Assassini torturatori e Legion d’Onore

Paolo Flores d’Arcais



La magistratura italiana ha incriminato alcuni alti esponenti dei servizi segreti egiziani per le torture e l’assassinio di Giulio Regeni, avvenuto quasi cinque anni fa. Già allora era evidente di chi fosse la responsabilità del crimine. Ora è iniziata l’azione penale, ciò che era ovvio per chi volesse capire diventa ufficiale in sede giudiziaria (naturalmente c’è la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio, ecc., ecc.).

Il presidente francese Macron il 7 dicembre ha insignito il presidente egiziano Al Sisi, da cui dipendono i servizi segreti che hanno torturato e assassinato il nostro (e di Macron) concittadino europeo Giulio Regeni, della Legion d’Onore, massima onorificenza d’oltralpe.

Corrado Augias ha immediatamente riconsegnato la Legion d’Onore di cui era stato insignito anni fa. Il suo gesto è stato immediatamente seguito da Sergio Cofferati, Giovanna Melandri e Luciana Castellina (quest’ultima per una diversa onorificenza francese).

Piero Fassino e Stefania Prestigiacomo, Pd e Forza Italia, hanno dichiarato che restituire la Legion d’Onore è uno sbaglio e, rinverdendo il Nazareno, se la sono tenuta. Emma Bonino anche se l’è tenuta, però soffrendo “imbarazzo”. Massimo D’Alema, Romano Prodi, Walter Veltroni, Dario Franceschini e molti altri politici italiani insigniti della Legion d’Onore non hanno detto una parola in proposito, dunque se la tengono ben stretta anche loro.

Offenderei Castellina, Augias, Cofferati e Melandri se dicessi che il loro è stato un gesto coraggioso, sono persone, tutte, consapevoli che il coraggio è altro, che il loro gesto è invece la sacrosanta reazione che dovrebbe essere automatica per ogni cuore democraticamente coerente. Viltà è piuttosto quella di chi questo elementare riflesso di coerenza democratica non l’ha avuto.

Poi ci sono però le istituzioni italiane. La magistratura ha iniziato l’iter giudiziario. E il Legislativo? E l’Esecutivo? Non hanno fatto nulla. Né rispetto al governo egiziano, perché non si può fingere che torture e assassinii perpetrati dai servizi segreti egiziani siano frutto di qualche “melamarcia deviata”, visti i quasi cinque anni di sistematico depistaggio del regime di Al Sisi, né rispetto alla massima onorificenza con cui Macron lo ha celebrato.

Ritirare l’ambasciatore italiano al Cairo, revocare le credenziali all’ambasciatore di Al Sisi a Roma, sono gesti simbolici, si dirà, e Al Sisi se ne fregherà altamente. Ma i gesti simbolici sono gesti, appunto, sono fatti, sono azione. Darebbero un segnale. E l’Italia dovrebbe portare la questione in sede europea. Se avesse un governo, naturalmente, e non un simulacro, che gode di un unico merito, involontario ma, ahimè, grandissimo: se cade e si va al voto arriva un Parlamento a stramaggioranza orbaniana, che elegge il pregiudicato Berlusconi al Quirinale e per cinque anni governa con il pre-fascismo di Salvini e Meloni. Non sono tempi radiosi, proprio no.
 
(15 dicembre 2020)



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