Valdesi, libertà di morire
Fabio Dalmasso
, da lettera43.it
Un vuoto normativo nel quale è facile perdersi. È questa la situazione italiana quando si parla di testamento biologico, quel documento che certifica la volontà anticipata sulle terapie sanitarie che si intende accettare nel caso in cui ci si ritrovi nell’incapacità di esprimere questo diritto.
A gennaio 2012, il Consiglio dell’Unione europea ha varato una risoluzione che invita gli Stati membri a rendere effettivo il diritto a lasciare le ultime volontà in tema di fine vita, senza costi né eccessiva burocrazia. Ma nel nostro Paese la situazione è ancora caotica, nonostante il Rapporto Eurispes abbia sottolineato che il 65,8% degli italiani sarebbe favorevole a una legge in materia.
I 12 SPORTELLI VALDESI. Proprio in questo vuoto legislativo si è inserita l’iniziativa della Chiesa evangelica valdese che ha aperto 12 sportelli in Italia dove poter depositare il testamento biologico o meglio la Dichiarazione anticipata di trattamento sanitario.
In pratica, si tratta di un formulario in cui l’interessato indica i trattamenti a cui sceglie di essere sottoposto nel caso si dovesse trovare in uno stato di incoscienza permanente: dall’idratazione alla nutrizione forzata, dalle terapie antibiotiche alle trasfusioni di sangue fino alle forme di respirazione meccanica.
OLTRE 2 MILA DICHIARAZIONI. «Sono già stati consegnate oltre 2 mila dichiarazioni in tutta Italia», sottolineano Simone Giorgetti e Diana Frausin, membri del comitato organizzatore dello sportello della Chiesa valdese di Trieste, che ha ricevuto finora 180 testamenti.
«Il documento viene redatto dall’interessato che designa un fiduciario, cioè una persona che sappia interpretare il suo volere di fronte a situazioni mediche di vario tipo», spiegano gli esperti.
La dichiarazione viene poi registrata davanti a due testimoni e in presenza di un avvocato. «Anche se ha valore probatorio delle effettive volontà dell’interessato ma non ha effetto vincolante per i medici», specifica Frausin.
«LA VITA NON È SOLO BIOLOGIA». Come si concilia questa possibilità, che rende ammissibile l’eutanasia, con la visione cattolica dell’esistenza?
Secondo i valdesi, l’idolatria’ della sopravvivenza a tutti i costi non ha riscontro nella Sacre Scritture: «La vita per noi è molto di più di quella biologica: è fatta di pensiero, relazioni», spiegano i due responsabili. Inoltre, i valdesi danno molta importanza alla responsabilità dell’individuo. In pratica, la vita è un dono di Dio ma la persona può gestirla come meglio crede: «Per noi è una questione di libertà, lo Stato non deve imporre nulla in questo settore», aggiungono.
Tra deontologia medica, ideologie politiche e norme mai approvate
L’iniziativa, però, rimane comunque un palliativo visto che, in assenza di una legge nazionale, il medico può comunque rifiutare di attenersi a questo documnento. In teoria, precisano i due promotori, «secondo l’articolo 32 della Costituzione italiana ‘nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge’». Ma il problema è che, quando viene meno la capacità di comunicare, si entra in un limbo senza leggi.
Così può succedere che le ultime volontà di un malato vengano disattese, nonostante il Codice deontologico della professione sottolinei che «il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato».
IL NODO DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA. Una volontà da rispettare che è stata ribadita con forza, nel 2009, dal documento di Terni della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), nel quale però si accenna anche alla possibile «obiezione di scienza e coscienza rispetto ai contenuti delle dichiarazioni anticipate».
Sull’argomento, quindi, continua a regnare la confusione: «Un argomento così importante viene ideologizzato dai partiti, forse anche per un tornaconto elettorale», suggerisce Giorgetti, «banalizzando un argomento che riguarda la libertà di tutti».
LO STALLO DELLA POLITICA. In Italia, una regolamentazione in materia sarebbe dovuta arrivare dal disegno di legge proposto da Raffaele Calabrò, che si è arenato in commissione Sanità. Un provvedimento controverso, in ogni caso, perché non considera vincolanti le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario ed esclude comunque da queste nutrizione e idratazione artificiali.
Lo stop è stato infatti visto positivamente da Maria Laura Cattinari, presidente dell’Associazione libera uscita, secondo la quale si tratta infatti di un disegno di legge «incostituzionale, liberticida e crudele, in cui la volontà della persona non conta nulla».
L’associazione, nata nel 2002, si batte per il riconoscimento dell’autodeterminazione terapeutica come passo fondamentale per raggiungere il diritto di morire con dignità.
In assenza di norme che regolino un diritto già esistente, intanto, oltre 100 comuni italiani hanno attivato un registro dei testamenti biologici.
Difficile avere dati precisi su quante Dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario siano state depositate visto che un censimento completo non esiste: «Nella provincia di Modena, per esempio, sono 12 i comuni che hanno istituito il registro, compreso il capoluogo, presso il quale sono stati depositati non meno di 200 testamenti biologici», precisa l’esperta.
L’iter prevede che l’ufficio comunale raccolga in busta chiusa le volontà dell’interessato e che questo, davanti a un ufficiale dell’anagrafe, sottoscriva una dichiarazione in cui afferma di avere redatto il proprio testamento biologico e di aver nominato uno o più fiduciari.
Infine, viene rilasciata una ricevuta in marca da bollo.
DOCUMENTI VALIDI MA NON RECEPITI. «Sulla legittimità dei registri non vi sono dubbi, così come sulla validità dei testamenti biologici», sottolinea la presidente di Libera uscita, «questo nonostante le manovre tese a screditarli come la circolare ministeriale del novembre 2000 in cui tre ministri, Maurizio Sacconi, Ferruccio Fazio e Roberto Maroni, hanno inteso deligittimare i registri comunali e gli stessi testamenti biologici. Ma la sentenza del 2007 sul caso Englaro ha riconosciuto la validità delle volontà precedentemente espresse».
Eppure, in Inghilterra, Francia, Spagna, Danimarca, Paesi Scandinavi, Germania e Svizzera, il testamento Biologico è una realtà consolidata da anni. «L’ultimo Paese a darsi una legge in tal senso», spiega Maria Laura Cattinari, «è stata la Germania: al momento del varo, già oltre 10 milioni di tedeschi avevano sottoscritto un proprio testamento biologico. Il Parlamento, regolando la materia, ha solo preso atto di una realtà già consolidata».
(5 Aprile 2012)
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