Aborto, la Polonia tra modernità e premodernità

Daniele Stasi

Per la maggioranza nazional-populista al governo in Polonia, le ultime settimane sono state le più difficili dopo la vittoria alle elezioni politiche dell’anno scorso. Tre avvenimenti hanno provocato la reazione decisa di Jaroslaw Kaczysnki, capo del partito di “Diritto e giustizia“ e autentico leader della maggioranza di governo: le turbolenze in seno all’esecutivo in seguito alla crescita nei sondaggi di un partner junior della colazione, “La Polonia solidale”: formazione capeggiata dall’ambizioso ministro della giustizia Zbigniew Ziobro; la richiesta al governo polacco da parte dell’UE del pieno rispetto dei principi democratico-costituzionali in cambio del lasciapassare ai finanziamenti straordinari previsti dopo la pandemia; la massiccia protesta dei movimenti contrari alla recente sentenza della Corte Costituzionale polacca, sotto il pieno controllo della coalizione al governo, che limita drasticamente il diritto delle donne all’interruzione della gravidanza.

Il sei ottobre, a causa dell’approfondirsi dei dissapori nella maggioranza, Kaczysnki ha dovuto definitamente rinunciare al ruolo che si era ritagliato per sé negli ultimi anni di padre della patria disinteressato alle cariche istituzionali, sul modello di Józef Piłsudski, e accettare l’incarico di vicepremier “con delega alla sicurezza e alla difesa nazionale” e con compiti di coordinamento e indirizzo dell’attività dell’esecutivo.

L’ingresso nel governo del leader riconosciuto dei nazionalisti polacchi e la ridistribuzione delle deleghe tra i ministri, dovevano porre fine alle tensioni tra le forze politiche impegnate nelle ultime settimane a gestire una recrudescenza del virus Covid19 e una crisi economica che mette a repentaglio le conquiste sul piano strutturale e sociale dello Stato più importante dell’Europa centro-orientale negli ultimi quindici anni.

Pochi giorni dopo il rimpasto di governo, l’UE, sulla scorta delle misure preventive e delle sanzioni comminate negli anni scorsi allo Stato polacco a causa delle sue posizioni in contrasto con i principi dell’Unione, ha richiesto il ripristino di un pieno equilibrio dei poteri in Polonia, in particolare tra l’esecutivo e giudiziario, a fronte dell’assegnazione degli aiuti previsti dal Fondo per la ripresa (Recovery Fund). La risposta di Kaczynski non si è fatta attendere: "L’Unione Europea assomiglia alla vecchia USSR (…) Difenderemo la nostra identità, la nostra libertà e la nostra sovranità a tutti i costi (…) porremo il veto sulla legge di bilancio. Se le minacce e le intimidazioni continueranno, difenderemo in maniera risoluta l’interesse vitale della Polonia". Al fronte aperto con l’UE da Kaczynski, unitamente al suo sodale ungherese Viktor Orban, si è aggiunto da alcuni giorni il conflitto con ampi settori della società civile riguardante la sentenza del 22/10/2020 della Corte Costituzionale che dichiara illegittimo il ricorso all’interruzione della gravidanza anche nei casi di malformazione del feto.

Secondo la legge in vigore in Polonia, si può ricorrere all’aborto in tre casi: la patologia conclamata del feto, la minaccia per la vita della madre in relazione a complicazioni legate alla gestazione o qualora la gravidanza sia il frutto di una violenza sessuale. La sentenza della Corte, rimuovendo una della possibilità per cui si riconosce il diritto all’aborto, ha provocato il sorgere spontaneo di movimenti di protesta che in tutta la Polonia vedono fianco a fianco donne, medici, padri di famiglia di diversa età e differenti idee politiche. Le numerose manifestazioni, del tutto pacifiche, si sono svolte in molti casi nei pressi delle chiese e degli istituti religiosi cattolici, accusati dai promotori della protesta di sostenere in maniera illegittima una legge liberticida e che distruggerebbe la vita di molte madri, condannate inevitabilmente a sofferenze, non solo di carattere psicologico, e a irreparabili tragedie personali e familiari.

Kaczysnki si è dichiarato a favore della restrizione del diritto di aborto e, in un intervento alla Camera bassa del Parlamento, ha tuonato contro i dimostranti “al servizio degli sporchi interessi dell’opposizione” i quali “otterranno come unico risultato il diffondersi del contagio e l’aumento del numero delle vittime di Covid19” causato dagli assembramenti disordinati dei manifestanti. In un momento di palese crisi politica, il leader nazionalista ha rispolverato la retorica dello stato di emergenza e di guerra contro il nemico alle porte chiedendo “ai militanti e ai sostenitori di Diritto e Giustizia di organizzarsi in difesa della Chiesa, di ciò che oggi è sotto attacco e non di un attacco casuale, ma da parte di quelle forze che se trionfassero, porterebbero alla fine della Polonia (…) Nei cortei si fanno strada il nichilismo e la volgarità della parte peggiore della nostra società. Alle manifestazioni partecipano anche i bambini. Bisogna contrapporsi a tutto questo. Ad ogni costo. Difendiamo la Polonia!”. L’appello alla lotta del politico nazionalista contro un “il nemico subdolo: vero ispiratore delle manifestazioni contro la vita e contro la nazione polacca” è volto a radicalizzare lo scontro politico e nascondere le questioni spinose e i gravi problemi, di carattere interno e sul piano internazionale, che il governo polacco deve affrontare in queste settimane.


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Nei sondaggi il 70% dei polacchi asserisce di essere contrario alla sentenza della Corte Costituzionale e il partito di Diritto e Giustizia vede erodere il suo consenso che, secondo le stime che risalgono al 28 di ottobre, si attesta intorno al 26%: diversi punti in meno rispetto a sole due settimane fa. Di fronte all’accentuarsi della protesta dei cittadini nei luoghi pubblici, malgrado il pericolo della diffusione del Covid19, rimangono poche strade dinanzi al governo nazional-populista per uscire fuori dall’impasse: una modifica della Costituzione che ribalti di fatto la sentenza della Corte Costituzionale; l’indizione di un referendum abrogativo di leggi ulteriormente restrittive delle libertà delle donne di decidere del proprio corpo; l’imposizione del lockdown, al fine di arginare le proteste nelle piazze, oppure l’apertura di scenari che farebbero del governo polacco un regime irreversibilmente autoritario. Scenari che la retorica di Kaczynski, e la proposta di alcune forze di governo nelle ultime ore di porre un generale a capo del ministero della sanità, sembrerebbero non escludere.

Allo stesso modo di alcuni anni fa, le donne sono le protagoniste delle manifestazioni in corso. Rivendicano il diritto alla propria esistenza contro una legge che pare fare del corpo femminile “una proprietà della nazione” e rappresenta il dramma di ogni interruzione di gravidanza come un “capriccio eugenetico” che viola il diritto naturale e costituisce il risultato dell’edonismo libertino promosso della cultura occidentale e dalle “élite liberali”. Ancora una volta la Polonia è attraversata da un conflitto culturale profondo, a cavallo tra modernità e premodernità; per la libertà individuale, che dovrebbe essere riconosciuta e tutelata dal potere politico, oppure per il “diritto nazionale” fondato sull’esistenza del nemico, lo stato d’eccezione e il potere sulla nuda vita.

(30 ottobre 2020)





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