XX settembre: 150 anni e non sentirli. Purtroppo

Adele Orioli

Praticamente quasi ogni città, comune, paesello d’Italia ha nella propria toponomastica una via o una piazza, un corso o un viale dedicati a questo giorno. Giorno che proprio quest’anno festeggia il venerabile genetliaco delle 150 candeline. Un secolo e mezzo, non distante come peraltro altre più fumose ricorrenze (senza nemmeno scomodare i santi patroni, basti pensare al natale di Roma), non vicino da essere ancora così oscenamente foriero di scontri e revisionismi spiccioli come un 25 aprile o lo stesso 2 giugno.
Eppure del XX settembre sembrerebbe ormai essersi persa traccia. La data che segna non solo e non tanto la fine del potere temporale del papato quanto soprattutto se non la prima assolutamente indispensabile tappa per la costruzione di quello Stato moderno prima contemporaneo poi che ci appartiene oggi. Sfumati nel nulla il ricordo di Cadorna e dei bersaglieri, pallidissimo il ricordo di Porta Pia. Della breccia, di quel varco largo trenta metri appena e del quale sussiste ancora simulacro e visiva memoria nel centro di Roma, il risultato di quella che seppur piccola e relativamente incruenta fu una vera guerra, della durata di poche ore ma destinata a cambiare davvero per sempre il futuro della nascente nazione italiana.
E non è forse un caso se il XX settembre conobbe glorie e tempi migliori. Festa nazionale fino al 1930, fino a che insomma il regime fascista attraverso la stipula dei Patti lateranensi passò dal separatismo risorgimentale della libera chiesa in libero stato di cavourriana ispirazione all’ingiustificato privilegio del sistema concordatario, quello che in larghissima misura è ancora oggi vigente.
Che non sia semplicemente un vuoto relitto risorgimentale, ma che la sua potenza simbolico-evocativa sia, per quanto nascosta sotto le ceneri del rinovellato ossequio confessionale, ancora fiammeggiante se ne è avuta riprova anche in tempi recenti. Per esempio nel 2010 quando, tra una ristrutturazione di attici e l’altra, la celebrazione fu affidata integralmente al segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone, che di fronte a un assurdamente silente presidente della Repubblica Napolitano commemorò i caduti pontifici e affidò a Dio l’intera Italia.
D’altronde gli fa eco tutti gli anni Militia Christi, con la messa in suffragio non solo per le guardie svizzere ma anche, bontà loro, “per i nemici”, quelli che hanno portato all’“Italia di Porta Pia, con aborto, gay pride e eutanasia”. Lo slogan, tutto sommato, quasi meriterebbe di venir riciclato per ben più nobili scopi: rende bene in ogni caso l’idea di quale svolta epocale abbia in effetti rappresentato l’ormai negletto XX settembre.
Quest’anno, si volesse far rimanere qualche residuo di dubbio sull’opportunità istituzional propagandistica di celebrare ancora questa data, in un anniversario tondo e solenne come dovrebbe essere il 150esimo, si è deciso di sovrapporre direttamente il voto alle amministrative congiunto a quello per il referendum costituzionale. Non fossero bastate le norme antiassembramento a causa della pandemia di covid-19 a limitare, almeno in certi casi, le manifestazioni pubbliche.

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Forse perché è proprio da quel XX settembre del 1870 che inizia la costruzione della laicità dello stato italiano, è proprio quel buco a Porta Pia ad essere simbolicamente ma anche fattualmente prodromico di quella società pluralista e democratica che, tolti i mattoni dalla breccia, con quelli ha ancora bisogno, ogni giorno, di rinforzare le sue fondamenta. Una società che non ha mai smesso di avere la necessità di costruzioni contemporanee atte a garantire nel quotidiano e nei massimi principi una entità pubblica neutra e neutrale, senza religione ma aperta a e garante della libertà di coscienza per tutti e ciascuno dei propri cittadini.
Ben lungi dal rappresentare un polveroso residuato risorgimentale, senza voler apparire epigoni di gloriosi o dolorosi tempi che furono, il XX settembre merita di restare, o meglio, di tornare ad essere una festa, e di quelle solenni.
Curiosamente si tirano sempre in ballo le “tradizioni”, qualunque cosa si voglia intendere con e per esse, quando si tratta di contrastare il progresso sui diritti e l’uguaglianza sostanziale fra le persone; altrettanto curiosamente le tradizioni vengono chiuse in soffitta e relegate nel dimenticatoio quando invece furono prodromiche allora e testimonianza ancor oggi di una società inclusiva, aperta, pluralista, su tutte: laica.
Dove non arrivano le istituzioni, dove per fortuna non si spingono Militia Christi né i suoi tristi e anticostituzionali accoliti, esiste e resiste la società civile. L’Uaar e numerose altre associazioni chiamate a raccolta ci saranno, questo XX settembre, a partire dalle 17 a Roma a Porta Pia e in molte altre città con una variegata serie di iniziative. Perché ricordare il passato serva a costruire un futuro migliore e migliore davvero per tutti.
(19 settembre 2020)

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