Violenza delle forze dell’ordine su Rom e Sinti a Bussolengo

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Comunicato stampa della "Federazione Rom e Sinti Insieme"

La "Federazione Rom e Sinti insieme" nel manifestare il proprio plauso al lavoro di tutte le forze dell’ordine Italiane impegnate nel garantire la sicurezza di tutti i cittadini e nel prevenire ogni forma di illegalità, ESPRIME TOTALE CONDANNA verso quelle persone che illegalmente a Bussolegno (VR) nel pomeriggio del 5 Settembre 2008 si sono resi responsabili di una crudele violenza e di una vera e propria pratica della tortura verso persone appartenenti alle minoranze Rom e Sinte, disonorando la nobile divisa che indossavano.

La "Federazione Rom e Sinti insieme", a fronte di un fatto tanto grave e per non lasciare alcuna ombra di perplessità o interpretazione, nociva ad una cultura della legalità, CONSIDERA opportuno che il Governo Italiano prenda l’iniziativa di riferire subito al Parlamento Italiano quando accaduto nel pomeriggio del 5 Settembre 2008 a Bussolegno (VR) e SOLLECITA la Magistratura a fare immediata chiarezza sulle responsabilità per condannare i colpevoli.

La "Federazione Rom e Sinti insieme" esprime la propria amarezza per l’ennesimo grave comportamento di molti Media Italiani che ancora una volta nei giornali e nelle televisioni hanno ignorato la violenza, gli abusi di potere, la pratica della tortura verso persone appartenenti alle minoranze Rom e Sinte, evitando così di far conoscere all’opinione pubblica un gravissimo atto razzista.
Il presidente della "Federazione Rom e Sinti insieme" ringrazia le associazioni aderenti Nevo Gipen di Brescia e Sucar drom di Mantova per l’immediato soccorso umanitario alle persone vittime delle violenze e per il supporto legale.
Informazioni dettagliate, le interviste, le denuncie ed altro sulla vicenda nel blog: http://sucardrom.blogspot.com/

Federazione Rom e Sinti insieme
Il Presidente Nazzareno Guarnieri

Una Bolzaneto rom a Bussolengo [Vr]
di Gianluca Carmosino, da Carta.org, 9 Settembre 2008

Si erano fermati fuori del paese, vicino Verona, solo per mangiare. Sono stati picchiati, sequestrati e torturati dai carabinieri per ore. La loro testimonianza.
Venerdì 5 settembre 2008, ore 12. Tre famiglie parcheggiano le roulotte nel piazzale Vittorio Veneto, a Bussolengo [Verona]. Le famiglie sono formate da Angelo e Sonia Campos con i loro cinque figli [quattro minorenni], dal figlio maggiorenne della coppia con la moglie e altri due minori, infine dal cognato Christian Hudorovich con la sua compagna e i loro tre bambini. Tra le roulotte parcheggiate c’è già quella di Denis Rossetto, un loro amico. Sono tutti cittadini italiani di origine rom.
Quello che accade dopo lo racconta Cristian, che ha trentotto anni ed è nato a San Giovanni Valdarno [Arezzo]. Cristian vive a Busto Arsizio [Varese] ed è un predicatore evangelista tra le comunità rom e sinte della Lombardia. Abbiamo parlato al telefono con lui grazie all’aiuto di Sergio Suffer dell’associazione Nevo Gipen [Nuova vita] di Brescia, che aderisce alla rete nazionale «Federazione rom e sinti insieme».
«Stavamo preparando il pranzo, ed è arrivata una pattuglia di vigili urbani – racconta Cristian – per dirci di sgomberare entro un paio di ore. Abbiamo risposto che avremmo mangiato e che saremmo subito ripartiti. Dopo alcuni minuti arrivano due carabinieri. Ci dicono di sgomberare subito. Mio cognato chiede se quella era una minaccia. Poi cominciano a picchiarci, minorenni compresi».
La voce si incrina per l’emozione: «Hanno subito tentato di ammanettare Angelo – prosegue Cristian – Mia sorella, sconvolta, ha cominciato a chiedere aiuto urlando ‘non abbiamo fatto nulla’. Il carabiniere più basso ha cominciato allora a picchiare in testa mia sorella con pugni e calci fino a farla sanguinare. I bambini si sono messi a piangere. È intervenuto per difenderci anche Denis. ‘Stai zitta puttana’, ha urlato più volte uno dei carabinieri a mia figlia di nove anni. E mentre dicevano a me di farla stare zitta ‘altrimenti l’ammazziamo di botte’ mi hanno riempito di calci. A Marco, il figlio di nove anni di mia sorella, hanno spezzato tre denti… Subito dopo sono arrivate altre pattuglie: tra loro un uomo in borghese, alto circa un metro e settanta, calvo: lo chiamavano maresciallo. Sono riuscito a prendere il mio telefono, ricordo bene l’ora, le 14,05, e ho chiamato il 113 chiedendo disperato all’operatore di aiutarci perché alcuni carabinieri ci stavano picchiando. Con violenza mi hanno strappato il telefono e lo hanno spaccato. Angelo è riuscito a scappare. È stato fermato e arrestato, prima che riuscisse ad arrivare in questura. Io e la mia compagna, insieme a mia sorella, Angelo e due dei loro figli, di sedici e diciassette anni, siamo stati portati nella caserma di Bussolengo dei carabinieri».
«Appena siamo entrati,erano da poco passate le le due – dice Cristian – hanno chiuso le porte e le finestre. Ci hanno ammanettati e fatti sdraiare per terra. Oltre ai calci e i pugni, hanno cominciato a usare il manganello, anche sul volto… Mia sorella e i ragazzi perdevano molto sangue. Uno dei carabinieri ha urlato alla mia compagna: ‘Mettiti in ginocchio e pulisci quel sangue bastardo’. Ho implorato che si fermassero, dicevo che sono un predicatore evangelista, mi hanno colpito con il manganello incrinandomi una costola e hanno urlato alla mia compagna ‘Devi dire, io sono una puttana’, cosa che lei, piangendo, ha fatto più volte».
Continua il racconto Giorgio, che ha diciassette anni ed è uno dei figli di Angelo: «Un carabiniere ha immobilizzato me e mio fratello Michele, sedici anni. Hanno portato una bacinella grande, con cinque-sei litri di acqua. Ogni dieci minuti, per almeno un’ora, ci hanno immerso completamente la testa nel secchio per quindici secondi. Uno dei carabiniere in borghese ha filmato la scena con il telefonino. Poi un altro si è denudato e ha detto ‘fammi un bocchino’».
Alle 19 circa, dopo cinque ore, finisce l’incubo e tutti vengono rilasciati, tranne Angelo e Sonia Campos e Denis Rossetto, accusati di resistenza a pubblico ufficiale. Giorgio e Michele, prima di essere rilasciati, sono trasferiti alla caserma di Peschiera del Grada per rilasciare le impronte. Cristian con la compagna e i ragazzi vanno a farsi medicare all’ospedale di Desenzano [Brescia].
Sabato mattina la prima udienza per direttissima contro i tre «accusati», che avevano evidenti difficoltà a camminare per le violenze. «Con molti familiari e amici siamo andati al tribunale di Verona – dice ancora Cristian – L’avvocato ci ha detto che potrebbero restare nel carcere di Verona per tre anni». Nel fine settimana la notizia appare su alcuni siti, in particolare Sucardrom.blogspot.com. La stampa nazionale e locale non scrive nulla, salvo l’Arena di Verona. La Camera del lavoro di Brescia e quella di Verona, hanno messo a disposizione alcuni avvocati per sostenere il lavoro di Nevo Gipen.

(15 settembre 2008)



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