Unioni civili, Marino ostaggio del Vaticano
Alessandro Gilioli
Il vicariato ordina, il consiglio comunale di Roma obbedisce. E al volo, pure: domenica il cardinale Agostino Vallini lancia l’anatema contro le unioni civili nella capitale, lunedì mattina i capigruppo decidono di rinviare la discussione in aula «a data da destinarsi» per dare spazio ad altre «priorità». Sui giornali di oggi ne trovate pochissima o nessuna traccia – incluse le pagine romane – ma quello che è accaduto rende perfettamente l’idea di una politica ancora inginocchiata ai voleri della Chiesa Cattolica. Pd compreso: solo Movimento 5 Stelle, Sel e Radicali si sono espressi contro il rinvio. La proposta di un registro delle unioni civili sul modello di quelli già esistenti in diverse altre città (tipo Milano e Torino) figurava – come noto – nel programma di Ignazio Marino. E il cardinal Vallini, nominato ‘vicario di Sua Santità’ ai tempi di Ratzinger ma poi confermato da Bergoglio, fin dall’inizio si è opposto: la considerava un affronto, nella “città cristiana” che ospita il Papa. Così con un editoriale pubblicato su Avvenire il 19 maggio 2013, cioè alla vigilia delle elezioni amministrative, il vicariato invitava a sostenere alle urne chi faceva propria «la priorità di aiutare la famiglia fondata sul matrimonio fra l’uomo e la donna, che rimane la prima e insostituibile cellula della società». E poi, se non si fosse capito: «Sono pertanto inutili provvedimenti come il riconoscimento delle coppie di fatto, soprattutto fra le persone dello stesso sesso, che rappresentano solo uno slogan elettorale per conquistare voti». Editoriale immediatamente rimbalzato, in piena campagna elettorale, sul sito di Alemanno. Perse le elezioni, gli ambienti ultrà cattolici hanno tenuto il punto mettendosi a muso duro contro i propositi della nuova giunta. E a ottobre scorso il vicariato ha diffuso una nota che etichettava la proposta di un registro per le coppie di fatto a Roma come un tentativo di «pressione sul legislatore» (il Parlamento nazionale) e «un atto di propaganda politica». Obiettivo dell’attacco, citato a chiare lettere anche nel testo, il neoeletto primo cittadino. Poco dopo però Marino ha rilanciato: «Personalmente sono favorevole anche al matrimonio gay e al loro diritto di adozione. Come sindaco non ho il potere di emanare una legge in questo senso, ma subito dopo l’approvazione del bilancio approveremo le unioni civili in Campidoglio». Immediata e durissima la controreplica del Vicariato: «Il registro delle unioni civili sarebbe solo una bandierina da collocare sulla sommità del burrone verso cui conducono scelte simili. Una finta priorità della politica cittadina da concedere come tributo elettorale, da anteporre a quelle reali. Colpisce peraltro una coincidenza amara: le esternazioni del sindaco sono arrivate poche ore dopo l’appello rivolto dal Papa per un sostegno alla famiglia, che chiede di essere apprezzata, valorizzata e tutelata. Parole calpestate in pochi attimi per pura propaganda». Mentre la battaglia mediatica tra sindaco e vicariato infuriava, la discussione sul registro delle unioni civili proseguiva nelle commissioni. Con un testo abbastanza breve in cui venivano unificate tre diverse proposte: quella scritta dal consigliere di Sel Imma Battaglia (da sempre in prima linea nelle battaglie della comunità Lgbt), quella dei Cinque Stelle e quella che i Radicali avevano portato come proposta di delibera di iniziativa popolare nella scorsa consiliatura (mai calendarizzata da Alemanno, in spregio allo statuto). Un raro caso di buon lavoro comune in vista di un obiettivo civile. Oltre a riconoscere le coppie di fatto, il testo proponeva di garantire loro alcuni diritti di competenza comunale: ad esempio in termini di assistenza sanitaria e di concorsi per assegnazione delle case. In commissione arrivava quindi il sì della maggioranza più il M5S. Approvato il 14 gennaio, il testo doveva passare alla discussione e al voto in aula, appunto, a iniziare da questa settimana. Ma, domenica 19 gennaio, ecco l’attacco su RomaSette, testata on line che è espressione diretta della diocesi capitolina: un violento editoriale nel quale il registro per le unioni civili viene bollato con parole come «assurdo», «grottesco», «hollywoodiano» e «discriminatorio verso le famiglie». La firma in calce al pezzo è quella di Angelo Zema, portavoce della diocesi e direttore del sito. Come dire, lo stesso vicario Vallini. Così il mattino dopo, quando in consiglio comunale i capigruppo si incontrano per definire i lavori settimanali, improvvisamente si scopre che ci sono «altre priorità», come l’anagrafe pubblica dei rifiuti e la chiusura dell’agenzia comunale delle tossicodipendenze. Alle proteste di Sel e M5S, il capogruppo piddino Francesco D’Ausilio risponde che si tratta di «inutili isterismi alla ricerca di una piccola visibilità». Esulta il Pdl, che annuncia una raccolta firme per dire no alle unioni civili. Le associazioni per i diritti dei gay si infuriano e il circolo Mario Mieli parla di un «potere di veto esercitato da Oltretevere». Scuote la testa Riccardo Magi, radicale eletto in consiglio con la Lista civica per Marino: «L’aria era quella del rinvio già da giorni. Sapevamo che nel Pd c’è chi non vuole le unioni civili e “ascolta” molto la voce del vicariato, diciamo». Sì, ma chi? «L’ala degli ex popolari e il presidente del consiglio comunale Mirko Coratti, soprattutto. Tanto più che hanno un grosso precedente dalla loro». Vale a dire? «Quello del 2007, quando Veltroni affossò una proposta di delibera simile subito dopo aver incontrato il cardinal Bertone. Ai tempi, Miriam Mafai ci scrisse un articolo molto amaro». A temere il bis di sette anni fa è anche la Battaglia, prima firmataria della proposta di delibera: «Già a quell’epoca, Coratti ebbe un ruolo chiave nel bloccare tutto: ora mi sembra di vivere un ‘deja vu’. Non si sono limitati a rinviare la discussione in aula: hanno anche usato quella formula, “a data da destinarsi”, che non lascia ben sperare. E non credo che sia proprio una casualità il fatto che sia arrivata il giorno dopo l’attacco del vicariato. Mi sento un po’ presa per i fondelli, ecco». Tace, finora, il sindaco Ignazio Marino. Che dopo sette mesi non proprio esaltanti al Campidoglio, avrebbe molto bisogno di far vedere che non è ostaggio dei vecchi poteri romani: a iniziare dal Vaticano. Se c’è, batta un colpo. (21 gennaio 2014)]] >
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