La politica “spiazzata”

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Piazza Maggiore riempita a Bologna, mobilitazione di giovani dappertutto, trecentomila firme per tre proposte di iniziativa popolare raccolte in un giorno: ecco il bilancio dell’iniziativa lanciata da Beppe Grillo. E il giorno dopo subito i tentativi di esorcismo: antipolitica, populismo, qualunquismo. Rosy Bindi corregge: non è antipolitica ma richiesta di una buona politica, sta a noi soddisfarla. Bertinotti aggiunge: se in politica si apre un vuoto qualcuno lo riempie e non serve a niente criticare chi lo fa. Fioccano i rimproveri a Grillo per il linguaggio di piazza e le sue espressioni colorite, mentre la battuta di Bossi sulla Lega che potrebbe riprendere in mano i fucili è già dimenticata: al senatore le intemperanze verbali sono perdonate prima ancora che le pronunci.

Ma attardarsi a polemizzare sul linguaggio è una perdita di tempo. I movimenti reali vanno rispettati e soprattutto chi non propone alternative valide dovrebbe avere, se non altro, l’accortezza di stare zitto.

Almeno due delle tre proposte si legge -limite di due legislature per gli eletti ed esclusione dei condannati dal Parlamento- fanno parte di un patrimonio da tempo consolidato in una larga opinione pubblica. Rappresentano con la massima semplicità la richiesta di una nuova dimensione della politica. Molti cittadini non sopportano più che la politica sia per una ristretta minoranza il più redditizio e il meno rischioso dei mestieri. I privilegi degli eletti, messi a nudo dai libri di Salvi-Villone e di Rizzo-Stella, sono vissuti come un’irrisione alle condizioni di vita della maggioranza: come si può predicare l’efficacia economica della precarietà e la necessità di ridimensionare le pensioni quando si fa il mestiere meno precario del mondo e si guadagna una lauta pensione con poco più di due anni di permanenza in Parlamento?

Ma anche la terza proposta, per quanto formalmente discutibile (elezione diretta da parte dei cittadini), poggia su un evento che è stato considerato come una vera e propria lesione per l’esercizio della volontà popolare: un Parlamento nominato in anticipo per più del 90 % dalle gerarchie di partito prima ancora delle elezioni.
I sostenitori della vecchia politica dovrebbero rassegnarsi. Le singole fasi dei movimenti di partecipazione potranno avere i loro alti e bassi. Ma l’esperienza degli ultimi sei anni dimostra che ogni tanto qualche scossone rinnova l’aspirazione dei cittadini a contare di più e sospinge nuovi attori sulla scena pubblica. E se l’Unione non è stata capace di vincere in modo persuasivo nemmeno sospinta da un ciclo di protagonismo civile senza precedenti, chi porta la maggiore responsabilità della vittoria insufficiente? Dovrà ricadere sui volontari che hanno spinto a spese loro o sui professionisti che hanno sprecato la più prolungata mobilitazione collettiva? E perché oggi molti di loro si sbracciano a voler cambiare la Costituzione che è stata salvata da un voto popolare assai più largo di quello del successo risicato nelle politiche?

In realtà, scossone dopo scossone, si manifesta sempre più evidente una larga porzione di elettorato di centrosinistra che ha buoni motivi per non riconoscersi né nel Partito Democratico né nella Sinistra da unire. Il primo si presenta con finte primarie per eleggere una costituente che non è affatto una costituente ma la prefigurazione coatta, con liste bloccate, della futura classe dirigente. La seconda simula da tempo prove di unificazione destinate a ripetersi invano fino a che una ipotetica legge elettorale non costringa le sue componenti; ma da questi processi lo stesso popolo di sinistra è tenuto ai margini e i patti sembrano stringere solo le rispettive nomenclature.

I movimenti che appaiono e scompaiono, per riapparire là dove nessuno li aspetta, sono la manifestazione occasionale di un fenomeno sociale-politico degno del massimo interesse: una massa crescente di elettorato senza rappresentanza politica non si fida dei partiti storici e delle loro cosmesi. Il suo atteggiamento di superficie potrà apparire di volta in volta incerto, riflessivo, fiducioso, guascone. Ma il flusso è largo e profondo e da lì potrà e dovrà nascere una nuova, inedita forma di rappresentanza politica. Un altro piccolo passo in questa direzione si terrà il 6 ottobre in piazza Farnese a Roma.

*Questo articolo è apparso su www.aprileonline.info



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