Tre incisori italiani: Patrizio Di Sciullo

Mariasole Garacci

Continua fino al 2 luglio, all’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, la mostra “Perentoria figura” dedicata ai tre incisori Patrizio Di Sciullo, Francesco Parisi e Andrea Lelario. E’ l’occasione per un interessante excursus nel panorama della grafica contemporanea in Italia. Dopo aver raccontato e , l’ultimo intervento è dedicato a Di Sciullo.



Patrizio Di Sciullo è nato a Fallo, in Abruzzo, nel 1965. Allievo di Mario Scarpati, Giuseppe Gambino e Mauro Filipponi, si diploma nel 1988 presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, e subito dopo inizia a frequentare l’antica stamperia “Il Cedro”, a Trastevere, dove conosce il celebre stampatore Antonio Sannino. In questi anni entra in contatto con la Calcografia Nazionale: qui può conoscere molti artisti e le loro opere, tra cui Velly, Attardi e Vespignani; nel 1991 inizia una collaborazione con Gino De Dominicis, che proseguirà fino alla misteriosa scomparsa del pittore. Nello stesso periodo nasce una profonda amicizia e uno scambio artistico con lo scultore e incisore Edo Janich. Dal 1997 collabora con la Calcografia Nazionale restaurando due matrici di Salvator Rosa e offrendo dimostrazioni tecniche nell’ambito dei corsi di storia delle tecniche incisorie dell’istituto nel 1997, 1998 e 2003.

Tra il 1999 e il 2000, insieme all’incisore e scultore Giuseppe Greco e al pittore Riccardo Tommasi Ferroni, è chiamato a realizzare la grande pianta Forma Urbis Romae per il Giubileo del 2000, voluta e progettata dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e stampata da Sannino nei laboratori della Calcografia Nazionale. Si tratta di una grande commissione, erede delle storiche piante di Antonio Tempesta del 1593, di Giambattista Falda per il Giubileo del 1675, e della Mappa di Roma di Giambattista Nolli del 1747. Ciò che rende affascinante la tradizione della cartografia incisa è, in fondo, l’evidenza della città come un sistema complesso dagli infiniti collegamenti ipertestuali in continuo accrescimento nel corso del tempo, e questa mappa rende conto delle moderne addizioni della Roma che conosciamo: agli angoli della rappresentazione cartografica, citati tra i monumenti della Roma antica e quella dei papi, si possono infatti riconoscere il Palazzetto dello Sport di Vitellozzi e Nervi, la Tangenziale, lo Stadio Olimpico, il minareto della moschea di Portoghesi, la Vela di Calatrava, l’aeroporto di Fiumicino e altri luoghi entrati nel panorama romano.

La collaborazione tra Di Sciullo e la Biblioteca Apostolica Vaticana continua nel 2006 con ventiquattro incisioni dei ritratti dei cardinali bibliotecari, insieme al collega Giuseppe Greco che ne realizza altre ventiquattro, e nell’anno successivo con la pianta Civitas Vaticana, sempre con Greco e con il pittore Pierluigi Isola. All’attività artistica e professionale, Di Sciullo affianca l’insegnamento: dal 1996 lavora con l’Istituto Europeo del Design, e attualmente, dopo aver insegnato in diverse accademie italiane da Roma a Sassari, insegna Incisione e Grafica d’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Le incisioni e i disegni di Di Sciullo, uno tra i più talentuosi incisori contemporanei non soltanto italiani, sono stati esposti in numerose mostre personali e collettive.

Al di là delle importanti commissioni ufficiali qui ricordate, è nella produzione personale che si dispiega la meditativa e umbratile poetica di questo artista che si definisce “sanamente inquieto” e che riconosce nel fare artistico, nella lettura o, si potrebbe dire, nella scansione della trama materiale del mondo fisico un processo di accrescimento, di recupero, di salvezza e introspezione. Una capacità, questa, propria dell’incisione, che è ricostruzione fisica della visione e del soggetto attraverso millimetrici sistemi di segni scavati nella matrice, ma che nelle opere di Patrizio Di Sciullo arriva ad essere una riaggregazione cellulare degli oggetti da lui collezionati: “L’incisione costringe, almeno come la faccio io, a guardare più in profondità; è l’ossatura, l’architettura costitutiva, è un po’ come entrare nella struttura delle cose per viverle di più, capirle e ricordarle ancora. Il mio lavoro è costruito interamente da segni che formano e costruiscono. Il segno è ombra e luce, forma e sostanza, movimento e stasi, forza e delicatezza. Il segno è un po’ un’astrazione, c’è in natura ma si nasconde nella struttura più profonda degli elementi. La pelle, i vestiti, gli alberi, tutto è fatto di segni e di trama. L’incisione è cercare la trama e l’ordito delle cose del mondo, attraverso una scrittura”.

L’immaginario di Di Sciullo è popolato da riferimenti a Kafka, Dürer, Rembrandt, Leonardo, che si incontrano in tante sue visioni, come ad esempio in una serie di magnifiche incisioni del 1996-97 raffiguranti il corpo umano come una sindone, un uomo vitruviano o un soggetto sul tavolo anatomico del dottor Tulp: da L’uomo trasparente (bulino, acquaforte e maniera nera su rame, mm 400 x 1000) alle due incisioni Ombra e Notturno (bulino e acquaforte su rame, mm 400 x 1000), l’involucro della pelle progressivamente si dissolve rivelando il minuto e ramificato meccanismo di quello che è, essenzialmente, un dispositivo composto per trasformare la luce in pensiero, sogno e movimento, e viceversa; punto di incontro e irraggiamento di diverse forme di energia e di diverse dimensioni (Macchina per sognare, bulino e acquaforte su rame, mm 400 x 1000). In un mondo di similitudini foucaultiane, in cui gli esseri si somigliano, comunicano, si influenzano e si rispecchiano gli uni negli altri, la macchina per sognare umana è, del resto, in contiguità con gli insetti e la loro simmetria bilateria, con le farfalle e con le stelle di mare; con gli alberi che stendono i rami nel cielo notturno, abbracciano la luna e catturano le stelle nel loro intrico; con le creature marine che si muovono nel silenzio di fondali remoti dove banchi di luce si depositano come materia acquatica; con le conchiglie dalla geometria cosmica che soggiace a tutto e che richiama la spirale dell’acido desossiribonucleico.

Da qui l’interesse di questo artista per il mondo naturale e animale, raffigurato in tante sue incisioni. Un mondo osservato, collezionato e organizzato con spirito da Wunderkammer seicentesca, in cui compare talvolta un ricordo dadaista, se si pensa alla Boîte en-valise di Duchamp del 1941 (Otto insetti nella mia scatola, collage di incisioni, mm 295 x 295, 2005-12), o l’omaggio al Cornus marmoreus di Rembrandt del 1650. La struttura della conchiglia ha, poi, lo stesso andamento circolare che si ravvisa nelle onde propagate in un mare primordiale (Mare notturno e pesci, acquaforte e bulino su rame, mm 497 x 362, 2004-05) o con cui si rappresenta l’infinito (Infinito remoto, acquaforte su rame, mm 584 x 790, 2006-16). La stessa struttura, infine, che caratt
erizza una delle opere preferite da Di Sciullo, Aleph (acquaforte su zinco, mm 340×400, 2006), ispirata all’omonimo racconto di Jorge Luis Borges in cui è descritta una sfera piccolissima, ma di immenso fulgore, in cui la totalità dello spazio e del tempo e di ogni respiro e movimento nel cosmo si concentra e racchiude.

Perentoria figura

 

A cura di Rita Bernini e Gabriella Bocconi

 

Fino al 2 luglio 2017

 

Roma, Istituto centrale per la grafica – Museo dell’Istituto

 

Via della Stamperia, 6

 

Orario: da lunedì a sabato 10.00-19.00 (ultimo ingresso 18.30)

 

La mostra sarà aperta con lo stesso orario anche domenica 4 giugno e domenica 2 luglio

 

Ingresso gratuito

(21 giugno 2017)

 



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