Virginia Raggi ignora la zona grigia
Lo schema politico e culturale dei 5 stelle è lo stesso del 2016: non far tornare quelli di prima. Ma da allora a oggi qualcosa ha incrinato, per sempre, l’immagine del Movimento.
di Paolo Berdini
“Non ci sto ad apparecchiare la tavola per far mangiare quelli di prima”. Sono queste le parole con cui la sindaca di Roma, Virginia Raggi, ha formalizzato la sua candidatura alle elezioni per il rinnovo amministrativo del 2021. Un’immagine elegante, quella dell’apparecchiare, anche se non siamo ai livelli sublimi del pranzo di Babette. Siamo, purtroppo, nell’orizzonte di una carbonara o simili.
L’improvvida dichiarazione rende però ben evidente che il Movimento 5stelle tenterà di utilizzare lo stesso schema politico e culturale che ha consentito nel 2016 un trionfo elettorale: non far tornare quelli di prima. Ma da allora ad oggi qualcosa ha incrinato, per sempre, l’immagine del movimento.
Nel dicembre 2016 Raffaele Marra, vero deus ex machina dell’amministrazione capitolina della Raggi, viene arrestato per corruzione. Nel giugno 2018 gli arresti sempre per corruzione toccano a un altro suo pupillo, quell’avvocato Luca Lanzalone che, dall’oscurità di un arrivo a Roma mai chiarito, era stato posto in men che non si dica a capo della più grande azienda romana, l’Acea. A marzo 2019 viene arrestato un esponente di punta del Movimento 5 stelle, il presidente dell’assemblea capitolina, Marcello De Vito. “Quelli di prima” stanno comodamente nel caravanserraglio del Movimento 5stelle che doveva cambiare il mondo, e sarà difficile negare l’evidenza.
Negare l’evidenza è da sempre un comodo artificio per la peggiore politica per nascondere colpe ed evitare di cimentarsi con i fenomeni reali. Ed è questo il punto di maggior gravità delle dichiarazioni di Virginia Raggi. Sindaca per quattro anni, avrebbe dovuto apprendere che non esiste la comoda suddivisione manichea della realtà. Nella lezione del grande scrittore, poeta e intellettuale Primo Levi, esiste la “zona grigia” che interroga sempre ciascuno di noi nelle proprie azioni. Per il mondo semplificato dei 5 stelle la zona grigia non esiste. Ci sono i puri e “quelli di prima”, per chi ancora ci crede.
Interrogarsi invece sulla zona grigia, avrebbe fatto compiere a Roma quel balzo in avanti che aspetta da troppo tempo. La corruzione di Raffaele Marra derivava dall’opacità della conduzione dell’urbanistica romana. La presunta corruzione di Lanzalone e De Vito deriva analogamente dal non aver voluto archiviare con la necessaria decisione il più grande scandalo urbanistico della Roma moderna, quello dello stadio della Roma a Tor di Valle.
Sulla base delle regole urbanistiche vigenti, la legge, appunto, in quel luogo non si può costruire uno stadio. Ne mancano i presupposti urbanistici e giuridici. È nell’aver voluto continuare a dire sì a quella speculazione che ha potuto proliferare l’esercito dei millantatori e degli imbroglioni che da dieci anni hanno inquinato (e inquinano) la vita politica e culturale della città. Se non si toglie il macigno della contrattazione urbanistica che tutto può risolvere a patto di praticare le strade della corruzione, Roma non potrà tornare ad avere l’ambizione di coltivare idee nuove, adatte per affrontare la difficile ripresa autunnale.
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In questo senso, pur nel suo politicismo deteriore, la candidatura della Raggi potrebbe avere un paradossale effetto chiarificatore sulla prossima sfida amministrativa. Da una parte i 5 stelle che, dopo aver tradito quanto scritto sul programma del 2016, si candidano per tentare di realizzare l’inutile stadio. Il Pd,aveva perso la sfida del ballottaggio del 2016 proprio perché a favore della speculazione e oggi si candiderà per continuare nella stessa folle avventura. Lo schieramento della destra, infine, è da sempre culturalmente favorevole all’urbanistica contrattata. A oggi ci sono dunque tre schieramenti politici e sociali che si dichiarano a favore della continuazione di quell’urbanistica neoliberista che alimenta da sempre la zona grigia dei faccendieri e dei corrotti.
Da notare che, di rincalzo al Pd, si schiera anche una parte della sinistra che si è imprudentemente definita “coraggiosa”. Ed è certo vero che ci vuole molto coraggio per ingoiare ancora la cultura urbanistica portata avanti dal Pd.
L’unica speranza è che da settembre si apra lo spazio per costruire uno schieramento politico e sociale culturalmente alternativo al liberismo. Ci sarà lo spazio per uscire dai riti del politicismo e per costruire un’idea di città fondata sul rispetto dell’ambiente, sulla creazione di un moderno sistema di trasporto pubblico su ferro, sul rispetto dei diritti del lavoro, dei giovani e di chi vive nelle periferie lontane. Roma ha diritto ad avere una speranza di riscatto, un progetto di riunificazione politica impossibile da perseguire alla cultura liberista responsabile del fallimento. Si tratta “soltanto” di avere il coraggio di cambiare paradigma culturale.
(13 agosto 2020)
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