Tre incisori italiani: Andrea Lelario

Mariasole Garacci

Continua fino al 2 luglio, all’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, la mostra “Perentoria figura” con Patrizio Di Sciullo, Francesco Parisi e Andrea Lelario. E’ l’occasione per un interessante excursus nel panorama della grafica contemporanea in Italia: dopo aver raccontato la , il seguente intervento è dedicato a Lelario.

Andrea Lelario, nato a Roma nel 1965, è ordinario di Tecniche dell’Incisione e della Grafica presso l’Accademia di Belle Arti della capitale, dove negli anni della formazione è stato allievo di Giuseppe Gambino e Duilio Rossoni. Autore del mosaico della stazione della metropolitana di Numidio Quadrato, le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero. Nel 2003 partecipa alla XIV Quadriennale di Roma con Horos, grande incisione ad acquaforte e bulino esposta in questa mostra accanto a Dromos, di formato simile. Con quest’ultima nel 2014 partecipa, unico incisore, alla 54° Biennale di Venezia. Le sue stampe appartenenti alla serie dedicata alla cinquecentesca Villa Mondragone sulla Tuscolana, oggi una delle sedi dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, sono state donate al Presidente del Senato Pietro Grasso e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’inaugurazione degli anni accademici 2013/2014 e 2016/2017. Dal 2015 è tutor di Art/Lab – Linguaggi dell’arte grafica, un master congiunto tra l’Accademia di Belle Arti di Roma e l’Università di Tor Vergata suddiviso in attività teoriche (storia della grafica, didattica e museologia, economia e mercato della grafica d’arte) e insegnamenti pratici sulla tecnica dell’incisione, coadiuvati dalla moderna strumentazione della stamperia allestita nella sede di Villa Mondragone.

Dalle opere degli anni Ottanta e Novanta, legate ai luoghi della campagna romana tra l’Appia, il lago di Nemi, Genzano e Castel Gandolfo amati e frequentati da Lelario, alle più recenti Night and Day e Aurigae, ispirate dall’interesse per il pensiero di Carl Gustav Jung e in particolare per il Liber novus, l’opera di questo artista si dispiega come una narrazione introspettiva e personale o, se vogliamo, una sorta di diario dei movimenti di un’anima. Un’esplorazione psicologica in forma di immagini condotta attraverso una fitta trama di riferimenti letterari e filosofici. E’ lo svolgimento di quella sistematica evocazione di miti costituenti l’individuo, ma che attingono dall’inconscio collettivo, che lo psicoanalista svizzero definì “immaginazione attiva” e che non si esaurisce in un racconto autoreferenziale ma coinvolge, per la sua universale efficacia terapeutica, chiunque voglia seguirlo.

Come accade nei sogni notturni, in cui luoghi noti sono trasfigurati e disseminati di elementi simbolici rivelatori, la realtà dei luoghi visitati da Lelario nelle esplorazioni giovanili è trasformata, aggiunta di oggetti e comparse da interpretare; la loro dimensione amplificata, permeata di significativa intensità dalle modulazioni offerte dall’acquaforte, il bulino, la puntasecca. Ricorrono alcuni stilemi tratti da Giovan Battista Piranesi, in particolare nelle quinte più scure che aprono verso prospettive ottenute con il progressivo diradamento del segno inciso e con le diverse morsure dell’acido. Piranesiano è l’approccio mentale alla matrice, intesa nel suo limitato spessore fisico non come supporto bidimensionale a una ben organizzata soluzione grafica, ma come corpo da cui estrarre materia a diverse profondità. Da un incisore del secolo scorso come Luigi Bartolini viene, invece, l’intricata e vibrante trama segnica che raggiunge coinvolgenti effetti atmosferici, come nella melancolica Ciò che resta, del 1989, e ne Il dirupo, del 1993.

Prima di dischiudersi a una yeatsiana cosmologia poetica con Last quarter Moon del 2006, composizione bilanciata ed essenziale realizzata con la tecnica della maniera nera, le particolareggiate opere di Lelario rivelano il loro significato solo osservandole attentamente ed entrando in ciascuna di esse, proprio come ci si dispone ad ascoltare un racconto: in Le piagge… e qui dove un fiore diventa cenere del 1999-2000, intorno alla riva del lago di Nemi, capovolto rispetto alla realtà, si assiepa una folla di soldati, buffoni e sacerdoti che ricorda l’Entrata di Cristo a Bruxelles di Ensor; nel cielo intorno al Lago di Albano in La Via Sacra del 2003-2004, si proietta una cartografia del luogo, come una costellazione, invasa da una flotta di macchine volanti che torneranno in altri lavori.

Evidente, specie in opere come Horos e Dromos degli anni Duemila, è la stretta interazione tra testo e immagine, che si integrano o sostituiscono a vicenda. Ed ecco che nel contenuto simbolico di ciascun elemento figurativo, equivalente potenziato della parola scritta, troviamo un’altra sfumatura della “perentorietà” scelta come tema di questa mostra e che caratterizza il lavoro di Andrea Lelario: “Parlo per immagini… non posso esprimere in altro modo le parole che vengono dal profondo” (Carl Gustav Jung, Liber novus).

Perentoria figura

A cura di Rita Bernini e Gabriella Bocconi

Fino al 2 luglio 2017

Roma, Istituto centrale per la grafica – Museo dell’Istituto

Via della Stamperia, 6

Orario: da lunedì a sabato 10.00-19.00 (ultimo ingresso 18.30)

La mostra sarà aperta con lo stesso orario anche domenica 4 giugno e domenica 2 luglio

Ingresso gratuito

Sabato 20 maggio, durante la XIII edizione della Notte dei Musei nell’ambito della Festa dei Musei organizzata dal MiBACT, la mostra resterà aperta dalle 19 alle 22.

Alle 20.30 gli artisti Andrea Lelario e Francesco Parisi incontreranno il pubblico.

Per il programma dettagliato delle attività proposte dall’Istituto in occasione dell’apertura straordinaria, visitare il sito.

(19 maggio 2017)



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