Terapeuti per l’eutanasia

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Riportiamo il testo dell’appello firmato da più di 2.000 terapeuti francesi in favore dell’eutanasia, pubblicato sul Nouvel Observateur lo scorso 8 marzo. Il testo originale dell’appello, con le firme dei terapeuti, è disponibile a questo link.

“Noi, terapeuti, in coscienza, abbiamo aiutato, dal punto di vista medico, alcuni pazienti a morire”

Poiché la malattia ha avuto indubitabilmente la meglio sulle nostre terapie, poiché, nonostante i trattamenti personalizzati, le sofferenze fisiche e psicologiche hanno reso la vita del paziente intollerabile, poiché il malato ha desiderato porvi fine,

noi, terapeuti, in coscienza, abbiamo aiutato, dal punto di vista medico, alcuni pazienti a morire.

Non tutti i terapeuti si sono dovuti confrontare con questo dramma, ma la maggior parte di coloro che ordinariamente assistono i loro pazienti fino alla morte si serve, nelle circostanze descritte, di sostanze chimiche che affrettano la conclusione di una vita divenuta ormai troppo crudele, pur essendo perfettamente consapevoli che questo comportamento è in disaccordo con la legge vigente.

I testi legislativi dell’aprile 2005 (“Legge Leonetti”) hanno introdotto alcuni miglioramenti, che risultano tuttavia insufficienti. Il fatto che di recente siano stati messi sotto esame medici e infermieri che hanno aiutato i loro pazienti a morire dimostra che la legge è ancora troppo repressiva e ingiusta, perché esibisce uno sfasamento rispetto alla realtà medica.

Chiediamo inoltre:

la sospensione immediata dei procedimenti giudiziari a carico dei terapeuti che si trovano in stato di accusa;

una revisione della legge nel più breve tempo possibile, che depenalizzi a determinate condizioni le pratiche di eutanasia, ispirandosi alle riforme già realizzate in Svizzera, Belgio e Olanda;

mezzi idonei che consentano di accompagnare i pazienti in fase terminale, quali che siano i luoghi (casa, ospedale, ospizio) e le condizioni di vita.

Si tratta di accordare a ciascuna persona un’unicità, un valore assoluto, che, secondo il preambolo e l’articolo primo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, si chiama: dignità.



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