Wojtyła santo? Dubito!
Adista
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"Santo subito!". Fu sull’onda del grido ritmato dalla folla ai funerali di Giovanni Paolo II che venne avviato da papa Ratzinger il processo di canonizzazione di Wojtyła. Eppure, le ombre del lungo pontificato di quest’ultimo sono tante e, a conti fatti, decisamente più numerose delle poche e flebili luci. Un ebook curato dall’agenzia di informazione religiosa Adista le ha enumerate e documentate, "anno per anno, nome per nome…".
Fu vera santità?, ci si potrebbe chiedere parafrasando il Manzoni alla morte di Napoleone. Il poeta lasciava «ai posteri l’ardua sentenza», dunque alla Storia. Nel caso di Wojtyla i posteri si sono espressi in meno di 6 anni: il processo per la causa di beatificazione è iniziato praticamente subito dopo la morte di Giovanni Paolo II – sull’onda di quel «santo subito!» ritmato dalla folla ai suoi funerali – e per dispensa pontificia, dato che la normativa vigente prevede che non si dia avvio ad esso prima che siano trascorsi cinque anni dal decesso. Il 19 dicembre 2009, papa Benedetto già autorizzava la promulgazione del Decreto sull’eroicità delle virtù. L’11 gennaio 2011 la Congregazione per la Causa dei Santi emetteva unanime sentenza affermativa, ritenendo miracolosa la guarigione dal Parkinson di suor Marie Pierre Simon, che aveva fortemente invocato il defunto papa.
Ma non è convinzione unanime che la vita di Wojtyla costituisca un esempio da seguire per un cristiano che voglia “vivere il Vangelo”. Basti pensare a quell’Appello alla chiarezza firmato nel dicembre 2005 da teologi di diverse nazionalità che elencava alcuni «punti» da valutare «criticamente» nel processo di beatificazione di Giovanni Paolo II (accanto agli aspetti positivi del suo pontificato, quali «l’impegno per la pace o il tentativo di ammettere le colpe storiche dei figli e figlie della Chiesa nel passato»): «La repressione e l’emarginazione esercitate su teologi, teologhe, religiose e religiosi»; «la tenace opposizione a riconsiderare – alla luce del Vangelo, delle scienze e della storia – alcune norme di etica sessuale»; «la dura riconferma del celibato ecclesiastico obbligatorio», «ignorando il concubinato fra il clero di molte regioni e celando, fino a che non è esplosa pubblicamente, la devastante piaga dell’abuso di minori da parte di ecclesiastici»; «il mancato controllo su manovre torbide in campo finanziario» dell’Istituto Opere di Religione (la banca vaticana); «la riaffermata indisponibilità» ad aprire un «serio e reale dibattito sulla condizione della donna nella Chiesa»; «il rinvio continuo dell’attuazione dei principi di collegialità nel governo della Chiesa romana», malgrado le delibere del Concilio Vaticano II»; «l’isolamento ecclesiale e fattuale in cui la diplomazia pontificia e la Santa Sede hanno tenuto mons. Oscar Arnulfo Romero» e «l’improvvida politica di debolezza verso governi – dal Salvador all’Argentina, dal Guatemala al Cile – che in America Latina hanno perseguitato, emarginato e fatto morire laici, uomini e donne, religiosi e religione, sacerdoti e vescovi che coraggiosamente denunciavano le “strutture di peccato” dei regimi politici dominanti».
Ognuno di questi punti è stato documentato «anno per anno, nome per nome…» da un numero speciale di Adista (il n. 29 del 2011), agenzia laica che si occupa di informazione religiosa in una prospettiva progressista, che in occasione della beatificazione di Wojtyla è diventato un e-book, acquistabile online (http://www.terrelibere.org/libreria/santo-dubito). Perché la voce della storia non vada perduta nel frastuono delle celebrazioni incensanti. Perché il pensiero critico non resti prigioniero della roboante retorica che accompagnerà la santificazione di Giovanni Paolo II e di papa Giovanni.
(27 aprile 2014)
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