Vent’anni di inciuci per salvare B. Ineleggibile dal 1994 perchè titolare di concessioni tv
Gianni Barbacetto
, da il Fatto Quotidiano
Ineleggibile. Silvio Berlusconi non avrebbe mai dovuto entrare in Parlamento: in forza di una legge, la numero 361 del 1957, che stabilisce appunto l’ineleggibìlità di chi è titolare di concessioni statali, come sono quelle televisive. Dal 1957 al 1994 quella legge ha riposato in un cassetto, senza casi concreti a cui applicarla. Da quel cassetto avrebbe dovuto uscire nel momento della “discesa in campo" del signore della Fininvest.
Qualcuno ci ha provato a farla applicare, nel 1994 e nel 1996, ma invano. Ora l’ha ripresa un gruppo di intellettuali (Vittorio Cimiotta, Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Dario Fo, Margherita Hack, Franca Rame, Barbara Spinelli). La rivista MicroMega, diretta da Flores d’Arcais, ha promosso un appello che ha già raccolto 250 mila firme […]
E in passato? Tutta un’ altra musica. La storia del tradimento della legge 361 comincia nel 1994, alla prima vittoria di Berlusconi. Alla giunta delle elezioni della Camera arrivano alcuni ricorsi che lo riguardano. Ma niente da fare: il deputato Berlusconi viene proclamato eletto, con un solo voto contrario, quello di Luigi Saraceni, del Pds. Sulla base di un’ interpretazione da azzeccagarbugli.
L’articolo 10 comma 1 della legge dichiara che non sono eleggibili "coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti… oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica". Ebbene, la giunta decide che "l’inciso ‘in proprio’ doveva ìntedersi ‘in nome proprio’, e quindi non applicabile a Berlusconi, atteso che questi non era titolare di concessioni tv in nome proprio". Ineleggibile dunque sarebbe stato Fedele Confalonieri, presidente della Fininvest, e non il suo proprietario. Un’evidente assurdità, come metterà in rilievo il presidente emerito della Corte costituzionale Ettore Gallo: “Ciò che conta è la concreta effettiva presenza dell’interesse privato e personale nei rapporti con lo Stato”.
Nel 1996, altra elezione, altro tentativo di far applicare la legge. Questa volta vince l’Ulivo, guidato da Romano Prodi. Berlusconi è eletto di nuovo deputato. Nasce un comitato animato da Vittorio Cimiotta (tra i fondatori, nel 1993, del Movimento d’Azione -Giustizia e libertà) e composto da Paolo Sylos Labini, Roberto Borrello, Giuseppe Bozzi, Paolo Flores d’Arcais, Alessandro Galante Garrone, Ettore Gallo, Antonio Giolitti, Vito Laterza, Enzo Marzo, Alessandro Pizzorusso, Aldo Visalberghi. Lo sostiene una campagna di stampa del settimanale l’Espresso. I ricorsi degli elettori sono raccolti e portati davanti alla giunta per le elezioni della Camera. Questa volta la maggioranza è di centrosinistra. In compenso non c’è più Saraceni, perchè il suo partito si è ben guardato dal riconfermarlo. La nuova giunta delle elezioni richiama la decisione del 1994 e conferma la sua curiosa interpretazione della legge.
S’inaugura una stagione nel segno della Bicamerale, presieduta da Massimo D’Alema, che chiama lo sconfitto Berlusconi a sedersi tra i "padri costituenti". Alla fine, rovescerà il tavolo e la Bicamerale affonderà. Intanto però riesce a realizzare il "progetto Wave" che porta in Borsa Mediaset e sana la situazione debitoria delle sue aziende. E perfino la legge Mammì, che a partire dal 1990 ha permesso al signore di Arcore di possedere (unico caso nel mondo occidentale) tre reti televisive, conteneva una norma che avrebbe potuto far dichiarare ineleggibile Berlusconi: all’articolo 12, stabiliva la nascita del "Registro nazionale delle imprese radiotv" in cui allineare tutti i concessionari; non solo le società, ma anche (secondo l’articolo 17) “le persone fisiche che detengono o controllano le azioni”.
Con buona pace di Confalonieri, la Mammì svelava la presenza di Berlusconi come proprietario della Fininvest prima e come azionista di controllo di Mediaset poi. È invece prevalsa, nel 1994 e nel 1996, un’interpretazione capziosa e tutta politica della legge, in contraddizione perfino con la Mammì […]
(10 luglio 2013)
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