Tra indignazione e rassegnazione, il mio grido di ventenne nella crisi italiana
Cara Italia,
Sono una giovane ragazza che tra poco meno di due settimane compierà vent’anni, saluterà l’adolescenza e farà un ulteriore passo verso il mondo degli adulti, fatto di responsabilità, sacrificio e lavoro: non nascondo la paura di tutto ciò. Perché dovrei avere timore? In fondo sono al primo anno di università, ho ancora tempo, devo concludere la triennale, affrontare poi la specialistica, insomma ho i prossimi cinque anni più o meno segnati. Quando però questa apparente sicurezza cesserà, sarò in grado di affrontare la situazione di instabilità che questo Paese offre?
Da mesi rieccheggiano in tivù, sui giornali, sulla bocca della gente, le medesime parole: fiducia, sacrificio, credibilità, crisi. Tutto ciò rimbomba anche nella mia mente. Il mio percorso di studi e la mia ignoranza non sempre mi hanno fatto capire di cosa si stesse realmente parlando e quando è stata presentata la cosiddetta "manovra salva-Italia", per esempio, confesso che ho avuto non poche difficoltà a comprendere, ma grazie alla curiosità e alla voglia di conoscere che caratterizza ancora quest’età, ho deciso di andare più a fondo alla questione.
Così ho preso coscienza dell’aumento dell’Iva, che grava non su tutti i cittadini, la modifica al sistema previdenziale, che ancora una volta non grava su tutti gli italiani, la reintroduzione dell’Ici, una tassa sul lusso poi purtroppo e ridicolamente ridimensionata, come ridicola è stata la difesa delle lobby farmaceutiche & co da parte dei politici. I momenti in cui leggevo le notizie sui giornali e su internet, la presa di coscienza di tutto e la conseguente disperazione crescevano dentro me.
Oggi mi sono convinta a compiere questo grido di dolore, paura e angoscia che non affligge solo me, che non è stato spazzato via dalle luci e dalle consuetudini natalizie, ma vive e cresce nel nostro Paese, nella gente comune che, come me, non sempre può avere voce in capitolo.
Questa "impotenza" generata da imposizioni mi sta logorando, così non mi resta altro che urlare e a gran voce sputare fuori tutto quello che ho dentro per poter continuare a vivere, ma vivere realmente, non semplicemente esistere.
Dalla seconda metà del secolo scorso la società postmoderna ci ha scaraventato in un vortice di insicurezze e contraddizioni, viviamo in un mondo di razionalità debole, di relativismo, di profondi valori e disvalori.
Da un momento all’altro rischiamo di cadere nel buio dell’ignoranza, nell’oblio di principi che stanno alla base dell’esistenza dell’uomo e tutto questo causa la nostra crisi, che non può essere definita meramente economica, sebbene dalla prima rivoluzione industriale in poi sia stata l’economia a decidere le sorti della politica, è così che questo materialismo ha pian pian invaso ogni cosa, ogni ideale, ogni sogno rendendo questo mondo sempre più competitivo e individualista, rendendolo corrotto.
Non sono una persona che critica senza vedere o conoscere e così ho aspettato anche a criticare questo nuovo governo di tecnici, nel quale ho ancora fiducia nonostante i forti dubbi sulla manovra fatta. Il presidente del Consiglio Mario Monti ha affermato pubblicamente di aver preso scelte che nessun altro partito politico avrebbe mai potuto prendere, in quanto il suo governo non dovrà affrontare le elezioni a differenza dei partiti e quindi di fatto non teme un confronto con l’opinione pubblica.
Mi domando, tuttavia, ingenuamente se a seguito delle decisioni prese riguardanti il risanamento dell’economia, che sono andate a pesare violentemente nelle tasche degli italiani, non ci sia spazio per provvedimenti sull’abolizione di privilegi, vitalizi e beni vari riservati solo ed esclusivamente alla casta.
La nostra Costituzione all’articolo 3 afferma le pari dignità sociali dei cittadini e la loro uguaglianza di fronte alla legge; io figlia di un operaio che quest’anno ha dato il massimo nel suo lavoro, con straordinari la domenica mattina e non solo, ho visto la sua rabbia di fronte a provvedimenti presi che non gli permettono di ricevere un premio extra per l’impegno dimostrato, ma allo stesso tempo ho visto leggi che premiano parlamentari a patto che questi si rechino sul loro posto di lavoro: ciò supera i limiti dell’assurdo.
Ancora, ho visto precari manifestare nella piazze delle città per rivendicare la dignità che in ambito lavorativo non possono raggiungere, ho visto ricercatori costretti ad andarsene dalla propria patria perché essa non offre loro opportunità, speranza di futuro ma solo disoccupazione o stipendi non adatti a garantire un minimo benessere sociale.
Mi chiedo se non sia evidente l’anticostituzionalità di questa casta, se l’Italia non stia vivendo in una situazione che globalmente va contro la sua Costituzione, il suo documento più supremo.
Il 12 dicembre del 1975 Eugenio Montale, vincitore del premio Nobel per la Letteratura, fece un’importante riflessione sulla società odierna e sulle possibilità di sopravvivenza dell’arte in questo tempo. Per quanto mi riguarda l’arte non è solo poesia, pittura, scultura, musica o architettura, l’arte è un mondo di ideali, Diritti Umani, valori che spingono all’integrazione, alla cooperazione e alla solidarietà; guardando questa società però, penso sia legittimo domandarsi se la riflessione di quel poeta sulla morte dell’arte non fosse più che mai opportuna.
Ogni giorno sento la pesantezza della rassegnazione che pian pian mi schiaccia e a soli vent’anni le mie forze si stanno indebolendo. Una leggera e fioca luce rimane, la luce emanata dai miei concittadini onesti, dal loro sacrificio e dalla loro tolleranza, dalla loro voglia di crederci ancora nonostante le continue delusioni. Li ringrazio per amare questo Paese, per essere pronti ad andare avanti, per non dimenticare la resistenza fatta un tempo per la nostra liberazione e quindi resistere ancora.
Questo clima di indignazione servirà a qualcosa: è la base per l’agire, per stringere i denti e credere. Il mondo ha affrontato lotte ben più tragiche, noi abbiamo la forza per affrontare questa?
Rebecca Lucchini
(18 gennaio 2011)
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