e intraprendente nella vecchia società alla sottomissione e repressione in ginocchio di una coppia di maggiorenti nella cui casa è prigioniera, catturata dopo una fuga iniziale alla fine della quale il marito viene ucciso e una figlia sequestrata, la serie fornisce alla fantasia negativa del romanzo originale (che la Atwood, in un ottimo ritratto recente del “New Yorker”, insiste nell’ iscrivere al genere della “fiction speculativa” piuttosto che alla fantascienza) un set di livida e patrizia austerità, disseminata di vigilantes armati (gli Occhi), corpi appesi come ai crocevia dell’Isis, linguaggio fondamentalista e ritualità punitiva e sanguinaria (nessuna sevizia o repressione di The Handmaid’ s Tale, può dire di non essere documentabile nella Storia: la Atwood è una seria studiosa del puritanesimo – al cui mondo sono ispirati i costumi delle ancelle): il tutto portato avanti da uno storytelling (il diario della vita della protagonista) fibrillante di insidie, sbocchi drammatici e colpi di scena.

Nei molti commenti positivi, facile trovare la sottolineatura più facile: un incubo così retrivo e fallocratico non poteva trovare migliore ospitalità che nell’era Trump. Tuttavia, in un mondo del genere, Trump, “divorzista seriale”, sarebbe finito subito ai ceppi.

Più interessante allargare al massimo la prospettiva: la forza romanzesca, notevole, che la serie conserva rispetto all’originale sta proprio nell’ immaginare nei dettagli una società che sia capace di realizzare e mettere in pratica quella pulsione misogina che buona parte delle società occidentali, e non, in diversa misura, hanno messo in atto. La “soluzione finale” del patriarcato, raccontata fino alle sue estreme conseguenze.

I principali responsabili sono: il creatore e produttore Bruce Miller (che ha alle spalle più di 20 episodi di ER), ma anche la produttrice e interprete protagonista Elizabeth Moss, ovvero l’attrice superba rivelatasi nella parte della creativa pubblicitaria che lotta in un mondo di maschi in Mad Men (ma anche l’investigatrice coriacea di Top of The Lake della Campion, i cui nuovi episodi vengono presentati quest’anno a Cannes). Difficile immaginare qualcuno di più giusto per progettare la ribellione in questo mondo di maschilismo assoluto e totalitario.

(8 maggio 2017)



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