La donna che vuole riformare l’Islam

Edoardo Laudisi

Seyran Ateş vive da anni sotto scorta perché ha fondato una moschea in cui donne e uomini pregano insieme, e dove donne senza velo, omosessuali, credenti di altre religioni e non credenti sono i benvenuti. Una iniziativa che non è piaciuta a molte organizzazioni islamiche fondamentaliste. E neanche a quella parte della sinistra (purtroppo maggioritaria) che ha sacrificato la lotta per i diritti universali sull’altare del relativismo culturale.

intervista a Seyran Ateş

Le grandi riforme di solito iniziano con una ribellione contro delle grandi ingiustizie; Martin Lutero e le sue 95 tesi contro l’abuso delle indulgenze, Gandhi e la campagna di non cooperazione contro il Rowlatt Act degli inglesi, Rosa Parks e il suo rifiuto di lasciare il posto a sedere a un passeggero bianco. Su questo solco si muove anche l‘attivista dei diritti umani Seyran Ateş, con la fondazione della moschea liberale Ibn Rushd – Goethe, a Berlino. Un luogo dove donne e uomini pregano insieme, donne senza il velo predicano e chiamano alla preghiera e tutti, indipendentemente da religione, origine o genere sessuale, sono i benvenuti. Il prezzo, certe cose hanno sempre un prezzo, è una vita sotto scorta 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e le minacce continue non solo dei radicali, ma anche dei musulmani più conservatori per i quali Seyran Ateş e la sua moschea sono una spina nel fianco. Accadde lo stesso ai molti spiriti liberi e riformisti che nel corso dei secoli sono stati perseguitati e giustiziati come eretici dall’Inquisizione della Chiesa Cattolica. È incredibile come questa piccola donna, dotata di una grande anima e molto coraggio, con la sua piccola moschea liberale riesca a smascherare i potenti capi religiosi di Teheran, Il Cairo o Istanbul quali avidi tiranni dello spirito pronti alla violenza. Ed è ancora più sorprendente che in questo compito difficile non riceva neanche il minimo supporto della sinistra. Ci incontriamo nella moschea di Alt-Moabit, a 50 metri dalla chiesa evangelica, in un’oasi di silenzio dove il rumore del traffico berlinese suona come un ricordo fastidioso.

Signora Ates, lei è una donna, un’avvocata, un’attivista per i diritti delle donne, ha fondato una moschea, ha l’idea di riformare una religione. Come si definirebbe oggi se si dovesse presentare?

Allora in cima, come titolo, direi che sono un’attivista per i diritti umani. Un’attivista per i diritti umani credente, ed è così che inizia il preambolo dello statuto della nostra moschea, che è molto importante per me. Ho una spiritualità molto forte, credo in Dio ma credo anche che, in quanto umanità appartenente a questo mondo, possiamo vivere insieme, come pluralità di persone, ogni individuo con la sua individualità, solo sotto l’ombrello della dichiarazione universale dei diritti umani. Ed è per questo che mi piace vedermi lassù, come attivista dei diritti umani universali. Come combattente per questi diritti.

La moschea che ha fondato si chiama Ibn Rushd – Goethe. Goethe lo conoscono tutti, ma chi era Ibn Ruschd e perché questi due nomi sono insieme?

Averroè le dice qualcosa?

Il filosofo?

Proprio così. Questo è il suo nome in arabo. Ho unito i due nomi perché rappresentano esattamente quello che ho detto nell’introduzione. Guardano al mondo intero. Oriente e Occidente sono uno. Il mondo è rotondo.

Alcuni sostengono che sia piatto

Beh sì, ci sono ancora persone che credono che la terra sia piatta. Internet è pieno di cospirazionisti che raccontano le storie più assurde. Tornando a Ibn Rushd e Goethe, loro hanno un pensiero comune riguardo all’Islam. Entrambi infatti sono dell’idea che Oriente e Occidente siano le due facce della stessa medaglia. Ibn Rushd era un l’illuminista. Aveva un modo molto razionale e molto maturo di guardare alla religione e osservava l’uomo in modo razionale usando tecniche e metodi ereditati dalla logica di Aristotele. A un certo punto si è posto la domanda se ciò che una persona razionale è in grado di raggiungere grazie alla sua maturità e alla sua sete di conoscenza, non sia anche un dovere religioso. Quella di generare e sviluppare la conoscenza è solo un’aspirazione della filosofia e della scienza, o non si tratta forse addirittura di un dovere religioso? Nelle Scritture trovò ciò che la filosofia e la scienza gli avevano suggerito, grazie ai molti passaggi del Corano dove si dice ripetutamente: "Non possiedi quindi nessuna ragione? Non sei ragionevole?"; domande che volevano stimolare la ragione negli uomini. La sua conclusione fu che il diritto di occuparsi di scienza e fiolosofia era sancito proprio dalla religione, e di più, che esso fosse addirittura un dovere religioso. Goethe, d’altra parte, sul tema dell’Islam s’ispirò a Hāfez, il grande poeta persiano e tra le righe di molte sue opere appare chiaro come egli s’ispirasse a poeti e pensatori musulmani del suo tempo. Per questi motivi questi due grandi intellettuali possono essere considerati alla stregua di ponti tra i due mondi.

La sua moschea liberale ha suscitato molte polemiche. Cosa c’è di così speciale in essa e perché l’ha fondata?

Ci sono diverse ragioni. Innanzitutto nelle moschee tradizionali mi sentivo discriminata perché, come donna e solo in quanto tale, venivo relegata in una saletta adiacente e non ero ammessa nella stanza principale. Quindi un’esperienza di discriminazione basata sul mio genere sessuale. Desidero che nella moschea ci siano uguali diritti per tutti e non accetto di non poter chiamare alla preghiera o predicare perché sono una donna. Nella religione voglio l’uguaglianza perché siamo tutti esserei umani.

Ma la religione non ha determinate regole e ruoli da rispettare a cui i credenti devono attenersi?

Il patriarcato ha determinati ruoli. Non la religione.

Ma esiste una relazione stretta tra i due.

Allora, le religioni sono certamente strutturate in modo patriarcale, ma la storia delle origini dell’Islam contraddice questa struttura, tanto che perfino i salafiti si lamentano che l’Islam abbia portato i diritti delle donne. Strano vero?

Addirittura incomprensibile. Per me almeno.

Proprio così, è impossibile da capire. Sta di fatto che nell’Islam delle origini alle donne fu riconosciuto il diritto di ereditare, cosa che prima non esisteva, e fu proibito di uccidere i neonati primogeniti di sesso femminile. Tutto ciò fu proibito. Il Profeta negoziò con i circoncisori e si espresse contro le mutilazioni genitali femminili. Nella Genesi (secondo il Corano), si può leggere che Dio creò un essere umano, non prima un uomo e poi una donna. Un essere umano e il partner adatto a lui, ma non esiste una formulazione femminile o maschile. Quindi, di fatto nell’Islam non ci sono strutture patriarcali.

Da dove vengono allora?

Per esempio, dalla tradizione pre-islamica che ha influenzato il Corano. E poi, a seconda di come lo si legge, si trova solo patriarcato, ma si può leggerlo anche in modo più equo. Il fatto che oggi sia tutto molto tradizionale è dovuto al mondo dell’Islam contemporaneo che è molto patriarcale. Però la prima persona a convertirsi all’Islam fu una donna, Khadija, la prima moglie del Profeta. E da questo si può capire che quella comunità non era poi strutturata in modo così patriarcale, perché Khadīja era una donna d’affari più anziana di Maometto di 15 anni, fu lei a proporgli il matrionio e non era vergine. Finanziò l’intera comunità ed era vista come una donna forte. Cioè, all’origine dell’Islam troviamo una coppia forte.

I musulmani tradizionali dicono che lei si è inventata una religione su misura.

Naturalmente no. Non si tratta di un’invenzione di Seyran Ateş. Ci sono persone fantastiche che mi hanno ispirato, come Jesper Petersen ad esempio, uno studioso dell’islam che ha scritto "Le donne di Medina" dove documenta come nel VII, VIII secolo alcune donne istruite fossero già imam e come esistessero anche donne soldato. Quindi donne che già allora partecipavano alla vita sociale molto più di quanto non accettino i radicali oggi. Ed è per questo che i nostri avversari sono innanzitutto avversari politici. Non sono pronti a discutere con noi a livello teologico, quindi non fanno dibattiti ma minacce. L’ufficio degli affari religiosi o l’ufficio degli affari per la Fatwa al Cairo scrive semplicemente che noi non siamo musulmani. In Turchia, il Diyanet, Dipartimento per gli affari religiosi, dovrebbe essere un’autorità nel suo campo, scrive: quella è una moschea di Gülen e loro sono terroristi. Il Centro Islamico in Iran dice che siamo radicali e vogliamo distruggere l’Islam. E questi tre paesi affermano di essere delle autorità in materia di Islam. Con noi c’è uno studioso dell’Islam che fa un lavoro scientifico meraviglioso; che diano delle risposte su questo. Non lo fanno. Al contrario, quando conduciamo il nostro laboratorio nelle scuole, ci sono delle donne musulmane che protestano perché sulla copertina del nostro libro è ritratta una donna senza velo. Un disastro.

Tuttavia, forse certi princìpi della religione islamica potrebbero in qualche modo assecondare la visione degli integralisti. Voglio dire, se guardiamo all’origine dell’Islam e guardiamo storicamente alla figura di Maometto, allora troviamo una persona che è ovviamente un profeta, fonda una religione, ma è anche uno statista e persino un leader militare. Ci sono testimonianze storiche di battaglie a cui Maometto ha partecipato. Quindi tre figure in una. E i radicali dicono: noi siamo il vero Islam perché facciamo esattamente ciò che ha fatto Maometto: predichiamo, costruiamo uno Stato e combattiamo per l’Islam.

Sì, ma è un frammento. È solo un frammento. Esiste una fase pre-medinica in cui la storia dell’origine dell’Islam è quasi soltanto spirituale, quasi solo teologica. Poi c’è la partenza da Medina e poi si torna di nuovo alla Mecca. Quindi c’è la cosiddetta fase pre-meccanica, la fase pre-medinica, quella tardo-meccanica e la tardo-medinica. Stiamo parlando di una storia che si sviluppa nell’arco di due decenni. Non stiamo parlando di un periodo breve. Nella Bibbia non ci sono contenuti molto diversi, basta guardare al sommario della Bibbia e alla lunga serie di guerre che vi sono elencate.

Eppure rimane ancora questa figura di Maometto come condottiero militare con cui fare i conti.

Si tratta di una riduzione. Maomettto viene ridotto volentieri a condottiero militare e da questo io dissento perché nell’Islam si trovano anche i Sufi e i Dervisci, quindi molti mistici e tanto amore. Per questo noi sosteniamo che il Corano debba essere letto storicamente in modo critico. Il primo Corano in forma scritta si ha solo 200 anni dopo la morte di Maometto; sappiamo distinguere veramente cosa accadde realmente da quello che fu invece aggiunto come narrazione? Dal punto di vista storico ciò va messo in discussione. Bisogna mettere in discussione molte cose perché ci sono molti racconti su di Lui come generale e guerriero che sono solo una narrazione, sono Hadith. E questi racconti sono stati scritti da uomini. Proprio come disse il secondo califfo Omar[1]: la migliore moschea per le donne è la casa. Ma questo detto lei non lo trova nel Corano. Lì si dice invece, quando viene chiamata la preghiera, "O voi credenti venite a pregare".

Chi è Maometto per lei?

Nella storia dell’origine dell’Islam per me lui è un profeta che ha fondato una nuova religione partendo dal giudaismo e dal cristianesimo, in quanto ha vissuto nella regione in cui erano presenti queste due religioni. E questa nuova religione ha molti punti in comune con le altre due. E, dal punto di vista teologico, ciò che mi interessa è distinguere quello che è stato pensato come una continuazione di questa nuova religione, da ciò che è rimasto veramente dopo la sua morte. Infatti dopo la morte di Maometto si trova solo il patriarcato e uomini che combattevano per il potere in nome della religione. E questo punto è studiato molto meno rispetto al periodo equivalente nel cristianesimo e nel giudaismo.

Signora Ates, lei vuole riformare l’Islam?

Sì, e non sono l’unica, siamo in molti a volerlo fare.

Ma Lutero, ad esempio, è stato in grado di riformare la religione cristiana perché si è opposto al Papa e al potere della Chiesa. C’era un’autorità religiosa riconosciuta contro cui ribellarsi. Nell’Islam esistono strutture analoghe?

Sì, certo. Non sono fondate su basi religiose, perché nell’Islam non abbiamo quella istituzionalizzazione secondo cui qualcuno si frappone tra noi e Dio, quindi non possiamo accettare nessuna autorità, ma ci sono strutture come il Diyanet in Turchia, i Mullah in Iran e il Fratelli musulmani o l’Università Al-Azhar, che sostiene di rappresentare tutti i musulmani sunniti. È proprio contro queste autorità che conduco la lotta politica sia per me personalmente sia per gli altri. E questa lotta la fanno tutti i musulmani liberali per i quali abbiamo fondato questa piccola moschea. Non accettiamo che delle cosiddette autorità ci ordinino come vivere l’Islam e quindi in un certo senso tutto
questo è paragonabile alla riforma di Lutero. Assistiamo a uno sviluppo traslato nel tempo. Basta che guardiate alla vostra storia e poi a quello che facciamo qui; sono gli stessi argomenti.

Quindi lei è ottimista riguardo al futuro.

Assolutamente sì.

E crede di avere delle chance contro avversari così potenti, che sono in realtà mainstream perché molti credenti li seguono?

Se Martin Lutero si fosse sottomesso non ci sarebbe stata una Chiesa protestante. E noi facciamo lo stesso. Vede, il fatto che poche persone dichiarano una cosa non significa che poche persone la trovino giusta. Ed è per questo che la questione del mainstream o della minoranza è sempre una questione su chi ha più opportunità di esprimersi. Sono un’avvocata e ho imparato che c’è sempre un’opinione prevalente in letteratura su una questione legale e un’opinione di minoranza, un parere prevalente nella giurisprudenza e un parere di minoranza. Ciò significa che per una domanda ho almeno quattro pareri ai quali si aggiunge l’anomalia. La quinta opinione. E non di rado, un’opinione anomala a un certo punto è diventata mainstream, perché è riuscita a farsi largo attraverso le altre opinioni. Un chiaro esempio di ciò è l’abolizione della pena di morte in Germania. Oggi la diamo per scontata, ma duecento anni fa era impensabile. Anche se i media, le moschee, le strade sono piene di donne velate e di bambini che digiunano per il Ramadan, e sono sempre di più, per me questo non è un riflesso del mainstream, perché quelli che sono contrari di solito stanno dietro le quinte. La domanda è solo quando si decideranno ad entrare in scena. Perché parliamo di avversari violenti. Ora noi qui apriamo una piccola moschea, lei ha visto la sala, sono solo un centinaio di metri quadrati. Quindi una piccola comunità, e tre paesi musulmani ci attaccano immediatamente. Questo cosa significa? Queste persone sanno che noi rappresentiamo un grande mainstream. Quindi direi che stiamo almeno 50-50, se non addirittura che siamo di più noi. In Turchia, i musulmani liberali e laici sono la maggioranza. La Turchia è stato uno paese islamico laico. Sono cresciuta con adulti che mai avrebbero pensato di imporre a un bambino il digiuno o di indossare un velo. Queste cose sono sempre state oltre la mia immaginazione e oltre l’immaginazione di 60 milioni di turchi.

Però ciò è cambiato molto rapidamente.

Sì, e in modo aggressivo. Con la violenza. Erdoğan imprigiona le persone. Io non posso andare in Turchia. Se potessi andarci, terrei incontri pubblici ad Istanbul, ad Ankara ad Izmir, a Mersin, ad Adana. E sa cosa succederebbe? Avrei dei grandi titoli sui giornali. Infatti li ho. Dopo l’apertura di questa moschea molti turchi mi hanno chiamato, hanno pianto di gioia e mi hanno ringraziato. E sa come hanno saputo di questo posto? La televisione, controllata da Erdoğan, ha riferito di una donna che ha aperto una moschea liberale a Berlino dove donne e uomini pregano insieme, dove i gay sono i benvenuti, e naturalmente tutto ciò è stato descritto come una cosa estremamente negativa. E quel programma è stato visto da molte persone che poi hanno cercato il contatto con noi. Ecco perché mi sento di dirle che ciò che si ritiene mainstream non lo sia affatto. E questa non è un’invenzione di Seyran Ateş. Ho studiato per otto anni, ho parlato con molte persone della Turchia e di molti altri paesi islamici e ovunque ho scoperto un Islam liberale, illuminato e al passo coi tempi.

Parliamo del velo che è un argomento delicato non solo in Germania. Lei ha scritto il libro "Das multikulturelle Irrtum" (Il malinteso del multiculturalismo), in cui critica la falsa tolleranza di persone, attivisti e femministe sopra tutti, che difendono il velo in Europa. Per queste persone il velo sarebbe una libera scelta delle donne, però allo stesso tempo le donne di Teheran manifestano contro il velo e vengono arrestate per questo. Quindi gli stessi attivisti che vedono e combattono il patriarcato ovunque nella nostra società, nella famiglia, a scuola, all’università, al lavoro, nel teatro, nell’arte, stranamente, non vedono nel velo nessuna struttura patriarcale ma libertà. Cosa sta succedendo, i liberali di sinistra sono forse impazziti?

Sì, sono impazziti e in realtà questo è uno dei temi più disgustosi, perché lo posso definire solo così, e una delle discussioni più arroganti condotte dalla sinistra, da una parte della sinistra. Definirei questa sinistra come irresponsabile e arrogante. Questo è neocolonialismo, è relativismo culturale. Nel loro campo combattono tutti i patriarcati possibili e immagginabili, e in questo modo dividono culturalmente il nostro mondo. In altre parole, sono contro i diritti umani universali perché coloro che assumono l’universalità dei diritti umani non possono coltivare il relativismo culturale. E a questo punto ho un grosso problema con certe persone di sinistra, in realtà io provengo da quell’area ma a causa di queste persone me ne sono distanziata. Oggi sto da qualche parte al centro. Ma quando guardo a come concepisco l’umanità e i diritti umani posso dire di essere ancora di sinistra. Ma purtroppo su quel lato non riesco più a trovare nessuno. Non più così forte come un tempo. Tutte le persone che pensano come me le ritrovo al centro o tra i conservatori.

Non è l’unica signora Ates.

Sì, non sono l’unica. E questo è il motivo per cui c’è questo spostamento verso destra. La sinistra è corresponsabile. Soprattutto per via della sua arroganza. Trovo sia un’atto estremamente arrogante da parte delle donne occidentali lottare per una maggiore uguaglianza e combattere le molestie sessuali nel loro ambiente culturale, e non vedere che la lotta delle donne musulmane contro il velo è anch’essa una lotta contro la sessualizzazione perché il velo, dal punto di vista teologico e ideologico, è lì solo per proteggere l’uomo dai suoi impulsi sessuali, in modo che non venga distratto dalla sua religione. In definitiva un uomo copre sua moglie, riducendola ad oggetto sessuale, affinché nessun altro uomo possa vederla. Sostenendo con superficialità di condurre una discussione sulla protezione delle minoranze, questi attivisti di sinistra impediscono di fatto una discussione seria sul velo. Si tratta di una menzogna.

Loro (la sinistra) dicono che una discussione del genere non è necessaria perché qui in Occidente non c’è alcuna pressione sulla donna musulmana e il velo in Europa è una libera scelta delle donne.

Perché non guardano bene. Sono così arroganti che dicono: questo è un paese libero e in un paese libero nessuna donna è obbligata a indossare il velo. Una volta ho assistito una donna per un caso di violenza domestica, una donna che era stata costretta a sposarsi contro la sua volontà, era stata ripetutamente picchiata e aveva dovuto abbandonare la scuola. Quando dissi che il matrimonio era forzato quel giudice disse alla mia cliente, una donna di venticinque anni che aveva davvero sofferto molto nella sua vita: non ti credo, questo è un paese libero, in un paese libero come la Germania nessuno è costretto a sposarsi con la forza. Questa è la trappola nella quale siamo caduti. Sono molto arrabbiata con queste cosiddette persone di sinistra; per me non sono persone di sinistra, per me questa è gente che apre la porta all’ estremismo
che si trova a destra dell’Afd[2] ed è profondamente misogina. Perché rifiutano di chiedersi perché una donna dovrebbe indossare il velo. Quando una donna subisce l’infibulazione, quando in Cina, per fortuna si tratta di una tradizione oggi abolita, i piedi di una donna venivano fasciati per tenerli piccoli, quando nel Camerun i seni delle bambine vengono stirati in modo che non siano visibili e le bambine non rischino di essere violentate, queste sofferenze sono visibili sul corpo. Nel caso del velo la sofferenza non è visibile. E qui la cosiddetta sinistra si rifiuta di discutere sul perché esso venga indossato. I veri motivi non vengono messi in discussione. Queste persone non accetterebbero mai e salirebbero immediatamente sulle barricate se i genitori cattolici, facendo riferimento alla Bibbia, improvvisamente imponessero un codice di abbigliamento alle loro ragazze. Salirebbero immediatamente sulle barricate, perché nella maggior parte dei casi si tratta di persone che si sono ribellate al cattolicesimo. Loro combattono contro il Papa. Criticano la Chiesa per l’omofobia e la misoginia. Ma noi (musulmani) dovremmo tenerci tutte le tradizioni liberticide. È disgustoso.

Lei vive da anni sotto scorta. In Italia conosciamo questa situazione poiché molti giornalisti, giudici e funzionari statali sono minacciati dalla criminalità organizzata. Come si vive sotto scorta e cambia forse qualcosa interiormente?

Sono sotto protezione della polizia dal 2006 e per un certo periodo mi sono ritirata dalla vita pubblica perché temevo per la mia vita. Ma ora sono molto grata alle forze dell’ordine e ho imparato a guardare il lato positivo della cosa. Posso stare qui a parlare con lei perché ci sono questi signori seduti lì e nel frattempo non lo sento più come una limitazione ma come un grande ricchezza, una risorsa. Loro sono degli angeli custodi, persone meravigliose che fanno un lavoro importante per questa democrazia. Non proteggono solo me ma anche Ahmad Mansour[3], Hamed Abdel-Samad[4] e molti altri. E va detto che non proteggono solo delle persone, proteggono questo Stato. Perché se io vengo minacciata per aver espresso il mio libero pensiero, allora siamo tutti minacciati.

Infatti c’è un pò la tendenza a dire: è un problema che riguarda solo i musulmani. Non ci riguarda.

È un problema di tutti. Tutta l’Europa è minacciata. I Fratelli Musulmani e in particolare la Turchia, finanziati dal Qatar, hanno lanciato un’offensiva in tutta Europa. Questa non è paranoia, nessuna teoria della cospirazione, bisogna osservare attentamente le loro strutture. E poi mi chiedo dove siano tutti i liberali di sinistra e i laici che invece di aiutarci e sostenerci ci pugnalano alla schiena. Dove sono i governi di sinistra? Dove sono i partiti di sinistra? Dovrebbero esserci. Se dicono di opporsi alla destra, allora sia chiaro che non si oppongono alla destra presso i musulmani. Non ci sono nazisti e fascisti solo tra cristiani, ebrei, buddisti o atei. Questi cosiddetti "leftists" mettono i musulmani sotto una campana di vetro come fossero delle povere vittime; i poveri musulmani che dobbiamo proteggere. Tra i musulmani ci sono dei nazisti. Ci sono persone che stanno a destra dell’Afd. Bisogna combattere contro queste persone.

NOTE
[1] [1] Omar, nominato califfo due anni dopo la morte di Maometto, scaccia le donne alla moschea che fu anche la casa del profeta e le allontana dalla vita pubblica.

[2] [2] Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania), partito di destra fondato nel 2013.

[3] [3] Psicologo e scrittore di origine palestinese. Ha criticato l’antisemitismo nel mondo islamico e sostiene la necessità di una riforma della religione islamica.

[4] [4] Sociologo di origine egiziana molto critico con la religione islamica. Ha definito l’organizzazione radicale dei Fratelli Musulmani come fascismo islamico.

(3 luglio 2019)



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