La Memoria cancellata

Beatrice Andreose

Ad Auschwitz sigillato il Memoriale italiano che ricordava i deportati comunisti, gli omosessuali e i rom che perirono – insieme agli ebrei – nei campi di sterminio nazisti. L’opera accusata di essere “priva di valore educativo”.



“Un’opera d’arte fine a se stessa, priva di valore educativo”. Con questo pretesto il direttore del museo della Memoria di Auschwitz ha sigillato lo scorso primo luglio il Memoriale italiano che quest’anno quindi non sarà visitabile.
Il revisionismo storico imperante, non solo in Italia, ha senza dubbio comportato una drastica revisione di fatti e protagonisti con nuove rappresentazioni storiografiche della Shoah, così come della memoria pubblica europea. A farne le spese, oggi, è così anche il Memoriale italiano ad Auschwitz dal quale si vuole cancellare ogni memoria dei deportati comunisti, partigiani, omosessuali o rom che perirono, assieme agli ebrei che di essi facevano molto spesso parte, nei campi di sterminio nazisti.

Era l’aprile del 1980 quando ad Auschwitz venne inaugurato il Memoriale italiano: un’avvolgente spirale che simboleggia la memoria, realizzata al piano terra del blocco 21, entro cui si cammina sospesi su una passerella in travetti di legno, metafora del binario 21 da cui partivano i deportati a Milano. Si attraversa ascoltando le note di Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz composta da Luigi Nono. II progetto venne affidato dall’Aned, Associazione Nazionale Ex Deportati politici, allo studio BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) di Milano, uno dei più importanti studi di architettura del ‘900 italiano, per ricordare tutti i deportati italiani nei campi di sterminio nazisti. Tutti, non solo gli ebrei. In occasione dell’inaugurazione Primo Levi, che vi aveva collaborato col testo, parla della pluralità delle storie di deportazione che legge nel quadro storico dell’antifascismo e della Resistenza «La storia della Deportazione e dei campi di sterminio, la storia di questo luogo – disse – non può essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa dai primi incendi delle Camere di Lavoro nell’Italia del 1921, ai roghi di libri sulle piazze della Germania del 1933, alla fiamma nefanda dei crematori di Birkenau, corre un nesso non interrotto». La scelta dello studio BBPR fu tutt’altro che casuale. I quattro architetti furono infatti in prima linea nella lotta antifascista, Ernesto Nathan Rogers era ebreo e rifugiò in Svizzera, Enrico Peressutti combatté con il CLN durante la Resistenza insieme a Gian luigi Banfi e Lodovico Barbiano di Belgiojoso. Questi ultimi vennero catturati e deportati nel campo di Mauthausen: Banfi vi morì e Belgiojoso venne liberato dagli americani nella primavera del 1945. Al tempo della realizzazione del Memoriale, nel 1979, era vivo soltanto quest’ultimo.

Per realizzare la tela che si doveva avvolgere nella spirale venne quindi contattato l’artista Pupino Samonà. Sulle grandi strisce di tela, che si snodano per circa 80 metri, l’artista illustrò la storia della dittatura, dell’occupazione tedesca, della Resistenza e della deportazione in Italia dal 1922 al 1945. Ad accompagnare il tutto l’opera di Luigi Nono, i testi di Primo Levi e il coordinamento di Nelo Risi, vale a dire il meglio dell’arte di quel periodo. Adesso però il Memoriale ha i sigilli.
Ad attirare l’attenzione sul caso è oggi l’Accademia di Belle Arti di Brera che già nel 2008 aveva fatto una campagna di restauri ai dipinti di Samonà e che da quel momento si batte per salvarne l’integrità fisica. In occasione della giornata della Memoria, oggi 27 gennaio, ha promosso una serie di eventi tra cui la laurea Honoris Causa all’archistar americana Peter Eisenman, autore del Monumento all’Olocausto di Berlino. Nell’ambito della sua Lectio Magistralis Braidensis, Eisenman ha posto l’attenzione sull’interesse culturale nazionale ed internazionale del Memoriale Italiano e sul valore del progetto e dell’arte nelle politiche istituzionali della memoria. Brera è anche capofila di un vasto movimento di opinione che vede schierati studiosi, organizzazioni, ordini professionali, artisti, accademici i quali, dopo aver inviato un appello ai colleghi tedeschi, si rivolgono ora al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiedendogli “di intervenire perché al più presto vengano tolti gli offensivi sigilli al Memoriale, ripristinando così il suo stato di patrimonio comune dell’umanità, e perché il Governo Italiano, grazie al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, lo dichiari bene culturale italiano, dando veste al mandato che il Memoriale ha storicamente svolto fino alla chiusura del primo luglio”.

Il memoriale, infatti, dopo essere stato chiuso rischia ora lo smantellamento. Il silenzio delle autorità nazionali è quanto mai sospetto. Alcuni storici ed intellettuali italiani, inoltre, fanno da cassa di risonanza alle decisioni dei polacchi. Già nel 2008 Giovanni De Luna dalle pagine de “La Stampa” parlava di linguaggio retorico che cadeva nell’episodico o nel patetico ed assieme a Michele Sarfatti chiedeva se al posto dell’allestimento originario, artistico, non ne fosse necessario uno nuovo. Ritenevano la spirale di Belgiojoso, che parla dell’occupazione delle fabbriche, di Gramsci, dell’antifascismo, un discorso difficile da capire. Insomma non condividevano lo spirito dell’opera. Di diverso e contrapposto avviso il mondo dell’arte, che sottolinea come il Memoriale italiano di Auschwitz abbia guadagnato una storicità che si aggiunge a quella originaria e documentale della testimonianza diretta; e, secondo il principio rivendicato da Elie Wiesel in occasione del recente furto della scritta di ingresso al Museo, deve essere conservato senza essere sottoposto ad aggiornamenti perché come “tutto ciò che è al di là del filo spinato non è disponibile”.

A tal proposito, l’Accademia di Brera, nell’ambito delle iniziative di questi giorni, propone anche la mostra sul Progetto Glossa ovvero una proposta di intervento per la messa in sicurezza dell’installazione e la realizzazione di un apparato didascalico che accompagni i visitatori sviluppato nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Progettazione dell’Architettura del Consorzio delle Università degli Studi di Palermo, Napoli, Reggio Calabria, Parma ed Accademia di Belle Arti di Brera dall’architetto Gregorio Carboni Maestri e dalla restauratrice Emanuela Nolfo. Carboni Maestri, a proposito del suo progetto parla di “un momento di riflessione su un periodo buio della nostra storia” e fornisce una lettura chiara sullo smantellamento del Memorial che definisce “un tentativo di contrastare la rilettura dei fatti rimuovendo il ruolo e i simboli del partito comunista nella lotta al nazismo”. Singolare, per un campo di concentramento dove, in quel 27 gennaio del 1945, ad entrare fu proprio l’Armata Rossa.

(27 gennaio 2012)

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