Via da Castel Volturno il parroco che difendeva gli immigrati
Giorgio Poletti, chi era costui? A guardare i giornali, tranne l’Unità e le solite lodevoli eccezioni, sarebbe difficile saperne di più. Eppure si tratta del sacerdote comboniano che, per oltre un decennio, si è sporcato le mani a Castel Volturno e dintorni, contrastando le camorre, denunciando gli intoccabili, dando ospitalità agli ultimi, levando dalla strada chi stava per essere arruolato dalla criminalità.
Questa Italia che ama tanto i preti e le suore ossequienti non ha trovato il modo di occuparsi di questo prete da strada che è stato messo sulla strada dai suoi superiori, forse perchè ha osato troppo, ha rotto le scatole oltre i limiti del consentito, forse perchè ha deciso di vivere il Vangelo in modi e forme che non sono compatibili con lo spirito dei tempi, neppure dentro la chiesa.
Per questo ci ha fatto piacere ricevere una bella intervista che un giovane e coraggioso giornalista di Caserta Pietro Nardiello ha realizzato con Padre Giorgio Poletti e che ha inviato a questo blog e al sito di Articolo21 chiedendoci di farla conoscere, di dare la parola a questo prete che non si è piegato e che non intende piegarsi.
Nelle sue parole non troverete l’eco del narcisimo mediatico e politico proprio di questa stagione, ma la determinazione di chi, pur soffrendo per una scelta ingiusta, conferma il suo cammino, non arretra e annuncia che continuerà lungo il sentiero della lotta per affermare i valori della legalità, della accoglienza, della civile convivenza.
Questo il testo completo dell’intervista di Pietro Nardiello:
Padre Giorgio Poletti è stato per quindici anni nella chiesa di Santa Maria dell’Aiuto di Castel Volturno. La sua missione è stata intensa, piena di impegni, di soddisfazioni e sconfitte. Adesso viene trasferito e noi di Articolo 21 lo abbiamo raggiunto telefonicamente.
Cosa ha rappresentato per lei essere parroco a Castel Volturno?
E’ difficile concentrare in poche battute quindici anni di vita e impegno in un territorio. Tante cose, ovvio. Pensi che io sono stato il primo parroco di una parrocchia che non esisteva, in pratica posso sintetizzare questa sensazione come un’immersione in un mondo che non c’era. E poi le tante battaglie con i diversi esiti, sicuramente un’esperienza di vita che porterò sempre con me.
Adesso andrà via da Castel Volturno, perche’?
I comboniani non rimangano mai tanto tempo in un territorio, siamo dei missionari. Comunque i motivi sono tanti e da tempo avevo percepito che da un momento all’altro avrei dovuto rifare le valigie
Come mai?
Adesso è in gioco il futuro di Castel Volturno, a partire dalla bonifica che bisogna fare di questo territorio ed io per qualcuno avrei rappresentato un impedimento. Allo stesso modo non è mai stata accettata la mia azione di protezione nei confronti degli extracomunitari e anche da un punto di vista religioso non sono mai stato tanto gradito. In pratica non mi sono mai allineato a chi decide e dispone. Dai permessi di soggiorni in nome di Dio all’incatenamento dinanzi la prefettura di Caserta ho rappresentato sempre qualcosa di ingovernabile.
Cosa occorre per cambiare il destino di Castel Volturno?
Una maggiore intesa tra i residenti, tra i bianchi e i negri considerati un impedimento allo sviluppo di questo territorio perché qui arriveranno tanti fondi sui quali sono in tanti a volerci mettere le mani.
La stampa nazionale cosa può fare per aiutare questo territorio?
Rimanere con il fiato sul collo alla camorra, che sfrutta gli immigrati, alla mala politica a chi vuole continuare a lucrare su questa povera gente.
Cosa è stato fatto per favorire veramente l’integrazione?
L’immigrazione rappresenta una grande occasione ma, in realtà, sono pochissimi coloro che veramente ci credono. Tutto questo è diventato un business, un modo come tanti per fare soldi e nient’altro. Non c’è uno sforzo concreto sull’integrazione e anche noi italiani dovremmo cambiare i nostri atteggiamenti. Pensiamo al pensiero leghista, siamo veramente fuori dalla storia.
Continuerà a lottare per Castel Volturno?
Quindici anni non possono essere cassati con un trasferimento. Adesso mi riposerò per qualche settimana, ma dopo riprenderò a sostenere la causa di questo territorio. Non sarò presente fisicamente ma con lo sarò con l’azione, perché interessarsi all’immigrazione non rappresenta un lavoro ma solamente una vocazione.
Chiunque abbia la possibilità di farlo raccolga questo testo e lo faccia girare nei modi e nelle forme che riterrà più giuste.
Padre Poletti merita davvero il nostro grazie per quello che ha già fatto e per quello che continuerà a fare, persone così meriterebbero davvero di ricevere le più alte onorificenze della Repubblica.
Giuseppe Giulietti
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