Il veleno razzista che uccide l’Europa

Annamaria Rivera

La sequenza potrebbe essere quella di un film alla Tarantino. Un killer, che più cinematografico non potrebbe essere, scende da una Yamaha di grossa cilindrata. Ripone il casco, impugna una calibro 9 e fa fuoco alla cieca contro il gruppo – adulti, ragazzi, bambini – che sosta oltre la soglia. Uccide un uomo e due bimbetti di tre e sei anni. Mentre intorno tutto è terrore, panico, urla, fughe scomposte, il killer avanza, freddo e inesorabile, continuando a sparare e così colpisce anche un ragazzo di diciassette anni. La calibro 9 gli s’inceppa. La infila con calma nella cintura, afferra per i capelli una bambina che sta fuggendo disperata nel cortile, estrae una calibro 11,43 e le spara alla nuca. Con la stessa calma torna indietro, inforca la Yamaha e riparte. Dopo il massacro, raccontano gli inviati di Libération, a terra restano, fra rivoli di sangue, quattro bossoli e una cartella rosa decorata con una Barbie.

Non è un film alla Tarantino. E’ accaduto a Tolosa, Francia, intorno alle otto del mattino del 19 marzo 2012, fra l’ingresso e la corte della scuola ebraica “Ozar-Hatorah”. Il killer non è un criminale comune, bensì – cosa reputata quasi certa – lo stesso ex nazista, o gruppo di nazisti, che l’11 marzo, sempre a Tolosa, e il 15 marzo, a Montauban, uccise tre paracadutisti di origine maghrebina e ne ferì gravemente uno di origine antillana. Il movente probabile di questi omicidi risale a una vicenda del 2008, quando, grazie alla denuncia di un parà, anch’egli dal cognome arabo, i vertici del 17° reggimento dei paracadutisti di Montauban erano riusciti a individuare ed espellere alcuni commilitoni nazisti e razzisti.

Per quanto sconvolgente, quest’eccidio, purtroppo, non è del tutto inconcepibile. Negli anni più recenti, in Europa, l’ondata ultrarazzista, antisemita, antimusulmana, nazionalista, in alcuni casi secessionista, va allargandosi dal Sud all’estremo Nord, dall’Italia ai paesi scandinavi. E riscuote successo elettorale crescente, con punte allarmanti in alcuni paesi, mentre nel contempo sempre più frequente si fa il passaggio all’atto.

Dalla strage di Utoya, in Norvegia, che, anticipata dall’attentato di Oslo, fece settantadue vittime innocenti, all’omicidio di due inermi cittadini senegalesi a Firenze, lo schema si ripropone, al di là dell’entità dei massacri, in forme analoghe: un killer, in apparenza solitario, in realtà legato a qualche gruppo o corrente della destra neonazista, comunque mascherata, fa fuoco freddamente, in pieno giorno e in presenza di una folla o di un gruppo di testimoni, contro chiunque rientri nella categoria-bersaglio del proprio odio razzista. A dimostrazione non tanto della sua “follia”, come si tende ogni volta a ripetere, bensì del fatto che il killer si percepisca in qualche modo legittimato e “coperto”.

Ma il terreno malsano su cui cresce la pianta velenosa dello stragismo razzista è ben più ampio dell’area della destra neonazista, con le sue propaggini travestite da post-fascismo, nazionalismo o etno-nazionalismo völkisch. Il terreno malsano è vasto quanto lo spazio che oggi hanno guadagnato in Europa – nell’opinione pubblica, nei media e nelle istituzioni – l’insofferenza, il disprezzo o l’ostilità aperta verso migranti, musulmani, rom: attitudini a loro volta nutrite dal concime dell’antisemitismo e del negazionismo. Per quanto questi ultimi due possano apparire talvolta inattivi o marginali, essi sempre lavorano sotterraneamente a fornire linfa ai primi. Lo abbiamo scritto più volte: il vecchio repertorio, i vetusti pregiudizi antisemiti stanno sempre lì, pronti ad essere riesumati e riutilizzati contro i bersagli “storici” come contro altri capri espiatori. A ben riflettere, l’islamofobia e l’antiziganismo odierni, in particolare, non sono altro che antisemitismo generalizzato, poiché è da questo che traggono cliché, strutture, dispositivi principali.

Nell’Esagono, il falso dibattito sull’”identità francese”, i discorsi anti-musulmani e anti-ebraici di certi candidati alle elezioni presidenziali, la recente campagna di opinione contro il cibo halal e kasher non devono essere passati invano. Lo stragismo razzista si nutre, infatti, anche di discorsi – nonché di propensioni, pratiche e norme – agiti da razzisti in doppio petto o addirittura istituzionali. Come ha scritto Slavoj Žižek, sempre più in Europa populismo di destra, razzista ed eventualmente neonazista, e tolleranza liberale, tendente a praticare un razzismo “ragionevole”, si rivelano come “due facce della stessa medaglia”.

Tutto ciò si riflette in modo evidente nell’opinione pubblica. Fa impressione constatare come in Francia, in questa fase di campagna elettorale, sia riemerso il vecchio vizio di attribuire tutti i mali della società agli “arabi”, categoria abusiva che comprende qualunque cittadino francese, soprattutto se giovane e di banlieue, che abbia un cognome arabo oppure un aspetto o una facies che appaiano troppo mediterranei. Fa impressione riascoltare con le proprie orecchie non solo da persone comuni, ma perfino in salotti di ceti medi istruiti, assennati e progressisti, le consuete litanie sulla civiltà francese svilita e degradata a causa degli “arabi” e di altri alieni.

Non c’è qui lo spazio per analizzare il ruolo nefasto della presidenza Sarkozy e del lepenismo appena ripulito dalla figlia del fondatore, per comparazione con il ruolo svolto dalla triade Berlusconi-Maroni-Bossi nel diffondere senso comune razzista e nel legittimare formazioni di estrema destra. Quel che in conclusione possiamo dire è che in Europa mala tempora currunt. La crisi finanziaria ed economica, infatti, insieme con la sua gestione antipopolare, è destinata ad acuire frustrazione, risentimento, rancore collettivi. A loro volta queste passioni favoriscono partiti come il Front National (che gode di consensi popolari rilevanti) e, lo sappiamo, spesso aprono la strada al populismo antisemita e in senso lato razzista. Richiamare alla vigilanza è necessario, ma non sufficiente. Ben altra Europa si dovrebbe essere capaci d’immaginare e costruire.

A Tolosa è in corso un blitz delle forze speciali di polizia per catturare Mohammed Merah, cittadino francese di 24 anni, d’origine algerina, sospettato di essere il killer della strage del 19 marzo e degli omicidi dell’11 e del 15 marzo. Secondo il ministero dell’Interno, l’uomo, che avrebbe avuto come solo complice il fratello, avrebbe rivendicato l’appartenenza ad Al Qaeda e gli eccidi: compiuti, avrebbe sostenuto, per vendicare i bambini palestinesi e punire i parà per gli interventi armati internazionali dell’esercito francese. Visto che con analogo margine di certezza le autorità e i media francesi avevano accreditato fino a ieri la pista neonazista, lasciamo che passi la campagna elettorale per le presidenziali per sapere se questa pista investigativa sarà confermata e perseguita fino in fondo. Della nostra analisi resta comunque il senso generale, l’ipotesi teorica dell’antisemitismo come matrice di ogni razzismo, l’appello alla vigilanza, l’allarme per la crescita in Europa dell’intolleranza e del fanatismo identitario (21 marzo 2011, ore 13).

(21 marzo 2012)



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