Elezioni Usa, è battaglia tra scienza e fede

Fabio Perelli

Lo scontro tra evoluzionisti e creazionisti è entrato prepotentemente nella campagna elettorale, con il repubblicano Santorum che considera il darwinismo la causa di tutti i mali. Il punto sul dibattito in corso, con due interviste allo scienziato Telmo Pievani e al giornalista Maurizio Molinari.

e Claudio Dutto

Un volto rassicurante e incorniciato da una lunga barba bianca entra prepotentemente nella corsa alla Casa Bianca. Il suo nome è Charles Darwin: non si tratta di un omonimo del celebre naturalista inglese, ma proprio del padre della teoria della selezione naturale. Il controverso dibattito tra creazionismo ed evoluzionismo infiamma, infatti, l’attuale campagna elettorale negli Stati Uniti. È soprattutto Rick Santorum a negare la teoria darwiniana, dichiarandosi convinto dell’assoluta veridicità del creazionismo. Ma per quale motivo il dibattito politico è giunto su questo terreno sconnesso? Per comprendere le ragioni di questa situazione occorre ripercorrere la storia a ritroso fino a giungere a un luogo e una data precisa: Tennessee, 1925.

In un’aula di tribunale, John Thomas Scopes, un insegnante, viene condannato per aver spiegato la teoria evoluzionista a scuola. Si tratta del cosiddetto “processo della scimmia di Scopes”, divenuto celebre perché scosse gli animi di un’intera nazione.
Si trattò probabilmente dell’evento più significativo di un conflitto scoppiato sin dall’inizio del secolo. La scienza ai primi del ‘900 aveva ormai cessato di essere, come in passato, una cultura di élite. Nella nuova società dei consumi stava diventando una cultura di massa e lo scienziato ricopriva una posizione di prestigio, in grado di insidiare il primato della religione. Avvertendo la minaccia incombente, le schiere più fondamentaliste della Chiesa protestante avevano quindi iniziato a prendere di mira la teoria dell’evoluzione. Il darwinismo veniva bollato come immorale e diabolico perché negava la “dottrina del Disegno” e si poneva in contrasto con la “verità scientifica” della Bibbia. Un tale clima di tensione crescente aveva dato il via alla formazione di movimenti organizzati come l’Anti-Evolution League, che si battevano con decisione per proibire l’insegnamento della teoria darwiniana nelle scuole. Risultato di tali rivendicazioni era stato, nello stato del Tennessee, il Butler Act, che vietava l’insegnamento dell’evoluzione dell’uomo da antenati non umani. John Scopes rimase vittima di questo provvedimento, ma l’aspra battaglia ideologica era solo all’inizio.

La grande crisi che colpì gli Stati Uniti nel 1929 mise in forte dubbio i valori e la fiducia stessa nella scienza, e i gruppi religiosi più fondamentalisti trovarono un capro espiatorio nel pensiero evoluzionista. La teoria di Darwin era ritenuta responsabile di tutti i mali: dal militarismo tedesco al comunismo sovietico, dall’ateismo al femminismo. È in un tale scenario che prese forma la teoria creazionista, che contrappone l’interpretazione letterale della Bibbia alla teoria dell’evoluzione. In pochi anni i sostenitori delle due fazioni giunsero a livelli di tensione notevoli, senza mai decretare, tuttavia, né vincitori né vinti. Mentre nelle università la teoria di Darwin continuava a essere considerata l’unica teoria scientifica, nelle scuole non venivano insegnati né il creazionismo, né l’evoluzionismo.

Gli anni ’60, poi, segnati da un nuovo periodo di crisi, videro un inasprimento dei focolai di conflitto tra le due fazioni in campo, soprattutto sul fronte dell’insegnamento scolastico. Nel 1967, le abrogazioni del Butler Act e di altri statuti analoghi, decretarono una prima pesante sconfitta per i creazionisti, senza tuttavia segnare la fine del conflitto. Il dibattito sull’insegnamento del creazionismo nelle scuole americane venne sollevato ovunque, fino a giungere persino in uno stato moderno e tecnologicamente avanzato come la California. Occorre però attendere gli anni ’80 perché venga finalmente riconosciuta, da parte del governo federale, la non scientificità della teoria creazionista. Il governo stabilì che il creazionismo costituisce una teoria esclusivamente religiosa, e non può, in quanto tale, essere insegnata durante i corsi di scienze.
Di fronte a un intervento apparentemente risolutivo, i protestanti battisti trovarono comunque il modo di aggirare l’ostacolo e iniziarono ad affermare in modo propagandistico che il creazionismo non è solo una fede ma anche un approccio scientifico allo studio del mondo biologico. Figlia di questa strategia è una nuova teoria, che prende piede a partire dal 1989: l’Intelligent design. Proposta in un testo scolastico, Of Pandas and People, questa dottrina cerca di dimostrare in modo empirico l’esistenza di un ente superiore che ha plasmato il mondo, e ha guidato i processi evolutivi.

Sulla stessa scia nascono i centri di ricerca creazionisti, tra i quali l’Institute for Creation Research, e si diffondono nuovi movimenti “scientifici” anti-darwinisti. Uno di questi, il Creation Science Association for Mid-America, elabora un documento in cui si richiede il divieto dell’insegnamento non solo della teoria dell’evoluzione e dell’origine chimica della vita, ma anche del Modello Standard della cosmologia, il Big bang. Nello sconcerto della maggioranza del mondo scientifico, nell’agosto del 1999, il Kansas State Board of Education, la commissione che definisce le linee guida dell’educazione scolastica in quello stato, decide di approvarlo, censurando di fatto Darwin dai libri di testo. Il Kansas rappresenta un caso estremo ma non isolato nel panorama statunitense. Anche nelle scuole dell’Alabama, del Nebraska, del New Mexico e dell’Ohio, infatti, l’evoluzionismo viene presentato in quegli anni come una delle tante possibili teorie ugualmente probabili.

Alla fine del 2005, dopo che il presidente George W. Bush aveva speso parole in favore dell’insegnamento della teoria del disegno intelligente, si registra l’episodio forse più significativo dell’eterna querelle tra evoluzionismo e creazionismo. Il 20 dicembre di quell’anno, infatti, al termine del lungo processo di Dover, il giudice John Jones III sancisce definitivamente il carattere non scientifico dell’Intelligent design. L’insegnamento di una teoria religiosa durante un corso di scienze viene ritenuto incostituzionale perché viola il Primo Emendamento ed è quindi ufficialmente vietato.

In reazione a questa ennesima sconfitta, la tattica dei creazionisti muta nuovamente, per farsi più subdola e nascosta. La nuova strategia non ruota più attorno al tentativo di presentare il creazionismo come una teoria scientifica, ma pone al centro del dibattito la teoria darwiniana, che viene fatta bersaglio di un bombardamento mediatico aggressivo. La nuova missione è tentare di screditare una teoria scientificamente consolidata, presentandola come controversa e pericolosa. Contemporaneamente, il diritto di insegnare il creazionismo viene fatto passare come una libertà accademica.

Ed è proprio in questo contesto che si muove l’agenda politica di alcuni dei candidati alle primarie repubblicane 2012. Su tutti, come detto, è Rick Santorum a dedicare il maggior spazio ai temi connessi all’evoluzioni
smo. L’ex governatore della Pennsylvania ha marcato fortemente la propria campagna elettorale all’insegna delle dispute etiche, dall’insegnamento delle teorie creazioniste all’aborto, dalla ricerca sulle cellule staminali embrionali all’eutanasia. La sua posizione è netta e si smarca in modo convinto da tutta la politica progressista di Obama, accusato da Santorum di essere “contro la Bibbia”. Anche sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici, questo candidato non mostra l’entusiasmo dell’amministrazione attuale e ritiene che eventuali provvedimenti vadano presi per aiutare l’uomo, non l’ambiente in sé. La Bibbia, nell’ottica del cinquantatreenne di origini italiane, è un punto di riferimento, e la scienza non può essere indipendente in materia di inizio e fine vita. Tali questioni non le competerebbero affatto secondo questo candidato. In linea con le posizioni del Tea Party, Santorum si spinge ancora oltre quando dichiara necessario un ruolo maggiore della religione nell’attività pubblica. Tra Stato e Chiesa, a suo dire, non dovrebbe sussistere un netto divario.

Totalmente opposto è stato sin qui il comportamento di Mitt Romney, indicato da molti come il candidato più accreditato per la leadership dei conservatori. Il governatore del Massachusetts ha orientato i propri comizi principalmente sul fronte economico e sulla politica internazionale. Il suo obiettivo è quello di proporre soluzioni per rilanciare il Paese agli occhi del gigante cinese e delle nazioni in forte espansione. Romney ha schivato i colpi di Santorum cercando di spuntarla sui campi della disoccupazione e dello sviluppo. La sua posizione è infatti meno indulgente nei confronti del creazionismo e del rigore dei cristiani battisti, e proprio per questo teme di perdere consensi da parte delle ali più conservatrici dell’elettorato. Di fede mormone, il sessantacinquenne di Detroit si dichiara convinto che Dio abbia progettato una creazione, ma non è del tutto sicuro di comprendere il significato della teoria dell’Intelligent design. Per Romney fede e scienza non si autoescludono perché affrontano lo stesso problema da due punti di vista diversi. «Per creare l’universo -sostiene Romney- Dio ha utilizzato gli strumenti della scienza».

Newt Gingrich è invece un politico di vecchia data, già speaker alla Camera durante la prima legislatura Clinton. Nonostante sia un cattolico convinto e un dichiarato sostenitore della teoria creazionista, non si pone in modo drastico come Santorum quando vengono chiamate in causa le competenze della scienza. La sua visione appare più in linea con quella di Romney, soprattutto quando dichiara che scienza e religione sono due approcci diversi e non contrapposti. «La creazione – secondo Gingrich – è vera come atto di fede, ma la scienza, come processo meccanicistico, è altrettanto reale». In un’intervista del 2006 ha inoltre indicato la sua personale soluzione all’eterno dibattito sull’insegnamento scolastico. «L’evoluzione andrebbe insegnata nelle scuole come una scienza, mentre l’Intelligent design andrebbe insegnato come una filosofia».
Ron Paul, infine, è tra i candidati ancora in corsa quello meno coinvolto dalle dispute etiche e religiose. Nonostante la sua nota confessione battista, è infatti fautore di una politica liberal, fatta di libertà d’azione e di coscienza per ogni individuo, senza imposizioni autoritarie da parte dello stato. A dire il vero, nel 2007, si era scagliato con decisione contro l’evoluzionismo, definendolo «solo una teoria», e dichiarando di non volerla accettare in quanto tale. Ma nel corso di quest’ultima campagna elettorale pare voler evitare di inoltrarsi in dibattiti sulla scienza, sostenendo che «sia inappropriato che un candidato presidente venga giudicato per le sue posizioni in materia scientifica».

Posizioni contrastanti, dunque, che ricalcano in parte il pensiero dei contendenti già usciti di scena. Convinto antievoluzionista è stato Rick Perry, che fin dalle prime battute del suo cammino elettorale aveva sottolineato in modo risoluto il proprio pensiero. A un giovane che gli chiedeva quale delle due teorie fosse corretta, Perry aveva risposto che «l’evoluzionismo è solo una teoria, e in quanto tale mostra delle lacune». Questa sua posizione, viziata da una errata interpretazione del termine “teoria”, era già emersa nel corso del suo mandato da governatore del Texas, dove aveva concesso l’insegnamento parificato sia dell’evoluzionismo sia del creazionismo.
Dello stesso parere è stata anche Michele Bachmann, colei che ha cercato di far dimenticare Sarah Palin anche agli elettori repubblicani più devoti. Originaria dell’Iowa e madre di cinque figli, si era schierata in modo fermo e categorico contro l’aborto, prospettando una modifica drastica del sistema sanitario.

Ma il candidato più gettonato era senza dubbio Hermain Cain, “l’Obama repubblicano”. Ex governatore della Federal Reserve Bank di Kansas City, Cain era dato per favorito, ma ha dovuto abbandonare le proprie velleità presidenziali in seguito alle accuse di molestie sessuali che alcune donne gli avevano rivolto. La sua posizione rifletteva in modo rigoroso l’educazione religiosa che aveva ricevuto e che continua a professare come pastore evangelico. Per Cain l’aborto è omicidio, l’omosessualità è peccato e la verità è scritta solo nelle Sacre Scritture.

Il dibattito tra creazionismo ed evoluzionismo, dunque, penetra a fondo nella politica americana, tanto da contagiare anche l’attuale campagna elettorale. Chi aspira a diventare l’inquilino del 1600 di Pennsylvania Avenue a Washington deve rendere nota la propria posizione sull’argomento. Barack Obama si è sempre definito evoluzionista e la sua politica ha riflettuto questa impostazione. Ora, a seconda dell’avversario che scenderà in campo per fronteggiarlo, lo scontro potrebbe giocarsi anche su quest’arena. Difficile che ciò accada se a prevalere sarà Romney, ma è invece assai probabile se sarà Santorum a spuntarla. Nel caso di Gingrich o Paul è più arduo fare previsioni.

Le opinioni dei candidati alla Casa Bianca sono il riflesso di una società, quella americana, che si è fatta bandiera del progresso scientifico, ma rimane ideologicamente assai conservatrice. Le teorie creazioniste, della prima o della seconda “specie” (nella forma cioè dell’Intelligent Design), sono attualmente abbracciate dalla grande maggioranza dei cittadini americani. Secondo un sondaggio della Gallup del dicembre 2010, il 40% della popolazione statunitense dichiara di credere fermamente nella creazione, il 38% nell’Intelligent Design e solo il 16% nell’evoluzione. Questi numeri, sebbene segnino un leggero aumento degli evoluzionisti rispetto al passato, sono piuttosto significativi. Nelle parole del sociologo delle religioni Sébastien Fath, gli Stati Uniti appaiono ancora oggi, all’alba della loro cinquattasettesima campagna elettorale, come «una nazione con l’anima di una Chiesa».

IL DIBATTITO NELLA STORIA: INTERVISTA A TELMO PIEVANI

Qual è stato l’evento cardine dell’acceso dibattito tra evoluzionismo e creazionismo negli Stati Uniti?
Direi senz’altro il processo di Dover, culminato con la sentenza del Natale 2005 del giudice John Jones III, che ha sancito il carattere non scientifico de
ll’Intelligent Design, ritenendolo un indebito tentativo di introdurre dottrine religiose nell’insegnamento scientifico. Da quel giorno tutto è cambiato e le strategie dei creazionisti sono necessariamente mutate a seguito della sconfitta giudiziaria, spostandosi verso campagne di opinione e lobby politiche.

Per quali ragioni il dibattito ha avuto una tale eco nella politica americana e non altrove?
Per antiche ragioni storiche legate alla religiosità militante di alcune comunità evangeliche degli stati centrali e meridionali del paese. Il fondamentalismo di questi gruppi si spinge fino a negare la realtà delle evidenze scientifiche, in quanto ritenute incompatibili con il dettato letterale delle Scritture. Si tratta di una campagna culturale e politica che mira a condizionare le scelte governative a livello nazionale e locale, a indebolire l’educazione scientifica, a creare consenso attorno al collante di una religiosità integrale. Il problema non è Darwin, ma la scienza in generale.

Lo stato centrale è mai entrato direttamente nella diatriba o ha sempre demandato agli stati federali?
La dinamica è stata prevalentemente a livello degli stati federali, dove risiedono i board che decidono le politiche locali di istruzione e formazione. La scala nazionale è stata coinvolta solo a livello giuridico, quando si è chiesto il pronunciamento della Corte Suprema. Oggi la controversia si è spostata sul piano delle campagne di opinione, con ingenti finanziamenti privati devoluti per esempio a progetti di “intrattenimento creazionista” come i parchi tematici o altre amenità.

L’apporto di Stephen Jay Gould nel dibattito americano ha avuto un impatto a livello politico e giudiziario o ha contribuito solo ad alimentare la discussione?
Ha senz’altro avuto un impatto generale, di tipo culturale e non soltanto scientifico. Le sue testimonianze nella controversia hanno fatto scuola. Gould rappresentò una figura unica di intellettuale, pronto a intervenire nel dibattito pubblico e a condizionarlo a favore di un maggiore rispetto verso la scienza. La sua azione fu resa più efficace dal fatto che difendeva l’evoluzione partendo da posizioni scientifiche “riformiste”, dando così l’idea di non essere un “darwinista dogmatico” o ideologico, abbarbicato in difesa di un’ortodossia. Lui voleva estendere e rivedere il neodarwinismo, ma ribadiva che con i negazionisti e i creazionisti non doveva esserci alcuna tolleranza intellettuale.

Vi sono state figure di una fama paragonabile a quella di Gould nel panorama creazionista?
Non credo. E’ ben difficile mantenere autorevolezza e credito quando sei costretto continuamente ad arrampicarti sui vetri per negare, strumentalizzare e mistificare i risultati della scienza. Prima o poi anche i tuoi sostenitori, per quanto indulgenti, capiscono che non c’è storia. Gli alfieri del fondamentalismo antiscientifico si godono il loro quarto d’ora di celebrità in virtù di qualche sparata paradossale e poi spariscono nell’ombra.

Qual è l’eredita’ attuale di Gould? Esiste una figura altrettanto prestigiosa che ha dato seguito al suo impegno?
Gould fu una figura unica di scienziato, di scrittore e di intellettuale, a tutto tondo. Nel dibattito internazionale di oggi esistono smaglianti figure di scienziati evoluzionisti, anche molto noti nel dibattito pubblico, ma fuoriclasse come Gould non ne vedo. Non ha giovato poi, in filosofia della biologia, un malinteso tecnicismo che ha portato una parte degli studiosi a occuparsi di micro-problemi, perdendo di vista il respiro filosofico ampio delle grandi questioni poste dalle scoperte evoluzionistiche. Alcuni di coloro che difendono le ragioni della scienza si fanno trasportare da litanie lamentose e ripetitive. Gould invece era propositivo, fantasioso e capace di attirarti sul suo terreno raccontandoti bellissime storie di scienza.

E’ possibile affermare che ci troviamo dinanzi alla situazione in cui la scienza e’ penetrata maggiormente nella politica o esistono casi ancora più significativi?
Credo che la penetrazione della scienza nella politica sia ancora largamente insufficiente, mentre sia preoccupante una certa penetrazione della politica nella scienza, quando cerca di limitarla o di condizionarla per ragioni che apparentemente sono presentate come “bio-etiche” ma in realtà nascondono motivazioni di controllo da parte di gruppi di pressione religiosi. L’Italia in tal senso è un esempio evidente. Nel nostro paese un’intera gamma di proposte di allargamento dei diritti civili, già diventati la normalità in molte altre nazioni, sono semplicemente impraticabili a causa di un’influenza spropositata di specifici poteri religiosi organizzati. Spero che cresca progressivamente una maggiore sensibilità degli italiani in tal senso, perché si tratta di una prevaricazione unilaterale nei confronti di chi non aderisce a una certa costellazione di valori confessionali.

IL DIBATTITO OGGI: INTERVISTA A MAURIZIO MOLINARI*

Economia, guerra, welfare, religione: quale di questi argomenti è più sentito dall’opinione pubblica statunitense? Quale di questi occupa maggiormente i dibattiti e le convention dei candidati repubblicani?
L’economia, perché è il tema in cima alle preoccupazioni dei cittadini. I valori come la fede restano al momento sullo sfondo.

Tutti i candidati del partito repubblicano hanno in qualche occasione fatto sapere di essere sostenitori delle teorie creazioniste: si tratta di un marchio di fabbrica obbligatorio per i conservatori americani?
No, non lo è. Non tutti i candidati hanno posizioni simili. Il creazionismo appartiene solo allo zoccolo duro della base conservatrice. Ciò che invece accomuna tutti i candidati è la critica alle teorie sul surriscaldamento del clima, ritenute uno strumento per aumentare il controllo del governo sulla gestione dell’industria energetica.

Ron Paul si dichiara cristiano battista: può essere lui la punta di diamante della chiesa battista o è troppo debole politicamente? Su quale dei candidati questa corrente religiosa esercita maggiori pressioni?
Ron Paul è un libertario, leader della protesta giovanile. Quanto di più lontano ci può essere da un leader religioso. La destra religiosa al momento guarda a Rick Santorum, soprattutto a causa delle sue posizioni contro l’aborto.

Rick Santorum ha centrato la propria campagna elettorale all’insegna dei valori religiosi: no all’aborto, no alle battaglie ecologiste che non riguardano direttamente l’uomo, no a ciò che va contro la Bibbia. Ciò dimostra una debolezza in altri settori o le tematiche etico-religiose possono davvero incidere sull’esito delle votazioni?
Per i conservatori come Santorum la priorità sono i valori tradizionali, e dunque la fede. Per i centristi come Romney la priorità è l’economia e il fisco.

Le dispute a proposito del creazionismo sono solo un pretesto per inquadrare l’orientamento dei candidati o possono avere delle reali implicazioni in politica interna?
Il creazionismo è la bandiera di una base conservatrice che ha perso l’iniziativa nel partito repubblicano dal febbraio 2009, quando la nascita del Tea Party ha spostato il baricentro dei conservatori sui temi economici.

Mitt Romney si definisce un sostenitore dell’inte
lligent design
, ma non esclude a priori le tesi evoluzioniste. Gingrich evita di esporsi, ma sostiene le tesi creazioniste. Santorum, come detto, è fermamente convinto dell’incontestabilità del testo biblico. Questi diversi atteggiamenti possono ritorcersi contro uno o più dei contendenti?
Sono argomentazioni che i candidati usano poco, per rivolgersi ad un pubblico molto di nicchia, e non avranno influenza sulle primarie perché il tema centrale resta l’economia.

Di qui a fine maggio ci saranno una decina di tornate elettorali, con una trentina di Stati chiamati al voto: Romney è favorito in larga scala o la virata religiosa di Santorum potrebbe danneggiarlo in modo significativo?
Romney è debole perché non emoziona l’elettorato, è percepito come un businessman freddo, distante anche se forse abile. I suoi avversari hanno debolezze altrettanto rilevanti. Non si può escludere che altri candidati scendano in campo. Se l’incertezza rimarrà fino alla Convention di Tampa in agosto potremmo avere una brokered Convention nella quale l’assemblea è sovrana e, in assenza di maggioranze predefinite, la partita è aperta fra tutti i candidati. L’ultima volta che avvenne, fra i repubblicani, fu nel 1976 a Kansas City, quando Ford prevalse su Reagan per poi essere sconfitto da Carter.

* giornalista, inviato di "La Stampa" a New York

(28 marzo 2012)



MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.