Elezioni USA: c’è posta per te. Verso un nuovo caso Bush v. Gore?

Elisabetta Grande


Difficile in questo momento dire come andrà a finire la competizione elettorale in corso negli Stati Uniti, anche se Joe Biden pare via via guadagnare posizioni. Vari Stati sono ancora in bilico e tutto è ancora possibile. Una cosa però è certa: non c’è stata la sconfitta eclatante di Trump che in molti avevano pronosticato. Stati che, secondo le previsioni, Trump avrebbe dovuto vincere a stento, hanno visto una sua riuscita a doppia cifra (alta). Così l’Indiana, il Kansas, il Montana, il Missouri, il South Carolina, lo Utah e l’Alaska, quest’ultimo Stato addirittura vinto da Trump con il 30 per cento di margine, forse a causa del via libera dato dall’attuale amministrazione a trivellazioni capaci di distruggere una delle aree naturali più selvagge e finora protette del mondo, quale l’Arctic National Wild Refuge.

A pensar bene i sondaggi si sono rivelati sbagliati perché gli elettori di Trump non dicono chi votano, a pensar male perché in qualche misura si è voluto orientare il voto. D’altronde qualche tempo fa la MSNBC ha mandato in onda delle interviste a così detti indecisi per sapere cosa avrebbero votato, ben sapendo che indecisi non lo erano affatto, ma che avrebbero votato per Biden https://www.youtube.com/watch?v=yezQEs0bezU. Il mondo dei media main stream ha fatto un tifo spietato per il candidato dem, al punto che Intercept ha per esempio censurato il suo co-fondatore Glenn Greenwald quando ha tentato di pubblicare un pezzo che criticava Biden, provocandone le dimissioni. Che tutto ciò abbia finito per funzionare come un boomerang?

Sia come sia la situazione di stallo in cui oggi si trovano gli Stati Uniti, mentre testimonia la spaccatura profonda del corpo elettorale e della popolazione tutta, lascia molti perplessi circa il futuro prossimo che attende il paese. E’ venuto il momento di quel civil unrest, ossia di quei disordini civili, con scontri di piazza fra milizie armate, che da qualche tempo si paventa? Certamente una sconfitta di misura non lascerà senza reazione Trump, ma il ricorso alla violenza, nonostante tutto, sembra davvero essere l’ultima spiaggia. Prima di quella (e teniamo presente che nel passato altre volte e in situazioni ben più drammatiche ci si è andati vicini, senza mai arrivarci) la via privilegiata da Trump sarà quella che si è precostituito nominando Amy Coney Barrett quale giudice alla Corte Suprema. Se Pennsylvania e North Carolina, in cui la Corte Suprema statale nel primo caso e il comitato elettorale nel secondo -contro una diversa presa di posizione sul punto delle legislature degli Stati- hanno allungato i tempi per la valida recezione di voti per posta spediti prima o entro il 3 novembre (fino a tre giorni e fino a nove giorni dopo l’Election Day, rispettivamente), daranno la vittoria a Biden, il ricorso alla Corte Suprema federale -ormai in composizione piena- è scontato.

La Corte Suprema federale si è già, infatti, espressa sulle incursioni del giudiziario (o del comitato elettorale nel caso del North Carolina, la cui decisione è stata poi avallata dal giudiziario federale) nelle competenze del legislatore, ma non avendo ancora fra i suoi membri la Barrett, si è divisa 4 a 4 e non ha potuto rovesciare le decisioni delle Corti inferiori. Si è però riservata di ritornare sulla questione successivamente e almeno tre giudici Alito, Thomas e Gorsuch, hanno già fatto presente la loro propensione a dare ragione ai repubblicani (che chiedevano il rispetto della volontà dei legislatori), arrivando perfino a citare, quale autorevole precedente in qualità di pronuncia capace di decidere le sorti della presidenza, la tanto criticata sentenza Bush v. Gore, con la quale nel 2000 la SCOTUS aveva attribuito d’imperio la vittoria a Bush interrompendo il conteggio manuale dei voti. https://www.nytimes.com/2020/10/28/us/supreme-court-pennsylvania-north-carolina-absentee-ballots.html.


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I voti per posta, in particolare in Pennsylvania, hanno privilegiato sproporzionatamente Biden, che in quello Stato ad esempio li ha vinti per il 78 per cento e sono ora in grado di rivoluzionare il voto in presenza, risultato invece in misura significativa a favore Trump, il quale mentre si scrive è in quello Stato ancora in vantaggio. Si tratta proprio delle circostanze che il Presidente in carica paventa da tempo, per sventare i cui effetti ha da subito delegittimato in tutti i modi il voto postale con accuse di frodi e manomissioni, sotto finanziando il Postal Service e incitando a votare due volte. L’obiettivo era precostituire le basi per un ricorso alla Corte Suprema più ampio possibile, per modo da lottare fino alla fine contro una sconfitta di misura, rimanendo nella legalità.

Donald Trump, che è un genio del male come dice Michael Moore, da sempre sfrutta a suo favore le fragilità del sistema mettendo a nudo le sue contraddizioni. È però anche un uomo fortunato, che ha avuto l’opportunità di sostituire proprio prima di queste elezioni una delle componenti più progressiste della Corte con una giudice nella cui diversa visione politica può sperare perché gli dia ragione in giudizio. Certamente, a seconda di come evolverà la situazione Trump, insieme ai suoi avvocati e magari con l’aiuto di quel Rudy Giuliani che gli è stato sempre vicinissimo, troverà il modo di mettere in dubbio la legittimità della sua eventuale sconfitta, che proprio perchè di misura può sperare di rovesciare in Corte.

Se mai ciò dovesse accadere, però, la legittimazione di quell’organo giudiziario subirebbe un durissimo colpo, con conseguenze non facili da immaginare. Il caso Dred Scott, in cui nel 1857 la Corte Suprema federale si dimostrò troppo partigiana a favore degli schiavisti e a seguito della cui decisione il paese si ritrovò catapultato nella guerra civile perché il diritto aveva fallito nell’offrire una soluzione rispettabile e autorevole, insegna.

(5 novembre 2020)





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