Un uomo libero

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di Daniela Hamaui, da L’espresso

Si è spento a Roma Carlo Caracciolo. Aveva 83 anni e nessuna voglia di andarsene. Amava la vita e l’abitava con naturalezza. Tra le persone che lo conoscevano, la parola più usata per descriverlo è "speciale". Poi seguono affascinante, anticonformista, ironico, libero. Ecco Caracciolo era un uomo libero, nei suoi pensieri, nelle sue passioni, nelle sue amicizie. Libero di decidere sempre, fino all’ultimo, cosa fare della sua vita.

L’ho conosciuto 15 anni fa quando il gruppo L’Espresso progettava di fare un settimanale femminile allegato a "Repubblica". Lo incontrai nel suo ufficio di Milano e per tutto il colloquio si dimostrò totalmente disinteressato agli aspetti pratici, ai dettagli. Amava i giornali e cercava nei giornalisti chi provasse la sua stessa passione. Era curioso, ma non mi chiese come avrei fatto il giornale ma solo se credevo in quel giornale, se ne sentivo la necessità. Se le mie idee sul mondo e sulla politica si avvicinavano alle sue. Solo dopo avrei capito fino in fondo perché.

Quando nel 2002 divenni direttore dell’ "Espresso" ormai lo conoscevo da diversi anni e sapevo cosa voleva dire avere un editore come lui. Il rispetto del lavoro del direttore era una sua convinzione talmente radicata che nemmeno nel momento di un passaggio così importante cercò mai di imporre il suo punto di vista.

Teneva all’ "Espresso" in maniera particolare. Era lì che aveva iniziato la sua carriera da editore, era la sua creatura. E l’aveva vista crescere in un’Italia dove i giornali di opposizione avevano uno spazio e una rilevanza ristretta. Lui aveva creduto prima di molti altri nell’idea che l’informazione potesse avere un ruolo civile, aiutare il Paese a cambiare e modernizzarsi. E "L’espresso" era stato in grado di fare questo e molto altro. Aveva inciso profondamente nella politica, nei costumi, nelle grandi battaglie per rendere l’Italia più laica e aperta alle novità.

Così "L’espresso" finì quasi per assomigliargli nell’impegno ma anche nell’ironia, nella libertà di giudizio e nella capacità di divertirsi con intelligenza. Era il suo giornale e per questo lo amava e lo rispettava. Il giorno in cui divenni direttore mi disse solo: "È una testata fantastica. Merita una nuova giovinezza". Un uomo e un editore indimenticabile.

(16 dicembre 2008)



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