Dalla parte di Chantal

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Trovo che il diritto di morire con dignità sia una delle battaglie di civiltà tra le più importanti di oggi. Chantal, questa donna sfigurata e torturata da un terribile cancro, ha compiuto, a mio avviso, una scelta saggia e moralmente apprezzabile.

Questa è stata anche la decisione realizzata dallo scrittore Hugo Claus. Repubblica di giovedì 20 marzo scrive:

"E’ morto ieri a 78 anni in un ospedale di Anversa. Nel giorno e ora in cui aveva deciso. Se n’è andato per eutanasia. Perchè il Belgio è uno dei tre paesi europei, con Lussembrgo e Olanda, dove la "buona morte" dal 2002 è legale… ‘Sono felice per Claus. Lui ha potuto, lui ha avuto la libertà di scegliere quando la vita gli è parsa senza via di uscita, senza speranza’. Così Mina Welby, pensando alla lunga lotta di suo marito prima di poter smettere le cure, ha commentato la notizia della morte del grande scrittore".

Come uomo e come credente condivido pienamente queste scelte e spero che questa possa essere la mia libertà e la mia responsabilità davanti alla morte.

Riporto qui alcune espressioni piene di sapienza e di fede del teologo Hans Kung:

"Come cristiano e come teologo, sono dell’opinione che il Dio misericordioso, che si attende dall’uomo libertà e responsabilità per la sua vita, ha anche lasciato all’uomo che è in procinto di morire la responsabilità e la libertà di coscienza di decidere il modo e il tempo della sua morte. Una rsponsabilità che nè lo stato nè la chiesa nè un teologo o un medico possono togliergli…

Come a nessuno è lecito spingere, costringere o forzare un altro a morire, così nessuno può costringere un altro a continuare a vivere. C’è una decisione più personale di quella del malato terminale di porre o non porre fine alla sua vita?

Se la totalità della vita è stata affidata da Dio alla responsabilità dell’uomo, allora questa responsabilità vale anche per l’ultima fase della sua vita, vale anche per quello che è il vero e proprio caso più serio della sua vita: quando si tratta di morire. Perchè proprio questa fase ultima della vita dovrebbe essere sottratta alla responsabilità dell’uomo?"
(La dignità della morte. Tesi sull’eutanasia, Datanews, Roma 2007, Pagg. 96).

L’esercizio di questa responsabilità significa vivere la nostra vita interamente al cospetto di Dio fino a restituirgliela, fino a rimetterla nelle Sue mani. Oggi l’esercizio di questa responsabilità è sostanzialmente impedito da codici professionali, da leggi civili e da pregiudizi religiosi.

Accanto alla battaglia politica resta da compiere un immenso lavoro anche rispetto alla formazione della coscienza individuale. Si tratta di entrare in un orizzonte culturale e teologico che superi l’ideologia della astratta sacralità e intangibilità della vita.

(26 marzo 2008)



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