Tutti i complici del revenge porn

Edoardo LombarVallauri



In questi giorni si parla molto di revenge porn, per lo scalpore suscitato dalla il cui ex compagno ha diffuso materiale che la ritraeva in atteggiamenti sessuali, causandone il licenziamento dalla scuola dove insegnava.

Il modo in cui si usa la parola, in questo e in molti altri casi, è poco onesto; perché presenta le cose in una versione di comodo. Infatti si parla di questi episodi come se gli autori della vendetta e delle sue conseguenze fossero alcuni precisi, visibili colpevoli, e si sorvola su tutti gli altri. Cioè, si sorvola sul fatto che i colpevoli reali sono tantissimi, e che fra loro ci sono anche molti di coloro che puntano il dito contro i colpevoli più palesi.

Vediamo i colpevoli palesi:

1. La persona, tipicamente ex compagno, che per danneggiare una donna, o anche solo per vantarsi di essercisi accoppiato, diffonde prove visive di questi accoppiamenti.

2. Coloro che ne aumentano la diffusione girandoli sul web.

3. Coloro che a seguito di questa rivelazione adottano comportamenti ostili nei confronti di quella donna: pubblico disprezzo, oppure, come nell’ultimo caso, licenziamento motivato da questo disprezzo.

Ma se questo porn riesce a essere revenge, è perché l’intera società è complice. Di per sé un filmato non ti fa del male, non è come le percosse e le lesioni. Un filmato ti fa del male se la cosa che stavi facendo quando ti hanno filmato è una cosa brutta. Una cosa che, se venuta a sapere dagli altri, ti rovina. Ebbene, la diffusione di un filmato in cui fai sesso ti può rovinare perché la nostra società giudica male chi fa sesso. Se fosse solo una questione di pudore per la vista delle parti intime o di atteggiamenti intimi, un piccolo danno ci sarebbe, ma non si verrebbe licenziati. Né si deciderebbe di togliersi la vita, come purtroppo succede ogni anno a qualche vittima di questo tipo di vendetta, che lo fa perché si sente ormai rovinata agli occhi di tutti quelli che conosce.

Insomma, gli indispensabili complici del propagatore del filmato sono:

4. Tutti quelli che disapprovano e disprezzano chi fa sesso.

E non solo: come ho cercato di spiegare recentemente,[1] anche:

5. Tutti quelli che non lo disapprovano realmente, se non altro perché il sesso lo fanno anche loro; ma ne approfittano comunque per deridere, screditare o condannare chi lo fa, soprattutto se femmina, nelle mille forme che le relazioni sociali mettono a disposizione.

Schifoso modo di mettersi al di sopra degli altri, approfittando della persistenza di una morale ipocrita.

Cerchiamo di dare evidenza al ruolo che questa morale ha nel portare a effetto la vendetta; cioè, sforziamoci di realizzare la concreta corresponsabilità che ha, in ogni episodio di revenge porn, ciascun singolo benpensante di questa civiltà.

Se si trattasse di un danno oggettivo prodotto singolarmente da chi diffonde le immagini, e non del danno inferto da una morale scellerata, diffondendo delle foto o un video sarebbe possibile causare un danno altrettanto grave a una femmina e a un maschio. E invece il danno riguarda sempre una donna, perché questa morale giudica il sesso più colpevole nelle donne che negli uomini. Il danno, come si vede, dipende direttamente da diffuse credenze morali.

Se si trattasse di un danno oggettivo e non del danno inferto da una morale distorta che vede il sesso come colpevole, si potrebbe causare lo stesso danno diffondendo immagini dove la persona anziché sesso fa altre cose. Cose anche molto intime. Diciamo, delle foto o un video in cui va di corpo, o gioca nuda con i suoi bambini, o viene visitata dal ginecologo. Certo, un simile video darebbe fastidio perché violerebbe l’intimità; ma non causerebbe rovina, licenziamento, suicidio. Qui il danno grosso non è la violazione della privatezza, ma la perdita di rispettabilità. Un video in cui una donna fa sesso la danneggia come e più di un video in cui ruba, e molto più di un video in cui scarica immondizia in un corso d’acqua. La nostra civiltà, a parole, si finge emancipata e libertaria. Ma nei fatti, se viene reso pubblico che facevi sesso ti punisce molto di più che se inquini l’ambiente di tutti. Naturalmente i fatti rivelano la verità; e la nostra civiltà, in fatto di morale sessuale, con le parole mente.

Andiamo un po’ più a fondo, perché i complici del licenziamento della maestra di Torino non finiscono qui. Ne sono responsabili anche:

6. Tutti coloro che quando vedono in una pubblicità una donna in atteggiamento sessualmente provocante sostengono che l’immagine della donna in quella pubblicità viene svilita.

Di questo si è parlato recentemente anche su Micromega,[2] ma ripetiamolo brevemente.

Se rappresentare una donna in atteggiamento sessualmente provocante in una pubblicità è svilire e rappresentare male la donna, allora provocare sessualmente è un’azione che svilisce, e anche una maestra che fa cose di sesso è una maestra che si svilisce e si comporta/rappresenta male: quindi ha ragione la preside a considerarla incompatibile con l’insegnamento ai bambini. Per questo da anni continuo a ripetere che quella forma sessuofoba di "femminismo" che condanna ogni rappresentazione sessuale della donna è nemica delle donne. Un femminismo amico delle donne direbbe la verità, e cioè che una donna ha piena dignità anche in atteggiamenti sessuali; anche nel desiderare, invitare, accogliere l’uomo. Un femminismo che vede degradazione della donna ogni volta che la donna è associata al sesso (non come oggetto, ma come soggetto, quindi tipicamente quando invita al sesso) è un femminismo che dice brutte bugie, per la troppa voglia di vedere cattiveria negli uomini, e per la troppa voglia di credere che l’uomo, in quanto desiderante sesso con la donna, sia il nemico naturale della donna. Ma questo astio contro gli uomini conduce appunto a considerare il sesso come qualcosa che umilia e svilisce la donna, e quindi – oltre a perpetuare antiche repressioni – è anche un atteggiamento che sta in prima linea nel fornire il contesto culturale per il revenge porn. Le femministe italiane più intelligenti lo sanno bene. Speriamo che tutte le altre arrivino a capirlo.

Poi sono colpevoli dei danni del revenge porn, cioè gli permettono di essere quello che è anziché una quasi innocua diffusione di foto e video privati, anche:

7. Tutti coloro che sostengono che nel prostituirsi c’è ipso facto una umiliazione e una degradazione, anche se non c’è sfruttamento ma si tratta di una scelta libera.

Se la libera scelta di prostituirsi svilisce e degrada, mentre la libera scelta di lavorare nei campi, in catena di montaggio o dietro uno sportello non umilia e non degrada, la causa può essere solo che fare sesso svilisce e degrada. Per chi pensa che sia impossibile prostituirsi senza essere sviliti e degradati, lo svilimento non sta nel mettere a disposizione in cambio di denaro il proprio tempo, le proprie capacità, le proprie energie, ma sta nel mettere a disposizione il proprio sesso. Naturalmente
è una bugia, e fare sesso non degrada una persona, quindi prostituirsi liberamente non svilisce. Ma il nucleo centrale della morale sessuofoba è purtroppo molto vivo, e fa molti danni, nella testa delle abolizioniste e degli abolizionisti della prostituzione, che quindi vedono in ogni caso degradazione nella vendita di sesso, e non nella vendita di tutte le altre cose.[3]

La lista dei complici si potrebbe allungare molto; noi fermiamoci ancora su una specifica categoria:

8. Quelli che si scandalizzano e considerano degradante che il sex appeal venga fatto valere da molte donne per procurarsi una migliore carriera e avere successo nella società.

Non parliamo dei casi in cui sono richieste competenze che mancano, e al loro posto si offrono servizi sessuali. Parliamo dei casi in cui il fascino fisico collabora a far percepire una persona come desiderabile o efficace nel ruolo che deve ricoprire; il che in molti ruoli è del tutto reale. Perché mai farsi apprezzare per la propria intelligenza o per la propria competenza non è degradante, e non lo è nemmeno farsi apprezzare per la propria disponibilità a sgobbare, mentre sarebbe degradante farsi apprezzare per la propria bellezza, cioè desiderabilità sessuale? L’intelligenza, la competenza, la diligenza e perfino il servilismo sono cose buone, e il sex appeal no? Di essere apprezzati per la propria bellezza, o di apprezzare la bellezza di qualcuno, bisogna vergognarsi? Be’, bisogna vergognarsene solo se ciò a cui serve il sex appeal, cioè essere desiderati e godere maggiormente del sesso, è male. Solo se il sesso è una cosa da cui una brava maestrina deve restare lontana.


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Ma tutte queste sono quisquilie, al paragone della più nefasta specie di complici del revenge porn, e di ogni altra sofferenza che le persone subiscono a causa della colpevolizzazione del sesso:

9. Tutti i genitori che esplicitamente, o peggio ancora implicitamente, trasmettono ai loro figli e alle loro figlie l’idea che nel sesso ci sia qualcosa di male.[4]

Insomma, quando si parla di revenge porn non si è onesti se si punta il dito sui colpevoli diretti e si finge di non sapere chi sono tutti quelli che gli reggono il sacco, permettendo a questa pratica di essere l’orrore che è. Ognuno di noi che puntiamo il dito dovrebbe domandarsi se davvero non è complice dell’orrore. Cioè, se davvero è completamente libero, e completamente si astiene, da qualsiasi forma di screditamento del sesso. Di cui fa parte, in ultima analisi, anche ogni convinzione che il sesso debba avvenire solo all’interno di un legame impegnativo con una singola persona; cioè che il sesso sia una cosa non degradante solo se è riscattato dalla rinuncia al sesso con tutte le altre persone, e dall’amore.

NOTE
[1] E. Lombardi Vallauri, Ancora bigotti. Gli italiani e la morale sessuale. Einaudi, 2020.

[2] Le Parole della Laicità – , Micromega online. E , Micromega online.

[3] Si veda lo speciale Prostituzione: Sesso, Denaro, Potere, in Micromega 6/2020.

[4] Tutti, anche quelli che non chiedono espressamente la rimozione delle maestre aventi vita sessuale.
LE PAROLE DELLA LAICITÀ: – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –
(28 novembre 2020)




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