Se lockdown deve essere

Gennaro Zezza

*

L’aumento del numero dei contagi da Covid-19, e la conseguente pressione su strutture ospedaliere che non sono state rafforzate in modo adeguato, sta portando a decisioni di chiusura delle attività produttive che, in assenza di un adeguato e tempestivo supporto agli operatori coinvolti, è inaccettabile.

Se la sospensione delle attività è l’unica strada immediata per scongiurare il collasso del sistema sanitario e l’aumento delle vittime, è indispensabile adottare una strategia sostenibile, e più equa di quella adottata nel lockdown della prima ondata.

Un suggerimento viene da un contributo di Jan Kregel[i] che propone una strada simile a quella adottata dal governo cinese. Se lockdown deve essere, tutti coloro che non svolgono attività produttive non indispensabili devono restare a casa per il periodo necessario a determinare un significativo calo nei contagi. In questo periodo, vanno sospesi tutti i pagamenti, ed introdotto un sistema che garantisca a tutti i cittadini di ottenere quanto necessario alla sopravvivenza (cibo, medicine, ecc.).

Le sospensioni nei pagamenti devono riguardare anche gli affitti delle abitazioni, le rate dei mutui, i pagamenti delle imposte ecc., per tutto il periodo del lockdown. Va sottolineato che, qualora si decida di rinviare nel tempo tali pagamenti, invece che sospenderli, questo costituirebbe un aumento nei debiti di chi è sottoposto a lockdown, con conseguenze depressive per il periodo della ripresa alla fine dell’emergenza.

La sospensione nei pagamenti degli stipendi non dovrebbe invece riguardare i lavoratori indispensabili – nel settore sanitario, nella filiera alimentare, nei trasporti – così come i lavoratori che proseguirebbero le loro attività in smart working.

Va quindi organizzato nei tempi più rapidi possibili, e prima dell’inizio del lockdown, un sistema che garantisca a tutti l’accesso ai beni indispensabili nel periodo del lockdown. La soluzione suggerita da Kregel, sull’esempio cinese, cerca di minimizzare il numero di persone in circolazione, prevedendo un sistema di distribuzione capillare dei beni ai cittadini, ma una soluzione del genere richiede uno sforzo organizzativo che non ci sembra realistico, oltre ad essere presumibilmente meno efficace di soluzioni basate su catene distributive già esistenti.

Una soluzione alternativa, che mantenga operativa tutta la filiera dell’alimentare e delle altre attività essenziali, potrebbe consistere nel fornire a tutti i cittadini un voucher giornaliero di importo da definire, che può avere le caratteristiche della moneta fiscale, imponendo alle imprese che producono e distribuiscono beni essenziali di accettarlo in pagamento, e prevedendo forme di conversione di tali voucher, a fine emergenza, per gli operatori non interessati ad utilizzarli per il pagamento delle imposte.

Si tratta quindi di una variante di emergenza del reddito di base universale, di cui alcuni auspicano l’introduzione anche indipendentemente dall’emergenza sanitaria. Uno dei vantaggi di un sistema universale consiste nella semplificazione delle procedure di erogazione, in quanto non sarebbe necessario approntare procedure amministrative di verifica su chi ha, o non ha, diritto a tale reddito. Da questo punto di vista va valutata l’ipotesi di escludere o meno i titolari di pensione di anzianità, tenendo conto che l’impianto della proposta è teso a ridurre, per quanto possibile, l’impatto diseguale del lockdown.

Per effettuare una stima approssimativa del costo dei voucher abbiamo ipotizzato un importo variabile in funzione dei componenti il nucleo familiare. Ipotizzando un voucher di 25 euro per un solo individuo, 45 per una famiglia di 2 persone, e così via, una stima riferita all’intera popolazione italiana implica una spesa di 36,7 miliardi di euro per un mese di lockdown. Ipotizzando che un quarto delle famiglie non sia coinvolto dalla procedura – perché una o più componenti continuano a lavorare e percepire uno stipendio – il costo è di circa 27 miliardi.

Si consideri anche che questo intervento andrebbe a sostituire almeno parte delle spese già previste dal governo per famiglie ed imprese nei decreti “Rilancio” e nel decreto di agosto, pari a circa 45 miliardi, oltre alle cifre impegnate nel decreto “Ristori”.

Inoltre, se si sceglie la strada dei pagamenti tramite voucher fiscali, il governo non ha bisogno di procurarsi liquidità aggiuntiva per finanziare la manovra.

Non vogliamo suggerire che il lockdown sia necessario, e anzi auspichiamo se ne possa fare a meno, date le altre ripercussioni negative sul benessere psico-fisico che già abbiamo sperimentato in primavera. Ma se lockdown deve essere, che si congelino tutti i pagamenti, e non solo i redditi di alcune categorie, aumentando le diseguaglianze.
* economista, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale

[i] Alternative Macro Policy Response for a Pandemic Recession, Levy Institute Policy Note 2020/6, http://www.levyinstitute.org/publications/alternative-macro-policy-response-for-a-pandemic-recession
(2 novembre 2020)





MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.