Voto utile o voto rosso? Carteggio elettorale tra i redattori di MicroMega

MicroMega

Caro Emilio,
mi sto sempre più convincendo (e credo di essere in numerosa compagnia) che, soprattutto di questi tempi, non ci si può aspettare troppo dalla politica istituzionale (i partiti, per intenderci). E che forse val la pena investire la propria passione, le proprie energie, il proprio tempo al di fuori di essa, nelle innumerevoli realtà di movimento che negli ultimi anni hanno costituito, questa sì, una vera novità nel panorama sociale e politico del nostro paese. E allora sarà il caso di difendere la legalità con Libera e Addiopizzo; di impegnarsi per garantire i diritti civili e l’autodeterminazione della donna scendendo in piazza come abbiamo fatto in centomila a Roma qualche mese fa; di sostenere un modello di economia alternativo incoraggiando tutte le esperienze di consumo critico e finanza etica (la crescita non è un dogma divino); di continuare a lavorare per un mondo di pace con Emergency e Amnesty International; di promuovere un modello di vita che salvi il pianeta (e noi con lui); di continuare a difendere il nostro territorio con iniziative dal basso (i valsusini che comprano piccoli appezzamenti di terreno per rendere complicatissimi gli espropri per la tav hanno inventato un nuovo modo di fare politica); di continuare a difendere lo Statuto dei lavoratori come abbiamo fatto in tre milioni a San Giovanni qualche anno fa…
Ma questo non è un invito all’astensione. Dalla politica, quella istituzionale, non ci si può aspettare tanto, ma può fare tanti danni. E ha un potere: quello di definire la cornice all’interno della quale l’altra politica può agire (e ottenere risultati). Le battaglie progressiste possono cominciare da un punto più avanzato, e dunque essere più ambiziose, o possono essere costrette a ritirarsi sulla difensiva, per proteggere quel minimo di princìpi democratici su cui si basa la nostra Repubblica. Io preferisco la prima ipotesi. Chiamalo il meno peggio o il meglio del possibile, la sostanza non cambia: voto Veltroni.
Cinzia

Cara Cinzia,
vedo che anche tu sei orientata per il “voto utile” a Veltroni, cioè a chi considera buona parte delle ragioni che hai citato come alla base tuo impegno e la tua passione politica roba da “sinistra anni ‘50” (difesa articolo 18 e estensione dei diritti sociali), “pittoresco primitivismo” (decrescita e critica dello sviluppismo), “isterismo antiamericano” (le posizioni di Emergency e di Gino Strada sulle ultime guerre degli Stati Uniti, soprattutto con riferimento all’Afghanistan), “deriva laicista e zapaterista” (diritti civili, dico, ingerenza vaticana, …), “sindrome da Nimby” antimodernizzatrice (manifestazioni contro l’altavelocità).
Sostieni – in buona sostanza – un esodo dalla dimensione politico-istituzionale ormai irrimediabilmente corrotta e perduta a favore di un pieno impegno nei movimenti. Questi ultimi avrebbero più “agibilità” con un governo Veltroni che con un governo Berlusconi. Vorrei però da subito contrapporti un’obiezione (considero del tutto superfluo precisare che Veltroni e Berlusconi pari non sono; spero che anche tu possa dare per scontato che non è questa la mia posizione).
Ricordo il plumbeo periodo seguito alla caduta del primo governo Prodi: tutto ciò che si muoveva nella società reale, tutto ciò che di creativo, critico, innovativo a livello politico e sociale c’era in quegli anni era sistematicamente oscurato dalla volontà di non disturbare il manovratore da parte del variegato mondo della sinistra ufficiale e delle sue élite “sindacal-economico-editorial-spettacolar-istituzionali” (passami il collage un po’ fantasioso). Ricordo il silenzio o peggio il dileggio dei grandi organi di stampa democratici verso tutto il dibattito che si muoveva all’interno dei movimenti, ricordo le terribili violenze di Napoli consumatesi nel silenzio più totale, mentre quando al governo c’era Berlusconi, i vari D’Alema, Violante, ecc… hanno parlato di “repressione cilena” a Genova.
Mi chiedo: perché queste cose non si ricordano mai? Personalmente ritengo che i movimenti non potrebbero che rimetterci dalla cancellazione in Italia di una cultura del conflitto, cancellazione che si avrebbe non certo se la Sinistra arcobaleno (che io voterò) prendesse 6-7…20 parlamentari in meno (su questo siamo d’accordo), ma se il veltronismo trionfasse come “visione del mondo” ispirata ad un ecumenismo da “senso comune televisivo” (e in caso di vittoria di Veltroni stiamo certi che sarebbe portato in trionfo da tutta la sinistra italiana come fosse tornato sulla terra un misto tra Antonio Gramsci e Napoleone. E i distinguo dei vari menopeggisti che lo hanno votato solo contro il Berluska sarebbero totalmente ignorati). Le culture organiciste sono da sempre culture reazionarie e intrinsecamente totalitarie.
Un’ultima cosa: ma non hai firmato l’appello sui “principi non negoziabili” della laicità? Ma non erano “non negoziabili”?
Emilio

Caro Emilio,
parto dalla fine: continuo a considerare i princìpi che ho sottoscritto firmando l’appello Liberadonna a cui ti riferisci non negoziabili, e ritengo questa una ragione in più (e non in meno) per votare Veltroni. So per certo che, chiunque vinca, io – assieme alle 58.828 persone (in maggioranza donne) che lo hanno sottoscritto fino al momento in cui scrivo queste righe – sarò costretta a lottare e a scendere di nuovo in piazza per difendere quei princìpi. Ma so anche che farlo avendo di fronte un Ferrara ministro della Salute (non è fantapolitica) piuttosto che un Marino, un Veronesi o anche una Turco o una Bindi non sia affatto la stessa cosa. E lo stesso ragionamento vale per ognuna delle questioni da te citate. Tu stesso, in fondo, riconoscendo che "Veltroni e Berlusconi pari non sono", ammetti implicitamente esattamente quello che io sostengo esplicitamente: che la cornice della nostra democrazia e della nostra convivenza civile sarebbe molto più duramente messa alla prova dal secondo piuttosto che dal primo. E credo che – tutto sommato – qui stia il punto: il grado di “pericolosità” che attribuiamo a Berlusconi e ad un suo possibile lungo periodo di potere.
Come tu ben sai, comunque, la mia decisione è stata tutt’altro che facile. Una delle riflessioni che più mi hanno fatto titubare è stata proprio quella sulla possibile scomparsa di una autentica e radicale cultura di sinistra. Ma poi mi sono fatta due domande: è lecito gettare il paese nello sfacelo (perché tale io considero un possibile nuovo governo Berlusconi) pur di “salvare” questa cultura di sinistra? E in secondo luogo – ed è questa quella determinante – siamo così sicuri che di questa cultura di sinistra siano depositari e degni rappresentanti i partiti che oggi stanno nella Sinistra-L’Arcobaleno (e a questo punto ti chiedo: perché non la Sinistra critica)? O non sia piuttosto, questa cultura, diffusa proprio in quei movimenti di cui forse nessun partito può pretendere la rappresentanza?
Quanto al fatto che i movimenti godrebbero di maggiore salute e vitalità sotto un governo reazionario, forse hai ragione: in fondo è proprio nei periodi più bui che vengono fuori le risorse migliori di un popolo. Ma non mi pare una buona ragione per auspicarlo, un tale governo (saremmo allora costretti, per coerenza, ad auspicare un nuovo fascismo per avere una nuova Resistenza). Quello che dovremmo augurarci è che i fermenti della società siano in grado
di cogliere l’occasione di un governo moderato, sì, ma certamente non reazionario per spingere quanto più in avanti possibile il livello delle conquiste sociali e civili. Se non ne saremo capaci, la colpa sarà nostra.
Cinzia

Cara Cinzia,
provo a essere schematico:

1. Prendere la dinamica dei movimenti come principale orientamento per il voto del 13 aprile è stato il tuo criterio. Non il mio. Mi sono limitato a constatare un dato di fatto, come ha fatto Calearo (candidato del Pd) quando ha detto che per fare una politica di destra ci vuole un governo di sinistra perché produce meno resistenze. E’ un fatto. Non ha niente a che fare con i miei auspici né con i miei criteri di voto.
2. Un buon risultato della Sinistra Arcobaleno contribuirebbe a spostare a sinistra anche il Pd (come sta accadendo in Germania con la Linke e la Spd).
3. Sostenere che Berlusconi rappresenta un’emergenze democratica e che per questo bisogna appoggiare un candidato che fa della fine dell’antiberlusconismo il suo tratto più caratteristico (forse l’unico privo di ambiguità) mi sembra un paradosso. Avrei potuto comprenderlo se Veltroni si fosse presentato dicendo: “Votami per l’ultima volta e io vi farò una legge sul conflitto di interessi coi ‘controfiocchi’ tale da porre fine a questa anomalia”. Sappiamo bene invece come stanno le cose.
4. Si dice spesso: “Questo non lo possiamo fare perché se no i cattolici (o gli imprenditori, ecc…) non ci votano”. Perché gli elettori di sinistra non devono essere trattati con altrettanta “premura”? Perché i cattolici “ruiniani” devono essere considerati più “rigorosi” e “coerenti” degli elettori di sinistra? L’americano Veltroni, più che a Kennedy, fa pensare ad Abramo Lincoln durante la campagna elettorale del 1864 in piena guerra civile, che mandava al fronte, al macello, proprio i soldati provenienti da collegi che sicuramente avrebbero votato per lui. Mi pare giunto il momento di rompere questo meccanismo.
5. Perché si citano sempre i Veronesi, i Marino, e non le Binetti o i Crisafulli? Non essendoci possibilità di esprimere voti di preferenza tutti i candidati valgono allo stesso modo.
6. Ferrara ministro della sanità è pura fantapolitica.
7. Il meccanismo elettorale è assai complicato e il ragionamento sul voto utile – che comunque non è il mio criterio – dovrebbe anche tener conto della cornice “tecnica” (ad esempio in regioni come la Toscana, l’Emilia, l’Umbria e le Marche, al Senato è “utile” fare in modo che la Sinistra-Arcobaleno rubi quanti più senatori possibile alla destra).

Cara Cinzia. Mi fermo qui. Tanto avremo certamente occasione per fare la stessa discussione anche in futuro, quando a guidare la destra ci sarà l’ex fascista Fini (appoggiato dalle televisioni del gruppo Mediaset, che sarà potente, attivo e militante indipendentemente dall’esito delle elezioni del 2008; vedi programma del Pd) e si ricomincerà con il ricatto: o voti contro il “mostro” ex-fascista o sei un nemico della democrazia italiana.
A meno che la sinistra non si dia una svegliata.
Emilio

Caro Emilio,
Veltroni svolge una funzione antiberlusconiana, come dire, oggettivamente, a prescindere dal fatto che egli rifiuti di definirsi tale e anzi auspichi la fine di una politica "anti-". E’ inutile qui ribadire quanto poco “di sinistra” sia il programma del Pd e ricordare tutte le cose che il centro-sinistra al governo avrebbe dovuto fare e non ha fatto (legge sul conflitto di interessi, abrogazione delle leggi vergogna, "superamento" – come ipocritamente recitava il programmone dell’Unione – della legge 30, e chi più ne ha più ne metta. Anche se, sulle prime due, non mi pare di aver sentito vibranti proteste levarsi dalle parti di Rifondazione…): sono tutte cose sulle quali siamo totalmente d’accordo e sulle quali toccherà a noi vigilare (e lottare) affinché, stavolta, almeno qualcosina sia fatto. Ma il punto è un altro. A una settimana esatta dal voto gli scenari possibili sono due: può vincere Berlusconi o può vincere Veltroni (chi ha accesso ai sondaggi che non sono più diffondibili parla di una straordinaria rimonta). (Il terzo scenario, quello di un pareggio o comunque di una situazione di sostanziale ingovernabilità, lo lascio da parte perché se dovesse realizzarsi sarà il capo dello Stato a dover dirimere la complicata matassa). Tu quale dei due scenari preferisci? E’ perfettamente legittimo (lo dico, credimi, col massimo rispetto) guardare ad una prospettiva di più lungo termine e dire: preferisco un governo Berlusconi per cinque anni (c’è chi poi ipotizza, e non senza qualche ragione, una sua possibile elezione alla presidenza della Repubblica per i successivi sette anni. E invito chi sostiene che in Italia il presidente della Repubblica non ha poteri a studiarsi bene le presidenze Scalfaro-Ciampi-Napolitano, senza le quali probabilmente staremmo messi ancora peggio di quel che siamo) e nel frattempo lavorare ad una sinistra unita, forte, popolare… Questo però implica dover ammettere che non si giudica Berlusconi un serio pericolo per la democrazia italiana o almeno non così serio da fare di tutto per scongiurarlo. Io, invece, sono seriamente preoccupata per la tenuta della nostra democrazia e, per questo, sono disposta a “sacrificare” il sogno di una sinistra come io la immagino (tutto ciò ovviamente dando per buona l’ipotesi che votare l’Arcobaleno significhi davvero contribuire a costruire quella sinistra, cosa sulla quale si potrebbe comunque nutrire più di qualche dubbio).
E anche sulla tua ultima osservazione su un’ipotetica continuazione del “ricatto” con una destra guidata da Fini, ti dico: staremo a vedere. Se la riterrò minacciata, continuerò a difendere la democrazia.
Cinzia

PS. Ferrara ministro della Salute non è affatto fantapolitica. Ti ricordo che questo pseudo difensore della vita a oltranza è già stato ministro nel primo governo Berlusconi (sebbene quando la sua militanza contro le donne era ancora latente). Certamente ancor meno fantapolitica è, per esempio, un Calderoli ministro per le Riforme istituzionali: e a me non sembra puro folklore.

Cara Cinzia,
scrivi che “è inutile qui ribadire quanto poco ‘di sinistra’ sia il programma del Pd”. Nell’economia generale del nostro discorso sul “voto utile” è un’affermazione ineccepibile. Tengo a precisare, tuttavia, che la gabbia nella quale ci troviamo costretti – il fatto che discorsi sui programmi e sui contenuti non si possono fare perché superflui, o peggio controproducenti – rappresenta proprio la ragione della mia insofferenza verso questo ricatto del “voto utile”.
In questa come nell’altra mail alludi ai limiti e alle carenze della cosiddetta Sinistra Arcobaleno. Non ho nessun problema a sottoscrive, preventivamente, qualsiasi critica che tu le possa muovere. Parafrasando Brecht potrei dire che “mi sono seduto dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati”. Mi spiego: la situazione in cui ci troviamo è grave perché andiamo ad elezioni (contro Berlusconi) con una popolarità del governo in carica ai minimi storici (governo che comprende 20 ministri del Pd su 25). Di chi è la responsabilità di questo disastro? Il coro è unanime: della sinistra. Io non lo credo affatto. Anzi. L’unica ragione che potrebbe spingerm
i a non votare la Sinistra (orientando il mio voto “di protesta” su qualche formazione minore come “Sinistra critica”) è proprio la considerazione della sua scarsissima influenza nel passato governo.
Regola fondamentale delle democrazie è che quando una classe dirigente sbaglia l’elettorato la punisce. Punto. E’ nei regimi totalitari che succede il contrario. Va al governo Berlusconi? Bene (anzi male). Le alternative a questo punto sono due. O riconosciamo che Berlusconi viene democraticamente eletto in un contesto non inquinato da fattori che deformano la libera costruzione del consenso (come sostiene Veltroni) oppure sosteniamo che Berlusconi essendo un magnate delle televisioni ha già compiuto il suo delitto nei confronti della democrazia e il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di ripristinarla. Possiamo farlo con una resistenza armata o con un movimento pacifico finalizzato ad approvare una “nuova cornice” di regole che ponga fine all’”anomalia”. Nessuna di queste due ultime alternative è contemplata da Veltroni.
Aggiungo che sulla “cultura democratica” di Veltroni avei molto da eccepire. Trovo ad esempio ridicole le elezioni “farsa” con candidato unico – le primarie per Prodi e poi quelle per Veltroni – che vengono osannate come esempio di partecipazione e assurgono a mito fondativo dell’epopea veltroniana. Trovo antidemocratico il sistema maggioritario che Veltroni ha sempre sostenuto e che impedisce (esattamente come il tanto vituperato “Porcellum”) di esprimere preferenze (potrei farti l’elenco dei candidati ignobili di centrosinistra che sono stato costretto a votare negli ultimi anni nel mio collegio). Trovo antidemocratica la cultura di demonizzazione del dissenso e l’accusa stalinista di essere un oggettivo “complice del nemico” mossa contro chi la pensa diversamente.
Emilio

P.s. Ferrara ministro della Salute è pura fantapolitica. Ammetto però che non lo è Calderoli (viviamo in un Paese dove pure Mastella ha fatto il ministro della Giustizia).



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