Xylella, gli anatemi e le domande senza risposta

Petra Reski

“Perché insistere su misure di lotta al batterio che si sono rilevate fallimentari non solo in Italia ma dovunque siano state applicate?”. L’autrice dell’articolo ‘Giallo Xylella’ su risponde all’ del direttore del CNR Mauro Centritto pubblicato su MicroMega online.
Gentile Direttore,

ricordo a noi tutti che le etichette e gli anatemi, nonché la divisione del mondo fra contrapposte fazioni, lungi dall’essere pratiche scientifiche sono, piuttosto, strumenti utilizzati dalla propaganda che non dovrebbero appartenere a chi si occupa di scienza per professione.

Premesso questo e proprio per questo, non entrerò nel merito dello , della banalizzazione che si fa delle testimonianze raccolte (lasciando ai lettori ogni valutazione al riguardo), dei dati riportati (in quanto verificabili da chiunque) né, tanto meno, dei fatti incontrovertibili attestati dalla Procura di Lecce (e di cui ognuno può avere contezza semplicemente leggendo il Decreto di Archiviazione del 2019), ma mi soffermerò solo su un punto chiave rispetto al quale risulta davvero strabiliante leggere dalla penna di un ricercatore quanto segue:

“Già agli inizi del 2016, mentre il disseccamento continuava a distruggere rapidamente l’olivicoltura salentina (l’analisi di immagini satellitari da poche migliaia a fine 2013 ha fatto levitare a 6,5 milioni il numero di olivi gravemente danneggiati già a fine 2017), furono pubblicati dati che, attraverso la dimostrazione dei postulati di Koch, dimostravano chiaramente che l’agente eziologico della malattia fosse proprio il batterio da quarantena. I lavori scientifici confermavano quindi il ruolo di X. fastidiosa come unica causa del disseccamento rapido degli olivi e quindi anche i timori di una diffusione epidemica della malattia”.

Il rapporto di casualità fra disseccamento e Xylella fastidiosa, alla cui conclusione giungono Saponari e altri sulla base di alcuni esperimenti di laboratorio (ricerca a cui presumo si faccia riferimento), è stato contestato proprio in questa Rivista da e recentemente smentito da una ricerca di Scortichini e Cesari (2019). Questi ultimi, stabiliscono che su 5378 ulivi con i sintomi del disseccamento, la Xf è stata rilevata solo su 2078 campioni, mentre nella maggior parte delle piante, ovvero in 3.300 campioni la Xf non è stata trovata. La Xf è stata trovata, invece, in 1653 piante su un totale di 8.328 alberi asintomatici.

Del resto, il prof. Alberto Lucarelli (2020), noto costituzionalista, ci fa notare come una recente sentenza della Corte di Giustizia europea (Sezione V- 5 settembre 2019, causa C-443/18) attesti come la Commissione europea abbia basato le sue decisioni sulla presunzione del nesso di causalità fra abbattimento degli alberi e la diffusione del batterio, ovveronon abbia dimostrato un nesso di causalità tra la violazione degli obblighi europei (mancata eradicazione degli olivi) e la diffusione del batterio della Xylella”.

Vale la pena ricordare poi che Scortichini (2020), batteriologo di fama internazionale esperto di Xylella, ha anche dimostrato che la fitopatia sia controllabile attraverso l’utilizzo di un composto con attività battericida, testato su varietà autoctone di ulivo dichiarate positive al batterio con esperimenti in campo aperto condotti per tre anni, che ha consentito una riduzione significativa della concentrazione del batterio e la ripresa vegetativa degli ulivi anche plurisecolari presenti in zona infetta (con una produzione media annua fra i 40-60 quintali per ettaro).


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Allora, perché insistere su misure di lotta al batterio che si sono rilevate fallimentari non solo in Italia ma dovunque siano state applicate (per esempio, a Taiwan, in California e in Brasile per citare solo alcuni casi riportati nel Rapporto EFSA 2015)? Perché finanziare delle coltivazioni di Leccino e Favolosa, quando le “misure per la competitività delle filiere agricole strategiche e per il rilancio del settore olivicolo nelle aree colpite da Xylella fastidiosa” (Legge 205/2017) sono classificate dal Ministero dell’Ambiente come “sussidio ambientalmente dannoso” (SAD) poiché incentivano “un reimpianto con piante tolleranti al batterio che favorisce una riduzione di diversità di specie esponendo le stesse a nuove epidemie in futuro” ?

La gravità della situazione dovrebbe richiamare tutti – chi si occupa di comunicazione (ma, aggiungo, anche chi si occupa di scienza, oltre che di politica) – a comportamenti professionali e responsabili. Su questo si concorda.

Fonti

SYLOS LABINI F. (2016), “Xylella: dalla scienza più dubbi che certezze”, MicroMega, 6/2016 ().

SCORTICHINI M., CESARI G. (2019), “An evaluation of monitoring surveys of the quarantine bacterium Xylella Fastidiosa performed in containment an buffer areas of Apulia, Southern Italy”, Applied Biosafety: Journal of ABSA International, vol. 24 (2), Absa International, pp. 96-99

SCORTICHINI M. (2020), “Xylella, nuovi protocolli di convivenza negli oliveti pugliesi”, Rivista di frutticoltura e ortofloricoltura, 2/2020, pp. 52-54

LUCARELLI A. (2020), “La questione della “Xylella fastidiosa” tra adempimento degli obblighi europei e tutela dei principi fondamentali”, Giurisprudenza costituzionale, Milano, Giuffre Editore, pp. 345-352.

(24 agosto 2020)




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