Troppe croci sulle vette. Le montagne sono di tutti
Vorrei proporre una riflessione sul tema delle croci in vetta o madonne e capitelli vari.
Quello che io chiamo il concetto del “dio delle quote” fu teorizzato e reso tangibile da Leone XIII. Prima di lui, innumerevoli poeti e filosofi identificarono le vette come sede della spiritualità, di Dio, dei santi… salire era diventata pura ricerca spirituale: Olympus docet. Ma anche oggi so che non è cambiato molto, anzi…
Sullo scorcio del XIX secolo il nominato pontefice, animato da sacro ardore a seguito delle visioni di S. Maria Alacoque, promulgò la consacrazione del mondo al sacratissimo cuore di Gesù Cristo. Non contento, subito dopo, in preparazione dell’anno santo, chiese ed ottenne, come “grandioso omaggio a Dio”, l’edificazione di monumenti religiosi sulla cima di venti montagne del territorio italiano. Per chi fosse interessato all’elenco delle vette e alla storia del fatto, rimando a: wikipedia, monumenti al redentore.
Da quel momento le montagne conobbero un nuovo fermento: ogni cima ebbe la sua croce. Che dico? Ogni cima, ogni seconda cima, ogni anticima, ogni valle, ogni cengia, ogni parete, ogni colle, ogni caverna… e qui lascio ai geografi e ai mappatori sbizzarrirsi con la classificazione dei corrugamenti di madre terra da noi tanto amati. Il fenomeno ha raggiunto ai nostri tempi fasi parossistiche: le croci si contano a decine di migliaia, per non parlare dei capitelli, delle cappelline, delle edicole varie che ad ogni passo ci troviamo sul sentiero. Ultimamente ne ho saputa una nuova: in qualche caso la croce della vetta viene illuminata perché sia visibile anche di notte e si possa scorgere da lontano. Si tratta di una vera e propria invasione e comincia a dare fastidio a chi non è praticante, a chi è ateo, a chi è agnostico, a chi è senzadio, ma credo fermamente anche ai credenti equilibrati.
Nel pieno rispetto per il credo altrui, penso che i simboli religiosi dovrebbero inerire alla sfera privata e non alla pubblica, per il semplice motivo che la nostra Costituzione, lasciando ad ognuno libertà assoluta di culto, dichiara la laicità dello stato, termine che qui assume valenza di aconfessionalità. Non dovrebbero esserci dubbi al proposito: i simboli dovrebbero trovare la loro collocazione dentro agli edifici a ciò adibiti o nelle case dei fedeli o anche, ma molto discretamente, come ornamento della persona.
Le cime delle montagne sono di proprietà o nella disponibilità di comuni o demanio; è giusto che se ne appropri una sola categoria di cittadini, cioè i cattolici?
Siamo sicuri che ogni singolo caso di messa in posa di simboli o simulacri di questo genere sia in regola dal punto di vista dei permessi che dovrebbero essere richiesti agli uffici pubblici competenti?
Spesso le pose in opera di questi simboli o simulacri sono effettuate da privati volontari. Altre volte si son viste all’opera le truppe alpine, che hanno un costo per tutta la comunità. E’ giusto usarle per una sola categoria di persone, oltretutto per un compito che non è di competenza militare, né previsto dalla costituzione? Spesso le pose in opera sono state effettuate da elicotteri appartenenti a enti pubblici, civili e militari. Chi paga?
La facilità con cui vengono rilasciati i permessi (quando eventualmente richiesti) dalle autorità competenti e l’indulgenza con cui vengono visti i casi di inadempienza dai responsabili della proprietà pubblica (in ambedue i casi si potrebbe parlare di omissioni in atti d’ufficio), sarebbero concesse anche nel caso che il simbolo posizionato fosse un simbolo non cristiano, nel senso di altra religione, o un simbolo di ateismo?
Lucio Panozzo
(27 gennaio 2010)
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