Veltroni colpisce ancora. Ovvero l’ignoranza della storia genera mostri
Angelo d’Orsi
Allora, il fatto è noto, almeno in cerchie dell’antifascismo. In un programma televisivo (“Le Parole”), il conduttore, Massimo Gramellini, giornalista, divenuto poi narratore di successo e anche intrattenitore del piccolo schermo, in occasione del 75esimo del XXV Aprile, non trova di meglio che intervistare Walter Veltroni. A cui dopo l’introduzione di rito (perché è così difficile per una parte del Paese accettare l’idea che la data della Liberazione costituisca una ricorrenza condivisa, un punto fermo nella identità nazionale della Repubblica) pone la domanda, ossia se non sembri all’illustre ospite (in collegamento…) che quella festa sia importante e che ogni cittadino di questa nazione dovrebbe sottoscriverla, senza polemiche fuori luogo. Ebbene l’intervistato annuisce gravemente, come se stesse facendo una importante concessione all’intervistatore. E ammette, che sì, il 25 aprile 1945 va ricordato e festeggiato, dal popolo italiano, non dimenticando però “la tragedia delle foibe”, su cui come per il 25 aprile non c’è il necessario unanime consenso.
C’è da strabuzzare gli occhi, fregarsi le orecchie, cercare conforto in qualcuno che eventualmente stia assistendo al programma. Ha detto proprio così. L’ex segretario dei DS e poi del PD, ha detto che per apprezzare il XXV Aprile dobbiamo ricordarci delle foibe…, dell’altro “crimine orrendo”. Dunque ha messo sullo stesso piano la Liberazione d’Italia dall’invasore e oppressore nazista, e dal fascismo suo complice-succube, con le “foibe”, un circoscritto episodio su cui dalla fine degli anni Novanta si è montata una macchina di propaganda che in Italia non ha l’eguale. Una macchina che ha cercato nel corso del tempo una impossibile equiparazione tra foibe e campi di sterminio nazista, e ora arriva Veltroni, il grande stratega, lo storico provetto, il politico progressista, a mettere sullo stesso piano quella vicenda con la più grande, la sola rivoluzione che si sia mai fatta in Italia, vittoriosamente, quella culminata con la liberazione di Milano, il 25 aprile 1945.
Poco meno di un anno dopo quella data assurse a simbolo della nuova Italia, sotto il Governo De Gasperi, esattamente il 22 aprile 1946, con un decreto “luogotenenziale” firmato dal principe Umberto II, allora “luogotenente del Regno d’Italia” (la Repubblica sarebbe nata qualche settimana dopo): nel decreto si stabiliva «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale». Tre anni più tardi quella giornata, il 25 aprile, entrò ufficialmente nel calendario civico dell’Italia repubblicana, tra le festività nazionali, accanto al 2 giugno.
Ma Veltroni, opinionista, saggista, scrittore, regista (difficile decidere in quale ambito abbia dato il peggio, dopo aver detto più o meno addio alla politica attiva, ambito in cui aveva fatto sufficientemente danno), tutto questo sembra ignorarlo. Come pare ignorare la speculazione politica sulle “foibe”, e si spinge all’ardito accoppiamento. Gramellini, più accorto di lui, lascia correre, ma proseguendo nel suo ragionamento, relativo alla ovvietà del 25 aprile 1945 come data simbolo dell’Italia che ha sconfitto il fascismo, cita l’esempio altissimo dei Fratelli Cervi, martiri del fascismo, e per sottolineare che la Resistenza non era solo comunista, afferma che i Cervi non lo erano. Veltroni tace e acconsente, citando come protagonisti della lotta partigiana socialisti, liberali, cattolici, monarchici, militari… Non fa la minima menzione del ruolo che il PCI ebbe in quella lotta, dopo aver già costituito il nerbo dell’antifascismo clandestino e all’estero, nel Ventennio. Né il cenno lo fa Gramellini. Finisce lì, con Veltroni che invitato ancora a spiegare il senso della Liberazione se ne esce con un discorsetto grottesco relativo alla situazione determinata dalla pandemia. Grazie, Walter. Ciao, Massimo.
Il giorno dopo Maurizio Acerbo, segretario del PRC, ossia Rifondazione Comunista, con un intervento sul “manifesto” chiede le scuse di Gramellini, precisando che i Cervi erano comunisti, esprimendo sconcerto per l’atteggiamento di Veltroni. E la settimana seguente Gramellini, dando prova di correttezza a supplire la propria scarsa informazione storica, apre la puntata del suo programma con la precisazione: “I fratelli Cervi provenivano da una famiglia cattolica ed erano comunisti”.
Rimane l’agghiacciante silenzio di Veltroni. E rimane l’amaro della deriva storica di una generazione, quella venuta dopo Berlinguer, che non solo ha scientemente affossato il PCI, ma ha cercato in ogni modo di cancellare il patrimonio ideale e politico che in quel partito si riassume. Del resto, già parecchi anni or sono, nel 2011 (se non sbaglio) l’ex sfidante (trombato) di Berlusconi, dichiarava di non essere mai stato comunista, sottolineando: “Non ero ideologicamente comunista”.
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In effetti, Veltroni era probabilmente soltanto “veltroniano”, anche quando obbediva senza fiatare alle dirigenze del partito in cui militava, dopo una lunga carriera nella FGCI, anche quando era dentro la cappa del “socialismo reale”, anche quando esaltava Mao e il libretto rosso, anche quando insomma “faceva il comunista senza esserlo”. Né poteva essere comunista da segretario dei DS (Democratici di Sinistra) e men che meno da primo segretario del neonato PD (Partito Democratico, di cui fu uno degli inventori). Certo il suo curriculum studiorum è modestissimo (“diploma di istituto professionale per la cinematografia e la televisione”), ma possibile che una militanza lunga e da leader nelle file di partiti “antifascisti” (dal PCI ai DS al PD), non gli abbia insegnato neppure l’abc? E non prova vergogna a parlare dell’importanza della memoria da trasmettere ai “giovani”?
Forse il punto sta proprio nella parola “memoria”. Ancora una volta dobbiamo smettere di usare questo termina ambiguo e fallace, e parlare piuttosto di “storia”. E cominciare a studiarla. La memoria comprende l’oblio e l’errore, e in fondo consente a tutti una giustificazione. Perciò rimane fondamentale lo studio della storia. Accetti un buon consiglio, Veltroni: la bibliografia su fascismo, antifascismo, Resistenza, è molto estesa. E se non sa da che parte cominciare chieda consiglio. Personalmente sono pronto a fornirle qualche utile indicazione. Così eviterà in futuro figuracce come quella che ha compiuto proprio nella ricorrenza del 75esimo della Liberazione. È proprio vero che l’ignoranza della storia genera mostri.
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