Xylella: la scienza, la magistratura, i comitati. Dibattito tra Antonia Battaglia e Marco Cattaneo

MicroMega

Cos’è questo batterio che starebbe distruggendo gli ulivi del Salento, minacciando l’economia, il patrimonio e il paesaggio di un’intera regione? E come sarebbe giunto in Puglia? Nel ‘caso Xylella’ sono coinvolti diversi soggetti: dalle istituzioni locali ai tribunali passando per i comitati popolari, gli scienziati e, per ultima, la Corte di giustizia europea. Ma davvero l’eradicazione degli ulivi è l’unico modo per fermare il contagio? Un confronto tra un’attivista pugliese di vasta esperienza europea e il direttore di Le Scienze aiuta a far luce su questa complessa vicenda.

Antonia Battaglia e Marco Cattaneo, da

MicroMega: Il caso Xylella è scoppiato in Puglia alla fine del 2013, ma probabilmente qualcosa ha cominciato a minare la salute degli ulivi secolari del Salento già qualche anno prima. Si tratterebbe di un batterio con quattro diverse sottospecie in tutto il mondo che penetra nella pianta, la uccide e si propaga attorno attraverso un insetto-vettore, la cicala sputacchina. La Xylella fastidiosa starebbe distruggendo gli ulivi del Salento, minacciando l’economia, il patrimonio e il paesaggio di un’intera regione. Per questo il governo – poggiandosi sulle ricerche svolte dal Cnr di Bari che hanno indicato nella Xylella la causa del disseccamento degli ulivi – ha deciso di procedere con l’eradicazione delle piante. Unico modo, secondo le istituzioni, per arrestare il contagio. Diversamente la pensa la procura di Lecce che ha indagato 10 persone – tra cui il commissario straordinario Silletti e alcuni scienziati – per devastazione ambientale e sequestrato anche l’area degli ulivi bloccandone il taglio. Per ultimo, il parere dell’Europa che ha nuovamente richiesto l’immediata eradicazione delle piante contagiate. Rimangono molti interrogativi: veramente la Xylella è l’unica responsabile del disseccamento? Lo sradicamento degli ulivi è l’unica soluzione? Ha ragione l’Europa o la magistratura?

Antonia Battaglia: Secondo il parere di comitati popolari, associazioni di categoria, esponenti di importanti associazioni pugliesi, avvocati, professori universitari, studiosi della materia e uomini e donne di scienza, la questione non ha trovato finora una conferma scientifica tale da giustificare l’abbattimento e il taglio, anche soltanto di parti, di numerosissimi ulivi. Il quadro è complesso, anche a livello istituzionale, e sono coinvolti diversi soggetti. Si era partiti dalla volontà di sradicare circa un milione di ulivi, una cifra abnorme che avrebbe distrutto la regione Puglia, oggi siamo a una sentenza della Corte di giustizia europea che impone il «principio di precauzione», ovvero l’Ue può obbligare gli Stati membri a rimuovere tutte le piante potenzialmente infettate da Xylella fastidiosa, anche se non presentano sintomi d’infezione, qualora esse si trovino in prossimità delle piante già infettate. In Italia il commissario straordinario Silletti – nominato dal governo – è stato esautorato dai propri poteri, i quali sono tornati alla Regione e, intanto, permane il sequestro di tutte le piante infette da parte della procura di Lecce. La situazione è caotica.

Marco Cattaneo: Alla base delle decisioni della procura di Lecce ci sono una serie di fraintendimenti ed equivoci, lo sostengo attenendomi ai dati scientifici che abbiamo al momento. Non è vero, infatti, che non ci siano prove per giustificare la sradicazione degli ulivi: di recente, sono stati pubblicate anche le prove di patogenicità, i famosi princìpi di Koch, che confermano quanto sostenuto dagli scienziati di Bari sulle conseguenze della Xylella. Inoltre, non mi risulta che il piano Silletti – voluto dal governo – prevedesse il taglio di milioni di ulivi ma di poche migliaia, numero ben diverso da quello dichiarato da Battaglia. La domanda da porsi è: «Come fermare questa epidemia?». Secondo me né il taglio degli ulivi né le cure che si stanno applicando possono arrestare, oggi come oggi, l’epidemia che è in corso per la semplice ragione che la Xylella viene trasportata dalle sputacchine, insetti endemici del Salento che trasferiscono i batteri da un albero all’altro: oltre agli ulivi si ammalano altre tipologie di piante. Nessuno vuole eliminare gli ulivi dal paesaggio salentino altrimenti saremmo in presenza di qualche forma di follia, però ho l’impressione che non ci siano altre soluzioni radicali e definitive. Lo stesso piano Silletti – che prevedeva di creare una fascia di contenimento indispensabile per cercare di evitare che la malattia passasse più a nord e andasse a investire anche le olivicolture del barese – non è più praticabile perché la Xylella si è spinta già a nord. In qualche maniera bisogna cercare di fermare il contagio e purtroppo anche i tentativi di cura, ad esempio negli Usa, non eliminano la carica batterica dalle piante. Gli stessi Marco Scortichini e Antonia Carlucci (rispettivamente direttore dell’Unità di ricerca per la frutticoltura e ricercatrice all’Università di Foggia, che stanno lavorando sulle possibili cure per salvare gli ulivi) parlano di risultati preliminari e di possibile contenimento dei sintomi, ma non di riduzione della carica batterica. Nell’ultima riunione della task force, Carlucci ha detto: «Il mio protocollo non è un protocollo di cura. Il nostro protocollo ci permette di tamponare la sintomatologia, di rallentarla allo scopo di trovare una cura che sia più funzionale possibile». La situazione è veramente grave e il presidente Michele Emiliano l’ha riconosciuto durante l’ultima riunione.

Battaglia: La sentenza della Corte di giustizia europea si basa sullo studio dell’Efsa [Autorità europea per la sicurezza alimentare], il quale a sua volta poggia le fondamenta sulle ricerche del Cnr di Bari. Parliamo di studiosi che dal 2006 lavorano sulla questione Xylella e da allora sono gli unici referenti per le istituzioni italiane ed europee di tutta la questione scientifica. Il che pone alcuni problemi di coscienza e di garanzia dell’assoluta imparzialità, nonché il rispetto del pluralismo di punti di vista scientifici in una questione non ancora chiara. Per quanto riguarda il nesso di causalità tra il disseccamento e la Xylella, mi preme sottolineare l’ultimo rapporto del ministero delle Politiche forestali e agricole del 4 giugno 2015 che sentenzia su 26.755 alberi campionati: tra questi risultano negativi alla Xylella 24.381 e positivi soltanto 612, un tasso percentuale del 2,8 per cento. Inoltre, fino al novembre 2015 era presente solo un nuovo focolaio nella zona di Oria, distante circa 30 km dai focolai più a nord nella zona infetta. La Xylella non avanzerebbe a macchia d’olio ma in maniera puntiforme. E la Xylella non è mai giunta nel barese, come confermano le cartine del monitoraggio della regione Puglia riprese poi dal ministero. Si è anche osservato che nella zona di Lecce, che è stata dichiarata totalmente infetta, nelle zone di Santa Maria di Leuca e Otranto, dove il batterio potrebbe muoversi liberamente distruggendo tutto, ci sono uliveti non toccati dal contagio. È la dimostrazione empirica che ad oggi non esiste una netta correlazione tra il disseccamento e la Xylella. E finché la scienza non dà risposte sicure è assurdo procedere col taglio degli ulivi in Pu
glia.

Cattaneo: La prova della patogenicità di Xylella è rilevata effettivamente dalla ricerca dell’Università di Bari. Però mi chiedo: questi signori di mestiere sono scienziati, perché mai dovrebbero falsificare le proprie ricerche o comunque compiere una frode durante il proprio lavoro? Il loro studio è stato effettuato in laboratorio e in un serra chiusa – quindi non in campo aperto perché altrimenti avremmo rischiato un’epidemia gigantesca – ed esso ha dimostrato che la Xylella fastidiosa subspecie pauca ceppo St53 provoca sintomi di disseccamento negli ulivi. Quest’ultimi sono stati testati. Dopo 12 mesi di lavoro hanno visto che gli ulivi presentavano i classici sintomi – l’abbruscatura delle foglie, la scoloritura, il disseccamento – osservati nelle campagne del Salento con un fattore abbastanza importante proprio per la salute degli ulivi. Tali giudizi sono condivisi ampiamente dalla comunità scientifica, come in buona parte sono condivise dagli stessi consulenti della procura per quanto sia dato sapere dalle perizie presentate.

Battaglia: Non sono d’accordo, la scienza ha ancora molti dubbi da appianare sulle conseguenze della Xylella sugli alberi. Anche il rapporto che lei prende in esame, pubblicato lo scorso 30 marzo, dice a diverse riprese che l’obiettivo generale è assicurare una migliore comprensione del fenomeno perché i risultati sono ancora sperimentali. Partendo dai dati Efsa, prendendo in considerazione i diversi tipi di cultivar elencati, come ad esempio la Coratina, Frantoio, Leccino e le piantine più giovani, si evince che su un campione di dieci piante quelle che mostrano sintomi di disseccamento non sono tutte. Per esempio per la Cellina risultano mostrar sintomi sette piante su otto, per la Coratina addirittura zero su sette, per le piantine più giovani una su cinque. Non pare assolutamente che il nesso causale sia stato stabilito. Non è scritto da nessuna parte. Ripeto, ad oggi non è possibile affermare che la Xylella e la sindrome da disseccamento siano responsabili una per causa dell’altra della distruzione degli ulivi. La stessa scienza ha ancora molti dubbi.

Cattaneo: Il recente rapporto stilato da alcuni dei massimi esperti italiani per l’Accademia dei Lincei ha esaminato gli studi in materia e ha tratto conclusioni feroci, scartando definitivamente l’idea dei 9 ceppi di Xylella, tesi sostenuta – a questo punto erroneamente – dalla procura di Lecce. Questo rapporto è stato firmato, tra gli altri, da Roberto Bassi, fisiologo vegetale dell’Università di Verona, Giorgio Morelli, Consiglio della ricerca e l’agricoltura, Francesco Salamini, botanico di fama internazionale che sta nell’Accademia dei Lincei. Sono stati selezionati per studiare tutto quello che c’è sulla Xylella. Quel che trovo abbastanza bizzarro è che a fronte di tutta una serie di prove portate e pubblicate, dagli scienziati di Bari all’Accademia dei Lincei, dalla parte opposta ci si muova in maniera ondivaga: ci si oppone alla conclusione che sia la Xylella la causa del disseccamento degli ulivi però, allo stesso tempo, nessuno pubblica nulla. È abbastanza singolare, laddove ci si confronti su un piano scientifico.

Battaglia: I documenti a disposizione di Efsa sono gli stessi nelle mani dell’Accademia dei Lincei e in essi si esaminano soltanto 40 piante. Da un numero così esiguo come pretendere di avere certezze in merito? E permangono altre domande evase: perché la ricerca, nonostante sia stato chiesto ai vertici politici sia europei sia nazionali sia regionali, non è mai stata aperta ad altri istituti ma è sempre rimasta appannaggio del solo Cnr di Bari? Perché esiste un decreto ministeriale del 2014 che ne stabilisce l’esclusività della ricerca? Perché i fondi della regione Puglia che avrebbero dovuto essere stanziati già l’anno scorso – parliamo del 2015 – non sono ancora stati emessi? Sul sito dell’Università di Berkley dedicato alla Xylella fastidiosa è scritto, nell’ultimo aggiornamento pubblicato, che la Xylella può essere considerata – leggo testualmente – «the main suspect as causing the olive disease». Nessuna certezza granitica. Questo è sostenuto in Puglia da nomi internazionali come Purcell, Krugner e Almeida. Più in generale, la ricerca langue. La dottoressa Antonia Carlucci dell’Università di Foggia sta portando avanti uno studio sperimentale, a cui le istituzioni non hanno ancora concesso i finanziamenti pubblici che una tale ricerca meriterebbe. Ma prima di tagliare gli alberi non sarebbe più logico rinforzare la scienza e le sperimentazioni? Ci insegna il filosofo Popper che la scienza non deve andare avanti per deduzione baconiane. Vorrei che la scienza andasse in Puglia e si dedicasse alla creazione di una task force internazionale con oggetto la sola Xylella del ceppo pugliese, aprendo a nuovi studi e sperimentando pratiche diverse dal taglio degli ulivi.

Cattaneo: Sicuramente la sola rimozione degli alberi non è sufficiente, va escogitato altro per fermare l’avanzata della Xylella. Non a caso, la prima cosa in assoluto che ho pensato, quando la procura di Lecce ha sequestrato le piante in questione, è stata l’indispensabilità di rendere pubbliche le perizie sulle quali aveva disposto il sequestro. Oltre a una necessaria apertura a ricerche a livello internazionale. Su questo siamo d’accordo io e Antonia Battaglia. Credo sia l’unica maniera possibile per arrivare a un buon senso diffuso. Gli scienziati dell’Università di Bari stanno pubblicando su riviste peer review come si fa normalmente nei casi scientifici. Nessun altro ha pubblicato nulla di questo genere salvo i consulenti della procura, i quali hanno sostanzialmente confermato quanto sostenuto dagli scienziati dell’Università di Bari, per cui sono il primo ad auspicare che ci siano conferme e verifiche da parte di terzi perché la situazione è delicata: se avessero ragione gli scienziati del Cnr di Bari stiamo rischiando di devastare l’ulivicoltura di tutto il paese, forse anche dell’intera area mediterranea, nell’arco di qualche decennio. Non possiamo giocare.

Recentemente la Xylella è arrivata in altri paesi europei come in Francia dove stanno adottando esattamente quel che sono le misure dell’Unione europea, senza batter ciglio. Lì non ha colpito gli ulivi ma quando arriva un’epidemia di influenza aviaria in un allevamento, anche se si evidenzia un solo capo di bestiame malato si fa lo stamping out, ovvero anche se c’è un solo pollo malato in un allevamento se ne uccidono anche 60 mila, per impedire che l’epidemia dilaghi. E qui non stiamo abbattendo milioni di alberi ma qualche migliaio, 5 mila per la precisione, come era previsto nel secondo piano Silletti. Mentre si continua a studiare il fenomeno e a sperimentare nel campo scientifico, alcune misure di contenimento – anche se dolorose – sono indispensabili per arrestare epidemia di Xylella. Detto questo, l’assunzione di responsabilità da parte della politica a livello di ministero delle Politiche agricole è fondamentale perché c’è il rischio di messa in mora e sanzioni da parte dell’Unione europea.

MicroMega: Tra le varie sperimentazioni, c’è quella di Didier Ousset, direttore del consorzio Lubixyl che raggruppa 34 università e 160 ricercatori, il quale parla di un enzima del latte che sarebbe in grado di fermare
la Xylella senza uccidere gli ulivi.

Cattaneo: È un esperimento in vitro, non ancora in vivo, e non esistono dati pubblicati. Nel momento in cui ci saranno, si potrà attuare la sperimentazione. Mi sembra assolutamente la norma: il metodo con cui si procede nella scienza.

Battaglia: Insisto, l’Università di Berkley ritiene che la Xylella sia ancora il maggior sospettato però non c’è nessuna conferma e questo è da prendere in considerazione. Seconda cosa: il monitoraggio della regione Puglia smentisce Cattaneo e non parla di un’epidemia Xylella che sta salendo verso nord e che distruggerà il Mediterraneo. All’istantanea del novembre 2015, partendo dal considerare la zona clou dell’infezione – quindi parliamo di Gallipoli e Li Sauli – si vede che il batterio non si è esteso verso la zona vicina di Otranto e di Santa Maria di Leuca, né verso nord e che anche all’interno degli stessi focolai ci sono moltissimi alberi di ulivo che sono rigogliosi e che hanno dato frutti. Quindi il termine «epidemia» è inappropriato. I dati ufficiali dei monitoraggi della regione Puglia non confermano assolutamente nessun avanzamento verso nord.

Cattaneo: Assistiamo alla nascita di nuovi focolai. Non neghiamo l’evidenza: se guardiano le foto aeree del Salento, vediamo purtroppo uno stato penoso di intere zone colpite dal contagio.

Battaglia: Ma non possiamo parlare in base alle fotografie perché esse potrebbero essere state scattate nella zona di Gallipoli, di Li Sauli o in altre tra le zone maggiormente colpite. Noi ci basiamo innanzitutto su ciò che è scientifico e sul monitoraggio ufficiale che lei può vedere online.

Cattaneo: Mi scusi torniamo al nodo scientifico, come mai tutta questa sfiducia nei confronti dei ricercatori di Bari, che hanno una rete di collaboratori in centri di ricerca di mezzo mondo. Sono forse peggiori degli altri?

Battaglia: Non mi permetterei mai. Mi piacerebbe capire perché c’è soltanto questo istituto di Bari che è garante di tutta la questione Xylella. Tutto qui. Perché qualsiasi bando di ricerca o finanziamento viene vinto dal Cnr di Bari che ora è anche oggetto delle indagini della procura? In Puglia vorrei vedere tante équipe di studiosi internazionali che si occupano della Xylella: ci sono già diverse ricerche che potrebbero esser finanziate ma i fondi non arrivano perché destinati in maniera univoca.

Cattaneo: Se gli scienziati di Bari vincono dei bandi Efsa ci sarà una ragione. Evidentemente non sono così scadenti come si paventa da molte parti…

Battaglia: Esiste solo il Cnr di Bari in tutto il mondo?

Cattaneo: Vogliamo dire che i bandi Efsa sono truccati o che gli scienziati di Bari mentono?

Battaglia: Non ho detto questo. Ogni scienziato è a priori in buona fede perché fa parte del suo bagaglio deontologico. E questo vale sicuramente per gli esperti del Cnr di Bari.

Cattaneo: Ah, ecco. E quindi se vincono i bandi Efsa significa che presentano progetti di ricerca validi. I bandi pubblici non si vincono per estrazione a sorte.

Battaglia: Benissimo ma quel che posso constatare ad oggi è che la ricerca sulla questione Xylella è stata realizzata soltanto dal Cnr di Bari e in base ai loro esiti si condizionano le decisioni della Corte di giustizia europea, del ministero delle Politiche agricole e di altre importanti istituzioni scientifiche del nostro paese. Credo sia normale sollevare la questione di fronte a un problema così complesso del quale non si ha ancora conoscenza piena. Senza considerare le questioni economiche correlate all’eradicazione degli ulivi su cui si è espressa già la procura di Lecce.

MicroMega: Sta dicendo che ci sono interessi economici dietro all’eradicazione degli ulivi? Si riferisce delle agromafie?

Battaglia: Ho letto sia gli atti della procura di Lecce che il rapporto Agromafie redatto dalla Coldiretti ed Eurispes. In quest’ultimo si parla di interessi sulla diffusione del batterio, probabilmente fraudolenta. Potrebbe essere stato importato al fine di danneggiare il patrimonio non soltanto culturale e paesaggistico italiano ma addirittura la produzione dell’olio d’oliva.

MicroMega: La Monsanto è additata da qualcuno come responsabile perché nel 2008 acquistò Alellyx – anagramma di Xylella – società che studiava i fenomeni di propagazione e reazione della Xylella in Brasile da dove, alcune tesi in campo, portano a pensare sia stato a bella posta importato il batterio. Boutade o c’è qualcosa di vero?

Battaglia: Non credo alle teorie complottiste quindi ho i miei dubbi.

Cattaneo: Con Monsanto siamo a livelli di complottismo improbabile. Monsanto produce questi famosi semi ogm ed è impegnata sulle commodities. In Puglia ci sono 60 milioni di ulivi più o meno, e si tratta di alberi secolari. Ora, se quelli della Monsanto investissero milioni di dollari per produrre 60 milioni di semi – ossia due sacchi – per venderli sostanzialmente una volta e mai più, sarebbero non solo malvagi, ma dei veri imbecilli. Per cui onestamente la questione Monsanto cerchiamo di toglierla di mezzo una volta per tutte perché scadiamo veramente nel ridicolo.

Inoltre si tratta il Salento come fosse il centro del mondo. Francamente se uno mette il Salento nelle dimensioni del Midwest americano, che è il granaio degli Stati Uniti e del Nordamerica, si rende conto che questi interessi sono un po’ bizzarri. Per quanto riguarda le agromafie, che ci siano in questo paese non c’è dubbio, ma vedo improbabile l’ipotesi dell’importazione volontaria sostenuta dalla procura. Andrà verificata in tribunale, e ho i miei dubbi. L’Europa, su questa vicenda, ha una responsabilità enorme. Ma non per le scelte di abbattimento degli ulivi ma per la facilità con la quale possono entrare sul suolo europeo le patologie vegetali: la Xylella, ad esempio, è entrata in Italia almeno 5 volte attraverso importazioni che son passate quasi sempre dall’Olanda. E questa è una responsabilità gigantesca dell’Europa, che dal punto di vista del protezionismo e della tutela del proprio patrimonio ha fallito. Forse nei confronti dell’Europa sarebbe molto meglio insistere su questo che non sul fatto – come ha sostenuto anche il governatore Emiliano nell’ultima task force – di fare battaglie legali. Credo che il lavoro degli scienziati di Bari sia stato un lavoro eccellente da molti punti di vista e che forse sarebbe ora di cominciare seriamente a pensare di fare qualcosa. Era sufficiente che la regione stanziasse fondi per ulteriori ricerche, ma non è stato fatto. Si continua a traccheggiare senza mai prendere seriamente una decisione e continuando a rimanere sospesi. Probabilmente il paese vive in una sorta di campagna elettorale permanente per cui la vicenda è diventata molto più politica che scientifica. E questo secondo me è contro l’interesse di tutti.

Battaglia: Come lei, credo che ci siano enormi responsabilità politiche. Nel 2013 è partito l’allarme che ha fatto scatenare la quarantena in Europa poi, successivamente, non siamo riusciti nemmeno a confermare che fosse effettiva
mente colpa della Xylella fastidiosa perché i dati e le ricerche languono. Prima di lanciare l’allarme, l’Italia doveva verificare più dettagliatamente il quadro. Di conseguenza, adesso, anche l’Europa è in un’impasse e si continuano a reiterare errori su errori. Non si capisce perché non siano stati stanziati dei fondi già nel 2013 per esaminare il disseccamento e analizzare la situazione. Sono passati nel frattempo tre anni molto preziosi nei quali per fortuna il monitoraggio ci dimostra che il contagio non sta procedendo verso nord ma si sarebbe potuto fare molto di più da parte delle istituzioni nazionali e regionali. C’è un’inadeguatezza generale della politica che poi condiziona – come abbiamo potuto verificare – anche le sentenze della Corte di giustizia europea.

Cattaneo: Prima si discuteva appunto della sentenza della Corte di giustizia. In realtà, con la pubblicazione dello studio del Cnr di Bari, Efsa conferma che la Xylella fastidiosa è responsabile della malattia che sta distruggendo gli ulivi nell’Italia meridionale. Gli unici studi disponibili e affidabili sono quelli e giungono a una conclusione di nesso causale. Finora la task force non ha prodotto risultati e le responsabilità politiche continuano a essere serie, se pensiamo che l’Europa ci intima di intervenire con urgenza per arginare questa epidemia (perché di tale si tratta). Il governo, il ministero dell’Agricoltura e la regione Puglia dovrebbero mettere da parte gli attriti e lavorare congiuntamente per risultati concreti: qui non si parla soltanto di abbattimento degli ulivi ma di intraprendere una battaglia contro un vettore – un insetto che riesce a trasmettere il batterio da una pianta all’altra – e capire il suo ciclo vitale. Bisognerebbe fare investimenti importanti in ricerca e non ho nulla in contrario al fatto che, come si diceva prima, vengano investiti anche organismi e gruppi di ricerca internazionali. Anzi, ben vengano. Purché si agisca in fretta perché ho la sensazione che più si lascia passare il tempo e più questo problema diventerà veramente un’emergenza seria e pericolosa per l’agricoltura italiana.

MicroMega: Già adesso l’abbattimento degli ulivi non procura un danno immane ai produttori producendo un danno economico, oltre a quello ambientale, non indifferente?

Cattaneo: Il danno economico è dovuto alla malattia delle piante, perché gli ulivi colpiti dalla Xylella francamente non credo producano chissà quanto olio…

Battaglia: Producono invece, si sbaglia.

Cattaneo: Mi scusi, gli ulivi senza foglie come fanno a produrre olio?

Battaglia: Mi riferisco agli ulivi che sono stati curati e sono tantissimi. Centinaia.

Cattaneo: Allora abbiamo notizie differenti. So che quelli curati hanno un primo recupero ma dopodiché manifestano nuovi sintomi di disseccamento.

Battaglia: Alcuni alberi con i sintomi di disseccamento non hanno tracce di contagio di Xylella. Come mai? Questo è il fattore sul quale vorremmo, io e i comitati popolari, spiegazioni da scienziati ed esperti come lei. Come scritto sull’ultimo rapporto dell’Efsa dovremmo investigare sulle concause per esempio i funghi, il ruolo dei vettori, la microbiologia del suolo eccetera. Possono diventare elementi importanti per farci comprendere al meglio ciò che si verifica in Puglia. C’è già della letteratura (studi fatti in Brasile e altrove) ma non basta.

Cattaneo: Il fatto che ci siano tracce di Xylella ma non sintomi di disseccamento non è particolarmente significativo: ad esempio, una persona può essere sieropositiva e non avere l’Aids conclamato. È esattamente la stessa situazione. La sintomatologia probabilmente – dico probabilmente perché non sono uno scienziato – dipende dalla concentrazione batterica all’interno dei vasi xilematici.

Battaglia: Quest’estate la invito a venire in Puglia perché le vorrei mostrare con alcuni agricoltori che moltissimi ulivi – che avevano avuto sintomi di disseccamento e che sono stati curati – hanno prodotto frutti e da questi sarà prodotto l’olio. Però naturalmente sono tutti esperimenti artigianali, non ufficiali, certo, ma sono guarigioni da tenere presente.

Cattaneo: Non esiste guarigione.

Battaglia: Non parlo della guarigione della pianta – in alcune i sintomi della Xylella non ci sono neanche! – ma della produzione dei frutti. Una fonte di ricavo per l’agricoltore. Nella zona di Gallipoli ci sono alberi distrutti ma anche molti alberi senza sintomi: nello stesso appezzamento di terreno due alberi mostrano i sintomi e altri otto no. Se i dati sono quelli che abbiamo e sono scritti nero su bianco e se i postulati di Kock non possono essere dimostrati, su quale base scientifica si porta avanti la certezza di un nesso di causalità?

Cattaneo: L’epidemia si muove con un vettore visto che gli alberi fortunatamente stanno al posto loro. C’è un fattore da tenere in considerazione: i postulati di Koch vengono dati esattamente da quello studio di marzo dei baresi di cui dicevamo e su questo l’Efsa è abbastanza chiaro. Però senza addentrarci in questo argomento, non c’è il minimo dubbio che bisogna cercare di studiare maggiormente il caso. Rispondendo alla domanda iniziale di MicroMega, grossa parte della produzione di olio salentina è produzione di olio lampante che, successivamente, in una seconda fase, viene usato poi per fare l’olio d’oliva. L’extravergine ha una produzione molto più cospicua nelle zone più a nord, tra Andria e Bitonto, nel barese, e credo che, tutto sommato, Coldiretti Puglia si preoccupi proprio che sia quell’economia che possa venire intaccata in maniera abbastanza seria dal contagio di Xylella. Il valore paesaggistico è primario rispetto al valore della produzione. Resta il fatto che gli unici punti fermi dal punto di vista scientifico ad oggi li hanno messi gli scienziati baresi. Per il resto sarebbe significativo che ci fosse un investimento a livello sia centrale sia regionale e che l’Europa non si limitasse a bacchettarci e desse una mano in più.

Battaglia: Lo dicevo prima: andare contro l’Europa è un escamotage facile che viene utilizzato politicamente – e mi rattrista che Marco Cattaneo lo faccia in questo modo – ed è troppo comodo perché solleva dalle responsabilità il Cnr di Bari. Ad oggi noi non siamo riusciti a fornire a Bruxelles una certezza scientifica sui danni procurati dalla Xylella fastidiosa.

Cattaneo: Ho soltanto detto che l’Europa potrebbe darci un contributo maggiore…

Battaglia: Il contributo maggiore l’avrebbe dovuto apportare il nostro ministero. E forse anche la scienza. Per risolvere la questione avrebbero dovuto creare un team di ricercatori esperti che purtroppo non è mai nato, per non so quale motivo. Così accade in altri paesi europei, ma non in Italia dove non si è lavorato sul caso Xylella con lo stesso vigore con cui ci si è adoperati per Expo.

Cattaneo: Allora, Giuseppe Stancanelli, responsabile della Animal and Plant Health Unit dell’Efsa, ha dichiarato sullo studio di patogenicità dell’Un
iversità di Bari: «Tali risultati confermano che il ceppo di Xylella fastidiosa provoca il deperimento dell’ulivo». Quindi Efsa non mi sembra nutra tantissimi dubbi. Infine, non do tutta la colpa all’Europa. L’Europa ci sta facendo delle urgenze semplicemente perché altri paesi membri stanno adottando le misure di contenimento di un patogeno da quarantena come la Xylella fastidiosa esattamente come sono state decise dall’Europa.

Battaglia: Sul rapporto dell’Efsa – che ho ben studiato – è scritto chiaramente che esso poggia le basi sullo studio del Cnr di Bari, quindi gli esiti finali della ricerca sono gli stessi. Lo stesso Stancanelli dice che «observation will be extended» e che più dati dovranno essere recuperati nel corso dei prossimi mesi per quanto riguarda alcuni tipi di cultivar nei quali l’osservazione non ha ancora confermato quali siano gli effetti del batterio. Sempre secondo il dottor Stancanelli, si tratta di un importante passo avanti «in quanto potremo valutare» – leggo sul rapporto – «effettivamente e con precisione il rischio che un’epidemia si diffonda solo se colmeremo le lacune nella conoscenza sulla gamma di piante ospiti e sull’epidemiologia del ceppo pugliese».

MicroMega: Credo che entrambi siate d’accordo nel dire che oltre al lavoro scientifico è indispensabile un nuovo protagonismo della politica, ad oggi troppo assente nella vicenda Xylella. Non trovate?

Battaglia: La politica deve riuscire a porre le condizioni affinché la scienza possa operare nel modo più imparziale possibile e affinché tutti i risultati scientifici possano essere convogliati nelle sedi preposte. Ribadisco, infine, che è preponderante un apporto scientifico che non venga soltanto dal Cnr di Bari ma che mi piacerebbe vedere esteso a più istituti e scienziati in Italia e all’estero.

Cattaneo: La base sta nell’avere fatti condivisi dal punto di vista scientifico. Come passaggio successivo credo che i politici si debbano limitare a prendere decisioni, in fin dei conti li paghiamo per questo.

a cura di Giacomo Russo Spena

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di Francesco Sylos Labini

Abbattere ulivi secolari è una decisione straordinaria che dovrebbe essere presa solo alla luce di evidenze scientifiche indiscutibili. Non è questo il caso della vicenda ulivi in Puglia. I dati che abbiamo, infatti, alla luce degli scientificamente imprescindibili ‘postulati di Koch’, non consentono di affermare con ragionevole certezza che il responsabile della malattia sia il batterio Xylella fastidiosa.

(12 settembre 2016)



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