Don Zauker, tutta l’ipocrisia cattolica in un fumetto

Giovanni Fancello

In ‘Don Zauker’, c’è sempre qualcosa che eccede (e supera) l’autocompiaciuta mancanza di rispetto nei confronti della crassa cialtroneria di certi prelati e della dabbenaggine dei parrocchiani che ne sono, in qualche modo, vittime: «Io dico solo la verità, anche quando dico le bugie», è il motto del sacerdote cattolico, finto esorcista, protagonista di una serie di albi del duo Pagani-Caluri, che mettono insieme rigorosa ricostruzione storica, grande capacità narrativa e altissima qualità del tratto grafico.



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Don Zauker

Se ci si limitasse a descrivere il Don Zauker dei Paguri come un sacerdote cattolico maschilista, spregiudicato nel servirsi dell’ignoranza altrui, ipocrita e venale, forse più d’uno si chiederebbe dove stia la novità del personaggio. Nato quindici anni fa sulle pagine del Vernacoliere – con cui gli autori Emiliano Pagani (sceneggiatura) e Daniele Caluri (disegni), i Paguri appunto, hanno collaborato a lungo –, questo finto esorcista è certamente la sboccata, lasciva rappresentazione, in forma di antieroe, dell’anticlericalismo che da sempre caratterizza certo umorismo fieramente labronico. Ma Don Zauker è in realtà anche molto, molto di più. Perché, sebbene questa denominazione d’origine possa suggerire qualcosa anche a chi non si sia mai imbattuto in uno degli episodi pubblicati sul mensile satirico livornese (poi raccolti in due albi), l’intento derisorio, la sfacciata irriverenza non sono mai il fine. O almeno non l’unico, e comunque non il più importante.

Se questo già appare chiaro negli episodi brevi o brevissimi (come quelli inseriti in una raccolta uscita nel 2015 col titolo Il Verbo), una capacità narrativa ben più esigente e controllata emerge tuttavia nelle storie più lunghe – quattro in tutto, ciascuna di quarantasei tavole: Santo subito, Habemus Papam, Inferno e Paradiso e Venga il mio Regno. Nella prima, elementi direi “classici” dell’ipocrisia cattolica – la contraddizione tra l’omiletica edificante dell’istituzione ecclesiastica e le private perversioni del sacerdote che se ne fa portavoce, il mercimonio della credulità popolare, le collusioni della Chiesa con la politica nella sua espressione più deteriore – vengono in qualche modo castigati dal protagonista, la cui mancanza di scrupoli non riesce ad apparire peggiore di quella dei suoi antagonisti. Nella seconda, invece, Don Zauker ha a che fare con un caso di possessione demoniaca che interessa niente meno che il vescovo di Roma, poi sostituito, ancora in vita (vi ricorda qualcosa?), da torbide manovre di palazzo.

Ma è in particolare nelle ultime due graphic novel, ciascuna delle quali è collocata in un contesto storico determinato e si richiama a fatti reali, che si produce un ulteriore salto di qualità. Inferno e Paradiso è tratto (come segnala un’avvertenza all’inizio del volume) dalla storia di Athanase Seromba, presbitero cattolico che a metà degli anni Novanta partecipò attivamente al massacro di alcune migliaia di uomini e donne di etnia Tutsi. Collocati tra Firenze e il Rwanda del genocidio, gli elementi della fabula sono congiunti in una logica che non perde mai la sua solidità narrativa e intreccia i sanguinosi episodi ambientati nel piccolo stato dell’Africa equatoriale a miserabili trame ordite in Italia (che coinvolgono un personaggio reale assai riconoscibile).

Nell’ultimo volume, Venga il mio regno, il contesto è offerto dalla guerra civile di El Salvador, che vide protagonisti contrapposti il comandante degli “squadroni della morte” Roberto d’Aubisson Arrieta e l’arcivescovo Óscar Romero, oppositore del regime che venne giustiziato mentre celebrava messa. La finezza della ricostruzione storica e la scansione delle scene fanno di questo albo probabilmente l’espressione più matura e consapevole della produzione del duo Caluri-Pagani.

Vi è insomma, in Don Zauker, qualcosa che sempre eccede (e supera) l’autocompiaciuta mancanza di rispetto nei confronti della crassa cialtroneria di certi prelati e della dabbenaggine dei parrocchiani che ne sono, in qualche modo, vittime. Egli, vestendo con una toga (rubata) il suo passato di ex militare mercenario e frequentatore di carceri, si mostra per quel che è, ma in quanto rivelatore di una natura in comune con ciò che si professa altro. «Io dico solo la verità, anche quando dico le bugie», afferma Don Zauker nell’episodio citato in epigrafe. La ricchezza, tanto in termini di riferimenti simbolici e complessità del personaggio, quanto di qualità del tratto grafico (davvero sbalorditiva), qualificano a buon diritto la produzione dei Paguri (che non si limita affatto a Don Zauker) come una delle migliori espressioni della Nona Arte in Italia.

(7 maggio 2018)



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